Quasi a voler simboleggiare il primato di Torino calcistica,
la Juventus che era stata la più fiera avversaria dei leggendari granata sa
riempire il vuoto che essi hanno lasciato. Conquista con uno stupendo torneo l’ottavo
scudetto della sua ormai cinquantennale storia, rompendo nel contempo quasi un
sortilegio che aveva visto nelle scadenze decennali (1910, 1920, 1930, 1940) il
successo sorridere sempre all’Inter. Questa Juventus che con il geniale biondino Præst
al posto di Pløger resta molto nordica, ma che con l’oriundo argentino
Martino sa ricordarsi anche di quanto in passato l’abbiano resa grande i
sudamericani, vince il campionato al modo dei forti, conquistando la testa
della classifica alla prima giornata per non lasciarla più. Il girone d’andata
è una sinfonia trionfale per questa squadra che accoppia alle doti dei suoi attaccanti
geniali le qualità di una difesa ancora orchestrata da Carletto Parola, e
chiusa a saracinesca da Giovanni Viola, un piemontese di poche parole ma di
chiari fatti, che torna a casa dopo un paio d’anni di esperienza per farsi le
ossa.
Quindici successi e due pareggi sono il ruolino di marcia
impressionante delle prime diciassette giornate. Alla quarta c’è la vittoria di San Siro contro la favorita, forte del trio svedese Gren, Nordhal, Liedholm,
il famoso GRE-NO-LI; il 6 novembre c’è il successo forse meno festeggiato, al
campo Filadelfia, contro un Torino che torna faticosamente alla vita; il Filadelfia era imbattuto da 100 partite (89 vittorie e 11 pareggi), dal 17 gennaio del
1943. Ma lo sport non può fermarsi ai sentimentalismi, la Juventus continua la
sua marcia vittoriosa mentre Milan ed Inter si danno battaglia al suo
inseguimento.
Resterà storico il derby di Milano, lo stesso giorno di Juve-Torino, con l’Inter che riesce a superare il Milan per 6-5, dopo essere stata
in svantaggio 1-4. La prima sconfitta arriva soltanto alla penultima di andata,
una distrazione a Lucca e via, con i bianconeri che concludono il girone
ascendente di questo torneo (sempre a 20 squadre) a quota 34, sette punti in
più di Inter e Milan appaiati.
Poi all’inizio del ritorno gli uomini guidati sempre da un
britannico (che però si chiama Carver e non più Chalmers ed ha ben altre
qualità) sembrano volersi riposare, tirano il fiato dopo la gran volata. Una
distrazione casalinga con la Lazio, un pareggio senza reti a Bari. E sulla via
del ritorno dal Sud la squadra che pare un po’ stanca, si ferma a Rapallo,
viene deciso un ritiro disintossicante al sole della Riviera. È carnevale, l’aria
tiepida propizia al buonumore, quel Milan che la domenica successiva arriverà a
Torino sperando di ridurre ulteriormente i tre punti di distacco avrà pane per
i suoi denti.
La squadra si rilassa e si riposa, ma quando il sabato sera
rientra a Torino rabbrividisce di colpo, in una città avvolta da neve e gelo.
Il giorno dopo il Comunale zeppo di folla ha il fondo pesante e viscido, ma
la Juve sembra fugare ogni timore: John Hansen la porta in vantaggio, c’è
tripudio sugli spalti. Ma dopo venti minuti le gambe dei bianconeri diventano
molli, incapaci di lottare, di districarsi dal fango. Sarà stato lo sbalzo del
clima, sarà stata una concentrazione approssimativa per via di quella vacanza
in Riviera forse troppo disintossicante: sta di fatto che una, due, tre, sette
volte i milanisti vanno a rete. Parola addirittura si fa espellere, incapace e
disperato di non poter contenere la furia di Nordhal. La Juve resta a quota 36,
il Milan sale a 35 dopo la quarta giornata di ritorno. Commenta così il campionato, a questo punto, Vittorio Pozzo:
«Nessuna meraviglia che il numero uno della classifica venga battuto dal numero
due, ma è il modo quello che conta. La Juventus si è fatta male cadendo. Ha
perso per l’inusitato e sorprendente punteggio di 7-1 e si è fatta espellere
con conseguenze certo notevoli per l’avvenire immediato il suo capitano, che
era anche il suo uomo più valido e più a posto».
La Juventus è sempre in testa, ma ha il Milan a un solo
punto di distanza, quel Milan che a un certo momento del campionato era
riuscita a staccare di ben otto lunghezze. E dietro il Milan spunta con
intenzioni tutt’altro che pacifiche l’altra squadra milanese, l’Internazionale.
Sono quindi due gli avversari che possono contendere il
primato alla Juventus. Ed uno di essi, l’Internazionale, deve incontrare sul
proprio campo i torinesi. Ed ambedue sono lanciatissimi, perché mentre i
rossoneri vincevano a Torino per 7-1 i neroazzurri debellavano a San Siro la
Triestina per 6-1, mentre i bianconeri soffrono per le ripercussioni della
sconfitta subita più ancora in senso morale che in senso tecnico. Nella lotta
per il titolo si riparte ora, alla ventiquattresima tappa, col vantaggio di un
punto per i torinesi, vantaggio che la situazione nei suoi diversi aspetti
minaccia però di annullare senz’altro. Come si era già detto in occasione
precedente, è la Juventus sola contro Milano tutta. Sullo stesso giornale, in altra pagina, si legge: «Per la
sconfitta della Juventus un manovale è impazzito». E, nel sottotitolo: «L’ossessionante
visione delle fasi della partita; dopo una notte d’incubo il ricovero al
manicomio».
È significativo, questo articolo, per far capire come, anche
senza arrivare a certi parossismi, la costernazione dopo quel 7-1 fosse
generale. Ma non si dimostrano costernati invece i bianconeri, che fugano i timori
di Pozzo e di tutti dimostrandosi campioni proprio nel momento più difficile.
Tengono il Milan a distanza di un punto per due domeniche, poi al terzo successo
consecutivo i rossoneri cedono. L’attacco milanista è più spumeggiante (7-1
alla Pro Patria, 7-0 al Torino, 118 goal al termine del torneo), la Juventus è
più equilibrata. Saranno 8 i successi bianconeri consecutivi dopo quel gran
tonfo, fra i quali arriverà quello di Milano contro la tanto temuta Inter.
Una tripletta di Boniperti nell’ultima giornata contro la
Sampdoria suggella un campionato emozionante ed un titolo meritatissimo.
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