martedì 18 giugno 2013

18.9.1960: COPPA ITALIA


DA “HURRÀ JUVENTUS”:
È una faticaccia liberarsi al primo turno della solita Sampdoria (5-4, dopo i supplementari ed i rigori). Una decisiva dose di fortuna nei quarti, quando l’Atalanta viene eliminata addirittura per sorteggio, dopo il 2-2 maturato con i supplementari ed i rigori. In semifinale, un po’ di respiro: la Lazio, il 18 giugno 1960, resiste mezzora e poi crolla sotto i colpi della Juve, che passa 3 volte con Cervato su rigore, Lojodice e Charles. Ancora una volta, la finale serve da anteprima al campionato successivo. Lo stadio è lo stesso dell’anno prima, San Siro. Cambia l’avversario, la Fiorentina, che sulla carta è anche la sfidante più temibile sulla strada dello scudetto. È una delle finali più belle delle storia di questa coppa: dopo 90 minuti tirati alla morte e chiusi sull’1-1 (Charles e Montuori i marcatori), le squadre si danno ulteriore battaglia nei supplementari, con una sequenza di emozioni da cardiopalmo. Va a segno ancora Charles per la Juve, pareggia Da Costa per i viola e, quando già si profila la minaccia dei rigori, una autorete di Micheli decide la sfida infinita a favore della Juve: 3-2.
DA “HURRÀ JUVENTUS” DEL NOVEMBRE 1969:
“La Coppa ad una Juve superba”. Con questo titolo la “Gazzetta dello Sport” del 19 settembre 1960 salutava la vittoria bianconera in Coppa contro la Fiorentina Di questa gara, giocata a San Siro il 18 settembre 1960 riportiamo l’articolo di Gualtiero Zanetti.
Da oggi e per molti giorni (vi sarà certamente un caso Sivori) si parlerà molto del signor Righi, il giovane arbitro milanese, il quale per non aver concesso un rigore e per averne concesso successivamente un altro per ritornare poi sulla decisione al termine di un rapido conciliabolo con un segnalinee, ha consentito che 22 atleti trasformassero una partita importante come la finale di Coppa Italia in qualcosa che soltanto sul finire ha dimostrato una sicura parentela con il football. E che se ne parli è anche giusto perché, in effetti, il signor Righi ha commesso un grave errore che via via è andato ingigantendo sino a compromettere definitivamente la sua prestazione. Purtroppo come un giocatore a volte può incappare in una giornata grigia e frustrare tutti gli sforzi dei suoi compagni, anche un arbitro può sbagliare una direzione, con conseguenze però ben più profonde.
Sinceramente la Juve non meritava che due sue azioni impeccabili fossero, stroncate con falli, al tempo stesso scorretti e plateali, senza che all’avversario toccasse una giusta punizione. Naturalmente, chi vi ha rimesso sono stati proprio i giocatori i quali, non potendo sfogarsi come avrebbero voluto, hanno incominciato a scaricarsi l’uno l’altro addosso le ire che avevano in corpo e se non è accaduto il peggio lo si deve al senso di responsabilità degli elementi più in vista che sono riusciti, con il passare dei minuti, a riportare gli animi ad uno stato di relativa serenità per poter continuare il gioco. È accaduto che la mancata concessione di un rigore, la successiva segnatura della Fiorentina, l’inevitabile espulsione di Sivori abbiano indirizzato la partita su binari assolutamente irregolari, privi ormai di un indirizzo tecnico e con una squadra numericamente in difficoltà.
A questo punto, quasi per un suggerimento paradossale, la Juve ha cominciato a vincere la partita: i suoi elementi migliori (Charles, su tutti, poi Boniperti, Cervato ed i due ammirevoli laterali) hanno dato alla loro prestazione un volto nuovo, in chiave grintosa, spregiudicata, aggressiva. E poi ancora hanno aggiunto la loro perfetta organizzazione, l’esperienza nel trattenere la palla per giocarla soltanto a ragion veduta ed un impegno che ha toccato i limiti del pensabile. C’era una logica superlativa nella Juve dei 10 uomini, che si rifaceva al modulo attuato sino a quando Sivori era stato in campo: squadra ben stretta sul centro campo a tutelare il portentoso Cervato, anche le ali al limite della propria area per essere subito pronte al rilancio e soltanto Charles e Sivori in avanti per le conclusioni. Uscito l’argentino la Juve non ha per nulla modificato il suo atteggiamento, ha continuato a produrre il gioco nel triangolo creato da Boniperti e dai laterali, con la collaborazione saltuaria di una delle due ali ed ha sostituito Sivori esclusivamente ordinando a tutti di correre un po’ di più.
