sabato 23 febbraio 2013

Sandro ZAMBELLI


Ho visto Sandro Zambelli – scrive Alberto Refrigeri su “Hurrà Juventus” dell’ottobre 1972 – per l’ultima volta nel tardo pomeriggio del 28 maggio scorso: la sua Juve aveva appena conquistato il 14° scudetto e «Zambo», già malato, appoggiandosi al braccio compiacente di un amico, scendeva, faticosamente se pur raggiante, i gradini della Tribuna d’Onor.
«Ha visto i ragazzi!», mi disse con un groppo in gola, «oggi mi hanno dato una delle più belle soddisfazioni della mia vita, anche se purtroppo per me sarà l’ultima».
Con una buona dose di ipocrisia, che lui stesso avvertì e mi fece arrossire fino alla radice dei capelli, gli risposi di no, che anzi lo avremmo avuto ancora tanto tempo fra di noi; ma lui sapeva che ben difficilmente avrebbe visto un altro Campionato e purtroppo la sua previsione si è rivelata esatta.
Sandro Zambelli entrò nella Juventus nel lontano 1911, frequentando la famosa «panchina» di Corso Re Umberto, dove quattordici anni prima, da un gruppo di studenti, aveva preso vita la Società.
Ne facevano parte, mi ricorda l’Avvocato Scamoni che fu secondo segretario dopo Donna, Carlo Schiapparelli, Geppe e Sandro Collino, Bino Hess, Craveri, Malvano, Armano, Besozzi, Mattioli, i fratelli Aimone, Nizza e Borda, ed alcuni altri.
La spiccata personalità, la simpatia che emanava con le sue battute spiritose e il profondo amore per quella grande squadra allora appena agli albori, lo resero subito bene accetto e gli permisero di entrare immediatamente nel «giro».
Tanto è vero che alcuni anni dopo, durante la guerra, fu… incaricato (uno dei pochi a rimanere a Torino) di dare notizie sulla Juventus a tutti i compagni al fronte. E fu così che (allora non esisteva ancora il ciclostile…), ad evitare di scrivere a mano decine di lettere, Zambelli decise di fondare un giornale che parlasse della squadra. I ragazzi in trincea infatti potevano magari stare alcuni giorni senza la lettera della fidanzata, ma non privi di notizie sulla Juve.
A quei tempi, per inneggiare a qualcuno o a qualcosa, il grido di moda era «Hurrà», derivato dal famoso «Hip, hip, Hurrà» con cui solitamente terminavano i brindisi. E così nacque, con un felicissimo connubio, il titolo del Giornale, che visse fino al 1924, e poi, dopo una lunga pausa, riprese le pubblicazioni trentanove anni dopo, nel ‘63.
Finita la guerra, Zambelli fu nominato Vice Presidente della Lega, rimanendo sempre, sino alla sua morte, vicino alla squadra, come Consigliere prima, come socio benemerito poi; possiamo dire che ha vissuto, con infinito amore e tanta, tanta passione, più di sessant’anni di storia bianconera.
Era un attento lettore del «suo» giornale, e non mi risparmiava, con poche ma concise parole, com’era nel suo stile, né critiche né elogi.
«Al nümer pasà a l’era nen mal» (il numero scorso non era male) oppure, guardandomi negli occhi fisso fisso: «L’ültim articul l’è nen piasume» (l’ultimo articolo non mi è piaciuto).
Le sue critiche, fatte quasi sempre in un cordiale e aristocratico dialetto piemontese, non erano mai cattive, ma sempre costruttive e sempre improntate al suo grande amore per la Juventus e nella sua proverbiale linea di serietà, buon gusto, rispetto per gli avversari, galantomismo.

Ora il campionato è cominciato, e la sua sedia in Tribuna d’Onore è vuota: dopo sessant’anni i ragazzi vestiti in bianconero sono scesi in campo privi di uno spettatore illustre, un amico, un caro amico che rimpiangeranno sempre. Addio, Zambo!

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