giovedì 11 maggio 2023

Angelo Martino COLOMBO


DA “HURRÀ JUVENTUS” DELL’AGOSTO 1965
Per un Carlo Mattrel che va un Colombo portiere che viene: così va definito lo scambio dei due giocatori effettuato tra Juventus e Cagliari. Tutti si chiedono: chi ci ha guadagnato? La Juventus si è sistemata, ecco tutto. Un dualismo (Anzolin-Mattrel) che covava da tempo sotto il moggio, proprio come la fiaccola, e stato eliminato. E scusate se è poco. Ben venga, perciò, questo Colombo con in bocca il ramo di ulivo, simbolo di pace fraterna fra colleghi. Bando ai sofismi, inoltre: Angelo Colombo, all’atto di trasferimento, già era conscio che alla Juve gli sarebbe toccato il ruolo di riserva.
Un Colombo con le carte in regola, dunque, meno quella... d’identità. Egli infatti è Angelo da poco tempo. Quale l’arcano? Semplice. Passando le carte federali, o meglio i cartellini societari di Colombo, abbiamo scoperto che il suo primo nome era Martino. Come Mimì, in Bohème, che si chiamava Lucia! Sotto questa veste, meno... angelica, abbiamo preso atto del suo passaggio dalla Pro Vercelli al Messina nel 1960 e poi ancora dalla società sicula al Cagliari. Dopo due anni di permanenza fra i rossoblu sardi (in serie C), Martino perse la cappa e la spada e, ad avvenuta promozione in B, sempre con il Cagliari, lo troviamo trasfigurato sotto nuove mortali spoglie. Colombo, evidentemente, si era promosso Angelo da solo. Un peccato di presunzione, il suo? Forse. Ma Colombo, protagonista numero uno con il Cagliari, ben si era meritato una promozione... sua sponte!
Sullo slancio del successo, sempre fra i pali del Cagliari, Colombo doveva finalmente guadagnarsi la serie A a suon di tuffi magici. Un vero trionfo per il bravo Vercellese (è nato a Gattinara il 16 maggio 1935) giunto ormai sulla soglia dei trent’anni! E l’anno magico si doveva ripetere: sotto la guida di Silvestri, «serninatore d’oro», nella decorsa stagione Colombo poteva fugare ogni dubbio al cospetto dei tiratori scelti sulle sue reali qualità. Il sesto posto del Cagliari porta, fra le altre, anche la sua firma. 
Padre felice da un anno, Angelo Colombo guarda al suo avvenire bianconero con sicurezza. I figli portano fortuna. Sarà chiamato a sostituire Anzolin, oppure no? Poco importa. La Juventus può contare sulla sua serietà professionale a ogni evenienza. E non è un luogo comune: come il vino delle terre natali, Colombo, invecchiando (si fa per dire), ha trovato la giusta stagionatura. I precedenti poi farebbero propendere a una sua sicura partecipazione al ruolo di titolare (e Anzolin tocca ferro). Al Messina, infatti, vi andò come sostituto di Salerno e un anno dopo al Cagliari gli toccò ancora prendere il posto allo stesso portiere. Colombo perciò non teme la rincorsa anche se di dualismo (con Anzolin) non è il caso di parlarne.
Quali le doti di Angelo? Tutti dicono che se fosse stato solo due dita più alto sarebbe finito in nazionale. Vox populi, vox Dei. Proprio così. Coordinato nelle movenze e perfetto in quanto a proporzioni morfologiche (alto m. 1,73) eccelle nelle parate a mezza altezza e a terra in cui si appallottola come un gatto soriano. Ma il meglio di sé, Colombo lo porta nel temperamento irriducibile, che fa di lui un portiere mai domo. A chi gli chiedeva, tempo fa, un episodio saliente della sua carriera, Colombo si rifece a un lontano incontro Pro Vercelli-Ivrea del lontano 1956. «In quell’occasione», così raccontò Angelo, «sul campo del “Robbíano” incombeva una nebbia fittissima tant’è che anch’io non potevo distinguere i miei compagni dagli avversari. Figurarsi poi il pallone! All’improvviso sentii un boato del pubblico e trasalii. Ero stato battuto da un pallone inviatomi alle spalle dal compagno Boglietti. Per fortuna che quell’autorete non ebbe conseguenze perché la gara fu poi sospesa!».

«Un falco tra i pali, dotato di una presa di acciaio. Un portiere di altri tempi», così lo descrive Vladimiro Caminiti.
Colombo non riesce a sfondare; troppo forte è Anzolin per poter prendere il suo posto fra i pali della porta bianconera. Angelo, che come Bettega e Ravanelli, ha i capelli completamente bianchi, rimane a Torino fino al 1968, totalizzando solamente 6 presenze, tutte nel campionato dell’addio.
Angelo non fu particolarmente fortunato, durante la sua permanenza in bianconero; basti pensare che una delle sue rare presenze, corrispose al derby giocato pochi giorni dopo la tragica morte di Meroni. Una partita dominata dalla commozione e il buon Colombo dovette raccogliere per ben 4 volte il pallone nella sua rete. «Ricordo con tanta malinconia quel derby disputato pochi giorni dopo la morte di Meroni. Quell’incontro fu condizionato da quella terribile tragedia! Ricordo, invece, con piacere la partita di Bologna, dove parai tutto e, in particolare, quella contro l’Olympiakos di Atene, in Coppa dei Campioni, dove vincemmo per 2-0. Giocare la massima competizione europea resta una grande soddisfazione».
È ceduto al Verona nel novembre del 1968 e, in riva all’Adige, ricomincia a giocare con più continuità, alternandosi tra i pali con Giovanni De Min, Mario Giacomi e Pierluigi Pizzaballa. È tra i pochi portieri che possono vantare di aver parato un rigore a Gigi Riva. Al termine della stagione 1972-73, all’età di 38 anni, gioca altri due anni nell’Omegna, prima di appendere gli scarpini al chiodo.

3 commenti:

Dario ha detto...

Ricordo questo portiere di media statura e dai capelli candidi; ero un bambino, ma colpì la mia immaginazione, insieme al suo opposto Fabio Cudicini

Anonimo ha detto...

Verissimo.....un signore dentro e fuori dal campo.....con qualche centimetro in più d'altezza sarebbe stato un grande protagonista in serie A...... perché era Forte , forte , forte👍

Anonimo ha detto...

Grande portiere e grande persona