Ed ecco, ventun anni più tardi, il secondo scudetto. La
squadra, se non proprio rifatta, è stata ritoccata per metà. Uomini che hanno
scritto belle pagine della storia bianconera, come Grabbi o Gianfardoni, sono
ormai a mezzo servizio; arrivano Allemandi, terzino dalle ottime risorse,
Torriani, un buon tornante, soprattutto l’ungherese Hirzer detto la Gazzella. È una Juventus molto ungherese, che oltre alla gazzella
conta su Viola e sull’allenatore Karoly. C’è poi un acquisto dell’ultima ora,
Vojak, slavo di Pola che arriva dalla Lazio. Dopo aver patito una sconfitta
salutare alla terza giornata, che fa comprendere come la concentrazione debba
essere sempre massima, i bianconeri ingranano la quarta e staccano ben presto
tutte le rivali. Giocano nel girone B della Lega Nord, conquistano il diritto a
battersi per la finale addirittura con tre giornate d’anticipo, quando a metà
maggio sconfiggono seccamente a Torino la concorrente diretta per la promozione,
la Cremonese. Perderanno poi a Reggio Emilia, ma la mente è ormai concentrata
sulla finale, sull’altro girone dove Bologna e Torino danno vita ad una lotta
serrata risolta a favore degli emiliani soltanto in extremis.
Partita di ritorno a Torino, campo di corso Marsiglia, 25
luglio. Karoly, l’allenatore, ha qualche timore, esclude Pastore che pure è il
secondo goleador bianconero (27 reti in totale, nell’anno) ma è anche un bel
ragazzo e pensa a volte più alla carriera cinematografica (che infatti tenterà
in seguito) che non al pallone. Così torna Rosetta all’attacco e non ne può
sortire, dalle reciproche paure, che uno 0-0. Karoly si dispera, ha perso la
grande occasione di chiudere il discorso con il fattore campo a favore, ora ci
sarà la bella in campo neutro. Quest’uomo in passato così sereno è sofferente,
abbattuto: quattro giorni più tardi la sua tragedia si compirà.
E la domenica, sul campo dell’Arena di Milano, mentre si sta
finendo di costruire San Siro, la squadra gioca con rabbia e dolore anche e
soprattutto per il suo allenatore. Proprio l’estroso e discontinuo Pastore,
escluso nell’ultimo incontro, segna la prima rete e Vojak metterà il sigillo a
questa stagione dopo il pareggio di Schiavio. Quando i bianconeri tornano a
Porta Susa c’è folla ad attenderli, c’è festa ed amarezza insieme ricordando l’allenatore
scomparso. Si scrive tra l’altro, all’epoca: «Il titolo andò alla
squadra più degna. Su questo punto non vi sono dubbi da sollevare, né
discussioni da avanzare. Per comune consenso la squadra che si è dimostrata più
compatta ha strappato la vittoria. Il bellissimo gesto di Gianni e Della Valle,
che toltesi le maglie con lo scudetto tricolore sono andati a farne omaggio
rispettivamente a Combi e Bigatto, è una riprova di quella che era la convinzione
in campo bolognese: che la sconfitta fosse stata regolare ed ai migliori fosse
toccata la palma». Già, perché il Bologna aveva vinto lo scudetto l’anno
precedente, dopo quelle drammatiche cinque finali col Genoa.
Abbiamo detto dunque scudetto alla Juventus, ma in realtà
abbiamo precorso i tempi. Da anni la vincente dello spareggio nella Lega Nord
era considerata a tutti gli effetti campione prima ancora di giocare le due
partite conclusive contro la squadra qualificatasi attraverso i vari gironi
della Lega Sud, perché era grande la differenza di gioco e tecnica fra i due
blocchi del calcio italiano. Ma la Juventus in agosto deve andare ad adempiere
a quella che è considerata da tutti una formalità, la finalissima per il titolo
con la squadra romana dell’Alba. Ed una formalità è davvero, 12 goal segnati ed uno soltanto
subito in due partite. Si legge, sui giornali: «Confesso che sono uscito dal
campo della Juventus (queste righe si riferiscono al 7-1 dell’andata, ndr) senza
ricordare con precisione quale fosse il numero dei goal con cui si era concretata
la vittoria della squadra torinese. Sei, sette, dieci? Ma il numero non conta.
Quello che conta è il modo con cui la vittoria fu ottenuta. Quello che emerge è
l’enorme differenza di classe esistente fra le due squadre. Io giungo al punto
da dubitare che l’Alba non abbia potuto svolgere il suo gioco, che abbia
disputato la gara al di fuori della sua forma. Non posso infatti pensare che
gli attuali reggitori del football italiano, che mi rifiuto di credere incompetenti,
abbiano commesso l’errore di giudicare l’Alba degna di far parte della
divisione d’onore, se non erano in possesso di prove ben più conclusive sul
valore e sulla classe della squadra romana».
Il Sud, con pochi mezzi, comunque si batteva, ed è stato
importante che abbia avuto la possibilità fin da allora di mantenere i contatti
col grande calcio, che gli hanno permesso di crescere fino alla dignità
odierna. Ma allora il problema esisteva e si andrà infatti, nel giro di pochi
anni, proprio per ovviare a queste finalissime burletta, a decidere di compiere
il grande passo, si andrà al girone unico.
Gloria dunque alla Juventus in questa stagione con lo
scudetto, meritatissimo, numero due.
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