Chi ha seguito il doppio confronto di Champions League fra il Bayern Monaco e il Chelsea – afferma Gianluca Spessot, sul “Guerin Sportivo” del 26 aprile-2 maggio 2005 – si starà chiedendo come mai la Juventus abbia deciso di puntare su Robert Kovac per dare maggiore stabilità alla difesa. Sono bastate la forza fisica e la stazza di Drogba per far venire alla luce i limiti di un centrale costretto spesso a regalare un paio di centimetri all’avversario di turno. Nel gol del provvisorio 2-1 per il Chelsea, Kovac tentò di contrastare piuttosto goffamente l’ivoriano, che, con uno stacco imperioso, fece sembrare il numero 5 del Bayern Monaco ben più basso dei 182 centimetri riportati sulla sua carta di identità. Anche nell’incontro d’andata la coppia centrale del Bayern non aveva vinto quasi nessun duello aereo contro il colosso dei londinesi, ma in quella occasione la squadra di Magath giocò male e si ipotizzò una serata storta di tutta la truppa.
La gara di ritorno ha però messo in evidenza una verità che la Bundesliga aveva in qualche modo celato: nel calcio moderno i centimetri e i chili sono fondamentali per uno stopper. Un limite, che Jürgen Kohler aveva già segnalato in un recente articolo scritto per il settimanale “Kicker”, che ha proposto, ai lettori un confronto fra la coppia centrale del Bayern e quella dello Schalke. L’ex juventino ha messo Robert Kovac all’ultimo posto in un’ipotetica classifica che vedeva a confronto, oltre al croato, Lucio, Bordon e Krstajic, motivando così la sua scelta: «Kovac è veloce e molto aggressivo nei contrasti, ma perde troppi duelli aerei». Una sintesi perfetta, che dovrà far riflettere la dirigenza juventina, chiamata ad affiancargli un centrale di stazza.
Ritorniamo quindi alla domanda iniziale: perché Robert Kovac? Il primo motivo è sicuramente economico. Il centrale della Nazionale croata è in scadenza di contratto e quindi verrebbe tesserato a parametro zero. Uli Hoeness ha recentemente dichiarato che la partenza del croato rappresenta una grossa perdita per il Bayern, ma il bilancio viene prima di tutto e la dirigenza di Säbenerstrasse aveva offerto un rinnovo di due anni con una riduzione dello stipendio del 30%. Proposta definita inaccettabile dal giocatore che pretendeva un triennale alle stesse condizioni del contratto precedente. Dopo aver capito che la società bavarese non avrebbe ceduto di un centesimo, Kovac ha ordinato al suo procuratore di sondare il mercato europeo, perché «se me ne devo andare da Monaco, voglio fare un’esperienza all’estero».
Né il giocatore, né il suo manager hanno mai fatto il nome della Juventus, ma la dirigenza del Bayern ha fatto sapere di non poter concorrere con l’offerta del club bianconero. Il secondo motivo è di carattere prettamente sportivo: in un campionato come quello italiano dove i difensori sono spesso costretti a marcare attaccanti veloci, Kovac si troverebbe sicuramente a suo agio. Lo scatto e l’anticipo sono i suoi punti di forza e di testa non è l’ultimo arrivato, anche se, come detto, soffre gli avversari più alti di lui.
Chiarite le sue caratteristiche e svelati i suoi limiti, andiamo alla scoperta dell’uomo e del calciatore che dovrebbe raccogliere l’eredità di uno stopper, Jürgen Kohler, che ha già percorso, nel passato, la strada che da Monaco di Baviera porta a Torino. Kovac ha il passaporto croato e nella Nazionale del suo Paese ha collezionato una cinquantina di presenze, ma, come il fratello maggiore Niko che attualmente milita nell’Hertha, è nato a Berlino il 6 aprile ‘74.
