giovedì 8 giugno 2017

Fabio BONCI


Pochi spiccioli di gloria per l’attaccante modenese arrivato alla corte bianconera nell’estate del 1967, via Reggio Emilia, “aprendo” la strada per i vari Padovano e Ravanelli (anche loro provenienti dalla squadra della Città del Tricolore) che avranno maggior fortuna di lui una trentina di anni dopo. Il buon Bonci, attaccante di razza, solcherà i campi della cadetteria, facendosi sempre ben volere e ben valere, vincendo tre campionati con le maglie di Varese, Mantova e Genoa.

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Questa è la breve storia di un ragazzo, una promessa del calcio italiano che, pur avendo un padre allenatore, ha preferito fare la propria strada da solo. Accadde cinque anni fa a Fabio Bonci: il papà Iro, ex giocatore di serie A, allenava allora i giovani virgulti modenesi. I dirigenti di quella società adocchiarono Fabio che giocava in una squadretta della provincia, e gli offrirono la maglia giallo-blu. Ma il «nostro», già in possesso di una spiccata personalità, a evitare di essere considerato il classico figlio di papà con relative antipatiche facilitazioni, optò invece per il Moglia. Vi rimase due anni, in Quarta Serie, poi passò alla Reggiana, in Serie B, e qui si ebbe il suo primo «magic moment». Penultima partita di campionato contro il Varese: un dirigente gli si avvicina: «Mi raccomando Fabio, cerca di dare tutto te stesso, perché in tribuna c’è un osservatore della Juventus, ed è molto probabile che sia l’ultimo incontro che giochi per noi».
La stupenda prospettiva e un po’ l’orgoglio di fare meglio del suo avversario con il numero nove, che era un certo Anastasi, già celebre per i suoi goal, fanno sì che Bonci giochi una partita magistrale.
E l’anno dopo, come previsto, arrivò a Torino alla corte di Heriberto. A parte l’esordio in Coppa Italia a Cesena, l’inizio fu piuttosto in sordina, con una lunga permanenza nella De Martino. Un bel giorno, per la precisione il 24 novembre scorso, secondo momento magico. L’allenatore lo chiama in panchina come tredicesimo; mancano quattro minuti alla fine e Salvadore si infortuna; Bonci entra in campo e mentre sta per toccare la prima palla, l’arbitro fischia la fine. Passa il tempo e Fabio, che ha davanti a sé il grande Anastasi, riprende la via delle riserve. Partecipa al Torneo di Viareggio e contro il Dukla si lascia prendere dai nervi, si fa espellere e la squadra, ridotta in dieci, si fa eliminare dal Torneo.
Heriberto, per punirlo della sua leggerezza, lo trattiene qualche tempo in purgatorio, Ma Bonci, pur maledicendo quel disgraziato scatto di ira, non si abbatte, stringe i denti, «mugugna» ma non si dà per vinto, china la testa e lavora con umiltà, e finalmente arriva, il giorno di Pasqua, al suo terzo momento magico. Anastasi è infortunato e Zigoni indisponibile. È di turno il Napoli. Sono le undici della domenica, la Pasqua che risulterà la più bella della sua vita.
Nel ritiro della Pineta Heriberto lo chiama: «Allora Bonci, è pronto? Oggi centravanti gioca lei!» Il ragazzo per poco non sviene dalla gioia. Un solo grande rammarico; debuttare ufficialmente nella grande Juve e non potere avere vicino il suo papà, che nemmeno con un jet potrebbe arrivare in tempo per la partita. Una telefonata a Modena: «Babbo, sta tranquillo cercherò di farmi onore, sta vicino alla radio e prega per me!».
L’incontro si svolge sul fango, una fatica improba; un’azione di tutto l’attacco, una palla lunga, Zoff esce e Bonci lo anticipa, rincorre la palla che sta uscendo oltre la linea di fondo, e con una «zampata» di classe infila la porta. Tripudio sugli spalti, i giocatori lo abbracciano e una lacrima bagna il viso di Fabio. La stessa che a Modena scende sulla guancia di papà Iro.
A questi momenti magici, siamo certi, ne seguiranno altri. Per adesso per Fabio è in vista il militare, per cui, con tutta probabilità, verrà prestato a qualche società nei dintorni di Bologna; chissà magari proprio alla Reggiana, sua vecchia squadra. Tornerà alla Juventus fra due campionati, più forte di prima e magari in un ruolo non di centravanti; un ruolo che gli consenta di formare con Anastasi, una coppia di punta.
Auguri Fabio! Nella vita militare non troverai troppa differenza da quella in bianconero; dal sergente di ferro Heriberto al caporale di giornata il passo è brevissimo.

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