Acquistato nell’estate del 1962 dall’America di Rio, in Brasile, dove faceva il mediano di appoggio, alla Zito, per intendersi, ma senza avere la classe limpida di quest’ultimo. Nell’America il centrocampo era affidato a due uomini: Amàro di dietro e Juan Carlos davanti. Era una squadra, quella, veramente con i fiocchi. Una squadra che sovente giocava da pari a pari con il Santos. La chiamavano l’America del Miracolo. La coppia Amàro-Juan Carlos era veramente da Nazionale. Ma, singolarmente, i due giocatori valevano ben poco.
«Dopo l’allenatore Amaral – scrive “La Stampa” del 27 luglio 1962 – è giunto ieri a Torino anche il secondo brasiliano della Juventus: il calciatore Amàro. Non è un nero, poiché il trainer non ritiene che sia possibile ambientare in Italia i più bravi atleti di colore che militano nelle squadre sudamericane, e non è neppure mulatto come il tanto discusso Amarildo: è bianco e addirittura biondo. È sceso dall’aereo alla Malpensa dopo dodici ore di volo con la figlioletta su un braccio e la graziosa signora al fianco. Ad attenderlo erano il segretario sportivo della Juventus Felice Borel, e Amaral cui era affidato il compito di tradurre nel suo ancora approssimativo italiano le dichiarazioni del nuovo arrivato. Amàro Viana Barbosa ha fatto un riassunto delle vicende che lo hanno portato in Italia. È nato l’11 aprile 1937 a Campos, una cittadina a circa 300 chilometri da Rio de Janeiro: il padre, proprietario di una fazenda, gli ha fatto seguire i corsi di studio nei vari gradi di college, seguendoli fino all’istituto superiore. Nel frattempo si era distinto come calciatore sino a essere ingaggiato, come titolare, dal F.C. America nel 1958. Quando dovette decidere per iscriversi all’Università optò per l’Istituto di Educazione Fisica che ha lasciato ora, al secondo anno di frequenza, per venire in Italia. Nel frattempo, quasi per celebrare la sua prima maglia gialloverde di Nazionale si è sposato con la signora Norma: dal matrimonio è nata Vaneska, che ha ora soltanto due mesi. Amàro ha giocato quattro volte in Nazionale nel 1961. Due incontri con il Cile e due con il Paraguay, nel ruolo di mediano di centrocampo, con il compito di affiancare Didi nella manovra di rilancio di Garrincha, Coutinho, Gérson e Zagallo. Amaral lo ha scoperto per conto della Juventus, prima avendolo come avversario della propria squadra il Botafogo, e poi quale allievo nei ranghi della Nazionale. La giornata di Amàro dopo il veloce viaggio fino a Torino, è stata piuttosto intensa: nel primo pomeriggio un lungo colloquio con Amaral (ripartito per Venezia ove terminerà le vacanze), poi la rituale presentazione in sede ai dirigenti e ai soci del circolo».
Amaral è convinto che le sue caratteristiche si sposino perfettamente con Amarildo, stella del Botafogo, al quale la Juventus sta facendo una corte serratissima. Sfumato, però, l’acquisto del Garoto, Amàro viene provato in qualche amichevole e subito rimandato a casa. Si legge su “La Stampa” del 4 ottobre 1962: «Amàro Viana Barbosa lascerà questa sera o al più tardi domani mattina Torino per far ritorno in Sudamerica. La sua breve avventura italiana è terminata, prima ancora di poter entrare nel vivo; il brasiliano ha giocato soltanto qualche partita amichevole, poco più di un allenamento, senza poter dare un’esatta misura delle proprie capacità in gare di campionato. Ritornando in Brasile troverà un posto da titolare nel Corinthians, che a sua volta cede alla Juventus il centravanti Miranda».
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