La sua carriera è iniziata nel Rapide Wedding, uno dei tanti club della Capitale, così come l’Hertha Zehlendorf, che ha rappresentato la seconda tappa nella rincorsa verso il calcio professionistico. Prima di approdare nella massima serie Kovac ha dovuto passare per il purgatorio della Zweite Liga con il Norimberga, ma, nel ‘96-97, è arrivato il tanto atteso esordio nell’élite del calcio tedesco. A Leverkusen Robert ha trovato Christoph Daum, un allenatore che crede nei giovani e che non ha esitato a consegnargli il posto di titolare lasciato libero da Christian Wörns, incapace di resistere alle sirene parigine. La stagione ‘98-99 è stata quella della piena consacrazione, tanto che, lo stesso Daum ha detto di lui: «È la vera rivelazione dell’anno». Nel luglio del 2001 Kovac decise di abbandonare il club dei farmacisti per trasferirsi in riva all’Isaar. È arrivato insieme al fratello Niko, che due anni prima aveva lasciato il Bayer per l’Amburgo. La coppia si è divisa due stagioni più tardi, in quanto Robert è diventato titolare inamovibile, mentre Niko non è mai riuscito a imporsi e ha deciso di ritornare nella città natale.
Con l’arrivo di Felix Magath in panchina le carte si sono rimescolate e Kovac si è ritrovato improvvisamente degradato a quinta scelta, dietro Lucio, Demichelis, Kuffour e Linke. I motivi li spiega lo stesso Robert: «Con Hitzfeld c’erano delle gerarchie ben definite e in allenamento non serviva andare a mille, l’importante era premere sull’acceleratore il sabato. Il nuovo tecnico pretende, invece, il massimo impegno anche durante la settimana. Ci ho messo un paio di mesi ad abituarmi». In effetti, solo alla nona di campionato Kovac parte per la prima volta titolare, e lo rimane per il resto della stagione, andando a formare, con Lucio, la coppia centrale difensiva meno battuta della Bundesliga.
Se abbandoniamo il rettangolo di gioco scopriamo che Robert è sposato con Anica, che gli ha dato una figlia di nome Leticija. Molto riservato, restio a rilasciare interviste, del suo privato non si sa quasi nulla, se non che ama il golf e una vita rilassata, come dimostra il motto che compare nella scheda personale pubblicata sul sito ufficiale del Bayern: «La forza è insita nella tranquillità». Uno stile di vita seguito anche sul rettangolo verde: ci si accorge che Kovac ha giocato solo perché il diretto avversario è stato uno dei peggiori in campo e perché, dalla lettura delle statistiche, risulta essere ai primi posti dei giocatori con il maggior numero di contrasti vinti.
Sarà interessante vedere se, anche in Italia, saprà mantenere quella correttezza che ha, finora, contraddistinto la sua carriera: nelle ultime quattro stagioni giocate col Bayern ha visto solo sedici cartellini gialli e neanche uno rosso.
GIULIO SALA, DA “HURRÀ JUVENTUS” DELL’AGOSTO 2005
Capello corto e mascella volitiva, fisico potente e agile al tempo stesso, lo sguardo fiero di chi possiede una fiducia cieca nei propri mezzi: Robert Kovac, nuovo pezzo pregiato della difesa della Juventus, si presenta così nel ritiro di Salice Terme, dove, per la prima volta, incontra il popolo bianconero. In realtà l’incontro, a distanza, c’era già stato lo scorso anno, quando il croato di Germania vestiva la casacca del Bayern Monaco e, nel girone eliminatorio della Champions League, si confrontò per due volte con Del Piero e compagni: «La Juve giocò due partite tatticamente perfette – ricorda Robert – riuscendo a sfruttare al meglio le poche occasioni da gol che le si presentarono. La cosa che mi impressionò fu la determinazione, la volontà di controllare il gioco e l’avversario: una caratteristica che possiedono solo le grandi squadre».
La doppia sfida segnò il destino di Kovac: la Juve vinse entrambe le partite, ma il ragazzo fece bene, tanto da convincere Capello e Moggi ad assicurarsi i suoi servigi per la stagione futura. 31 primavere alle spalle, una Coppa Intercontinentale nel 2001, due titoli della Bundesliga, nel 2003 e lo scorso anno: i titoli e l’esperienza certo non gli mancano, eppure Robert suda e lavora sul campo di Salice Terme con la passione di un ragazzino. Lo incontriamo al termine del suo secondo giorno di ritiro. I muscoli sono ancora imballati, ma l’entusiasmo è alle stelle e quasi cancella la fatica.
