giovedì 6 settembre 2012

I FIORI DEL MALE

LUIGI GUELPA, “GS” NOVEMBRE 2010:
Nel 1985 la Nigeria vinse in Cina il primo Mondiale Under 17. Grazie anche a passaporti truccati. Quasi tutti i protagonisti di quell’impresa si sono poi persi fra droga ed alcol. Dalla gloria all’autodistruzione.

Sostenevano di appartenere alla “meglio gioventù” e forse la convinzione di una bugia ben architettata aveva finito per soppiantare una realtà collocata agli antipodi. Venticinque anni fa la Nigeria sollevava nel cielo di Pechino, non ancora ammorbato dai veleni delle emissioni di Co2, la prima Coppa del Mondo Under 17 superando in finale la Germania Ovest con un perentorio 2-0 (reti di Jonathan Akpoborie al 5’ e di Victor Igbinoba all’80’). Impresa suggellata dopo aver messo in riga l’Italia di Maurizio Ganz, il Brasile di André Cruz, l’Argentina di Fernando Redondo e perfino la Bolivia di Marcos El Diablo Etcheverry.
Doveva e poteva essere l’inizio di un ciclo di vincenti, ma quella squadra si sciolse in poche settimane come neve al sole. Travolta dai passaporti truccati, dalle ingerenze politiche e dall’improvvisa notorietà che trasformò i giovani campioni in un manipolo di sbandati dediti alla droga e all’alcol. Dalla gloria all’autodistruzione. Due tappe di un viaggio underground di sola andata degno di Charles Bukowski.
L’unico che vi ha fatto ritorno, l’allora capitano Nduka Ugbade, ricorda l’anatema con gli occhi ghermiti dal terrore. L’Africa è da sempre stata terra di superstizioni e credenze: «L'idea che qualcuno abbia scatenato per invidia un demone contro di noi è piuttosto radicata. Sono sfuggito alle ire solo perché ho scelto di abbandonare la Nigeria. Per gli altri c’è stato ben poco da fare».
Ugbade racconta di quei ragazzi magnifici ma maledetti dal rifugio di Kuala Lumpur, la città malese nella quale si è ricostruito una vita giocando a pallone nel Perak Fa più per necessità che per interesse: «Il ministero dello sport voleva a tutti i costi che fosse la Nigeria a trionfare nella prima edizione di un Mondiale giovanile. Per attuare il progetto venne sospeso per un anno il campionato e selezionati i calciatori più bravi, senza distinzione di età».
Altro che ragazzini di belle speranze, la Nigeria schierò in Cina un gruppo di uomini con documenti truccati. Ed è forse così che ebbero la meglio su squadre decisamente più competitive sotto l’aspetto tecnico, ma meno sviluppate muscolarmente rispetto ai giganti d’ebano originari di Lagos, Kaduna e dintorni.
«Il governo presieduto dal generale Muhammadu Buhari ci promise mari e monti, ma dopo i festeggiamenti di rito, ed il personale ritorno d’immagine, si dimenticò di una squadra di finti minorenni destinata all’anonimato». Ma anche, purtroppo, a una fine ingloriosa, viene spontaneo aggiungere.
Il centrale Kingsley Aikhionbore, il terzino Tenworimi Duere e l’attaccante Billa Momoh (autore del goal che piegò di misura l’Italia a Dalian il 31 luglio 1985) si rifugiarono tra le braccia ammalianti dell’eroina trovando la morte. A Joseph Babatunde, centrocampista dai piedi buoni, il governo impedì di trasferirsi al Tottenham. Non trovò di meglio che soffocare la cocente delusione consumandosi nell’alcol.
«Victor Igbinoba era un fantasista straordinario, ma ha perso del tutto la testa. Vaga per le strade di Kaduna sostenendo di essere un pastore protestante in contatto con Dio», rivela Ugbade, solido difensore che in passato aveva giocato pure in Spagna con il Castellon dopo essere stato anche un pilastro dell’Under 20 che nel 1989 si classificò seconda nel Mondiale di categoria disputato in Arabia Saudita, battuta 2-0 dal Portogallo.
Coincidenze troppo sospette che però non sembravano armonizzare con la carriera del centravanti Jonathan Akpoborie, a lungo professionista in Germania dopo l’exploit cinese con Stuttgart, Hansa Rostock, Waldhof Mannheim, Stuttgarter Kickers, Carl Zeiss Jena e Saarbrücken. Ma il tempo, si sa, è galantuomo. La sorte dei suoi compagni, degna di “Final Destination”, l’ha riacciuffato. Tre anni fa è finito in carcere per tratta di minori.
Due anni dopo il trionfo di Pechino accadde qualcosa di simile agli eredi dei Campioni del Mondo. In Canada un altro manipolo di giovani “Aquile” approdò alla finale del torneo iridato perdendo 4-2 ai rigori contro l’Unione Sovietica (1-1 al termine dei supplementari). Della squadra diretta ancora una volta da Sebastian Broderick Imasuen il solo Christopher Nwosu, in goal nella semifinale contro l’Italia di Melli e Pessotto, ha assaporato la gioia del professionismo nel campionato belga con il Beerschot.
«Evidentemente Chris era l’unico ad avere i documenti in ordine», ricorda Ugbade. Gli altri sono stati fagocitati dall’anonimato od intrappolati da terribili disavventure. Si hanno notizie frammentarie del centravanti Bawa Abdullahi, che lavora in una carrozzeria di Kano, a nord del paese, e del portiere Angus Ikeji, che dopo aver fallito un provino con il Bochum è rimasto in Germania a lavorare in un’acciaieria di Saarbrücken.
Tra realtà e superstizioni, coincidenze e sincronismi da brivido, Ugbade non esclude manipolazioni che andrebbero al di là delle semplici date di nascita. «La storia di calciatori che hanno disputato tornei con documenti di altri ragazzi è ben nota in Nigeria. Anche per questa ragione non si trovano più riscontri a distanza di anni di alcuni baby fenomeni».
In parole povere significa che nelle liste ufficiali della Fifa risultava un Victor od un Michael qualsiasi, magari inconsapevoli studenti di Lagos, ma che in realtà erano un Nwankwo o un Obafemi, tutt’altro che minorenni e qualche anno dopo acclamati campioni. Sostituendo una foto si poteva davvero ambire alla Coppa del Mondo.

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