Qui la Fiorentina ha perduto la partita perché, come prima non aveva saputo trovare la chiave di volta esatta per marcare le due punte bianconere; contro il solo gallese non ha capito più nulla. Mai uno dinanzi a Charles ed uno alle spalle per attenderlo, ma soltanto Orzan, il quale nell’incessante svariare dell’avversario, mai trovava sulla strada un compagno capace di aiutarlo. D’accordo che John è stato stupendo, ma i viola nulla hanno saputo (o potuto, se si vuole) attuare per controllarlo con maggior efficacia. Non diciamo energia, perché di energia ne hanno messo molta per fermare il gallese travolgendolo, a volte, con falli paurosi. In svantaggio di una rete e con Sivori negli spogliatoi, in pochi avrebbero ancora puntato sulla Juventus ed invece è stato a questo punto che si è vista la grande squadra, di alto stile, dal carattere intatto; la formazione, espressione reale di una cooperazione nata dall’incontro di 11 uomini tecnicamente e moralmente preparati agli scontri più duri: quelli che dovrà affrontare la squadra Campione d’Italia che tutti vorrebbero battere nel corso del campionato. La Juve non è mutata granché dallo scorso anno: c’è Burelli il terzino destro, perché Castano non si rimette dal malanno e perché Burgnich è ancora giovane. Cervato ed Emoli al centro, ordinano la disposizione preferita dall’intera squadra allorché in fase difensiva. Colombo e Boniperti, più avanti, cercano l’impostazione adatta con le ali al fianco e non lasciate scioccamente in avanti a far coppia con i terzini avversari. Charles è l’uomo che può vincere da solo una partita, che sa esaltare i compagni, mentre Sivori, ieri, ha confermato di non essere sulla via di una condizione accettabile.
Un errore iniziale lo ha commesso anche la Juve ed è avvenuto quando ha trascurato di controllare con più accortezza la sorgente del gioco viola che si chiamava esclusivamente Montuori. Accanto a Montuori sostava, a tratti, soltanto Boniperti, il quale, per i compiti che deve svolgere, è costretto, al contrario, di evitare il più possibile gli incontri diretti con l’avversario. Cosicché, quando la Juve perdeva la palla, Boniperti era lontano da Montuori, il quale poteva così dedicarsi al servizio dei compagni con sufficiente tranquillità. Due fattori sono poi intervenuti ad agevolare l’azione della Juve: il calo di Montuori e non poteva essere altrimenti perché un uomo solo non può sostenere per intero il lavoro massacrante del centrocampo e l’allontanamento di Sivori. Non sappiamo quale dei due motivi abbia avuto un peso maggiore, fatto sì che, rimasta in 10, la Juve ha ridotto fortemente le distanze fra gli uomini ed i reparti e Montuori è rimasto solo, accerchiato da avversari, decisi, preparati, intelligenti. E tutti hanno condotto un finale ad un tono agonistico talmente elevato che sempre è parso sul punto di spezzarsi tanto era affidato alla resistenza fisica (siamo ancora nel pre campionato) ed ai nervi tesi. La Fiorentina, dal canto suo, è caduta in troppe incertezze per meritare di conservare il vantaggio del 2-1 al fischio di chiusura. Intervenivano anche fattori psicologici sufficientemente rilevabili in favore della Juve (la maggioranza di un pubblico entusiasta era per i bianconeri) a determinare un risultato quanto mai giusto, al quale si è giunti attraverso le vie più intricate ed impensabili.

Juventus - Fiorentina 3-2
JUVENTUS: Vavassori; Burelli e Sarti; Emoli, Cervato e Colombo; Nicolè, Boniperti, Charles, Sivori e Stacchini.
FIORENTINA: Sarti; Robotti e Castelletti; Micheli, Orzan e Marchesi; Hamrin, Montuori, Da Costa, Milan e Petris.
MARCATORI: Charles (J) al 10’, Montuori (F) al 45’ del p. t.; Da Costa (F) al 16’, Charles (J) al 28’ della ripresa; autorete Micheli (F) all’8’ del p. t. supplementare.
ARBITRO: Righi.




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