– Allora Robert, com’è stato il primo impatto?
«Ottimo, e non poteva essere altrimenti: certo, la stanchezza si fa sentire dopo i primi allenamenti, ma sono talmente felice di essere qui che non ci penso. La Juventus è il massimo: un grande club, il più importante d’Italia. La società è impeccabile, basta vedere quanta gente lavora per noi anche qui, durante il ritiro. E poi la squadra è una corazzata imbattibile, molto compatta ed equilibrata in tutti i reparti; conoscevo di fama tutti i giocatori, ancor prima di incontrarli di persona! Sono venuto qui per vincere tutto: scudetto e Champions League».
– Hai pronunciato la parola magica: Champions League, il primo obiettivo per la società e per i tifosi.
«Lo so bene, faremo di tutto per vincerla, anche se il Liverpool insegna: non vince sempre la squadra più forte. Servono tante componenti, tra le quali anche una buona dose di fortuna. Non sarà facile, ma con la qualità di cui dispone questa squadra, è un obiettivo alla nostra portata».
– È quello che ha chiesto mister Capello, non appena vinto lo scudetto.
«E noi faremo di tutto per accontentarlo. Lui è un grande, uno dei migliori allenatori del mondo. È da poco che mi alleno sotto la sua direzione, ma mi sono subito reso conto dell’attenzione con la quale segue i giocatori, della cura che presta a ogni minimo dettaglio. Non è un caso che abbia vinto ovunque è andato».
– Hai già un’idea di quello che ti chiederà in campo?
«Capello mi conosce, sono un difensore centrale, questa era la mia posizione anche al Bayern e quindi suppongo che verrò impiegato in quel ruolo. Me la vedrò contro grandi campioni, penso a Shevchenko o ad Adriano… sono fortissimi, ma non li temo».
– Guarda caso hai citato i due attaccanti di Milan e Inter, le concorrenti più agguerrite della Juventus.
«Sicuramente è contro di loro che ci dovremo confrontare: sono queste le avversarie più forti. In Germania quando ne ho avuto la possibilità, ho guardato il campionato italiano. Mi piace è interessante, agguerrito, il pubblico è molto “caldo” e poi l’Italia è un paese meraviglioso dove vivere».
– A proposito: conosci già Torino?
«Ci sono stato qualche volta in trasferta, ma non posso dire di conoscerla. Me ne hanno parlato bene, mi hanno detto che è una città bella e tranquilla. Ottimo, tanto non sono in cerca di distrazioni: il tempo libero lo passo a casa con mia moglie e la mia bimba di tre anni e sono felicissimo così».
Anica è pure lei croata, nata e vissuta a Berlino. Nel 1995, all’età di 17 anni, è una modella molto famosa che fa incetta di premi: Miss Croazia, Miss Mondo e addirittura Miss Universo. Una volta sposata, Anica diventa una moglie e una madre modello, dedicando tutto il suo tempo al marito e alla splendida figlia. «Robert è stato il primo e unico amore. Non avrei mai voluto sposare un calciatore, ma Robert è una persona speciale; non mi pesa affatto aver abbandonato la mia vita da modella».
Nonostante la concorrenza di Thuram e Cannavaro, Kovac scende in campo per 23 volte, realizzando anche una rete, nella vittoriosa partita contro il Lecce. Robert può, quindi, aggiungere al già ricco palmarès, anche il titolo di Campione d’Italia.
Nella stagione successiva è ancora alla Juventus, nonostante la retrocessione in Serie B della compagine bianconera. La stagione non è fortunata per Robert, fermato da tantissimi problemi fisici.
La partita inaugurale del torneo è da dimenticare: confeziona un super pasticcio con il compagno Boumsong, che permette all’attaccante riminese Ricchiuti di pareggiare la rete di Paro. Comincia così in salita il campionato cadetto della Juventus.
Anche durante altre partite il croato dimostra di aver perso quella sicurezza che lo ha sempre contraddistinto e alla fine della stagione, non rientrando nei piani del nuovo allenatore Ranieri, viene ceduto al Borussia Dortmund.
Nessun commento:
Posta un commento