Lunedì 24 agosto 2015, è il giorno della presentazione di Alex Sandro al popolo juventino: «Un sogno». Non usa mezzi termini il brasiliano per definire la sua nuova avventura alla Juventus. Sono momenti intensi per il difensore, che dopo la conferenza stampa ha visitato il J-Museum e salutato i tifosi al J-Store; nella giornata precedente, invece, aveva avuto modo di vivere da vicino l’atmosfera dello Stadium: «Una sensazione fantastica, che qualsiasi giocatore dovrebbe provare. La mia caratteristica principale è la voglia di dare sempre il 100%, sia che si pratichi la fase difensiva che quella offensiva. Non vedo l’ora di dimostrare le mie qualità in campo, sono pronto per giocare e la mia fiducia cresce giorno dopo giorno. Essere qui è la realizzazione di un sogno: ho sempre seguito la Juve, dai tempi di Del Piero e Trezeguet e quando la mia squadra è uscita dalla scorsa Champions ho tifato per i bianconeri. Inoltre sento di avere fatto la scelta giusta per me e per il mio futuro venendo in Italia: un campionato tattico, difficile, che mi farà crescere molto».
Alla Juventus milita uno dei giocatori che maggiormente ha ispirato Alex Sandro, Evra: «Lui e Roberto Carlos sono i calciatori che per me hanno rappresentato un modello da seguire».
Ma, si diceva, è già tempo di pensare al presente: «Sto cominciando a capire come funzionano le metodologie di Allegri, abbiamo fatto una chiacchierata anche se non abbiamo parlato nello specifico di tattica».
E infine la maglia: come mai la dodici? «Ho scelto questo numero insieme alla mia famiglia, ci sono affezionato».
Uno dei pochissimi punti deboli della Juventus dell’anno precedente, era rappresentato dal ruolo di terzino sinistro, a causa dei frequenti acciacchi di Patrice Evra e Kwadwo Asamoah, quest’ultimo usato soprattutto quando Massimiliano Allegri ha giocato con il 3-5-2. Con l’acquisto di Alex Sandro, che ha firmato un contratto quinquennale, la formazione bianconera ha risolto la lacuna in grande stile, assicurandosi uno dei migliori interpreti di un ruolo che peraltro non abbonda di giocatori di qualità.
Brasiliano di ventiquattro anni, dal 2011 giocava nel Porto, arrivato assieme a Danilo con cui aveva vinto la Copa Libertadores con il Santos e i Mondiali Under-20 con il Brasile. Nei Dragões ci ha messo un po’ per debuttare, ma dopo la prima stagione di ambientamento è diventato uno dei punti di forza del club portoghese, ed è strano che dopo il 2012 non siano arrivate altre presenze nella nazionale brasiliana, dove potrebbe tranquillamente giocarsi il posto con Marcelo. Laterale mancino di grande corsa e sempre pronto a spingersi in avanti, la sua presenza è fondamentale anche a livello tattico, visto che può essere usato come un’arma aggiunta nelle azioni d’attacco. Difensivamente molto meglio di tanti suoi compagni di reparto (è specializzato nel tackle per recuperare il pallone), anche se a volte tende a prendere un po’ troppi cartellini gialli, nonostante il suo contratto con il Porto scadesse il 30 giugno 2016, Beppe Marotta e Andrea Agnelli hanno dovuto tirare fuori un assegno consistente, da ventisei milioni di euro pagabili in tre anni, ben sapendo che il presidente Pinto da Costa non fa sconti sui propri tesserati e che sarebbe stato rischioso aspettare visto l’interesse del Manchester City. Alex Sandro ha superato in volata la concorrenza di Guilherme Siqueira, fino a una decina di giorni prima il nome principale per l’out sinistro bianconero, e adesso è pronto per farsi valere sulla fascia come ha fatto nelle precedenti stagioni in Portogallo.
Nove anni e dodici trofei, questo il bottino di Alex Sandro con la maglia bianconera. Guardando solo i numeri si potrebbe tranquillamente dire che il brasiliano è entrato nella «hall of fame» dei tifosi bianconeri. La realtà, invece, è ben diversa. Le prime stagioni parlano di un giocatore devastante sulla fascia mancina, che non disdegna le conclusioni a rete spesso vincenti. Notevole anche il tempismo e la precisione nei colpi di testa, soprattutto negli appostamenti sul primo palo della porta avversaria. Ma poi tutto cambia, il rendimento di Alex cala vistosamente, Sarri e Pirlo cercano altre opzioni, rendendosi conto che il brasiliano è solo la copia sbiadita del giocatore arrivato dal Porto e dei primi anni a Torino. Ma se queste alternative si chiamano De Sciglio o Frabotta, c’è ben poco da sorridere. Un nome c’era, a dire la verità: Spinazzola. Certo, un giocatore falcidiato dagli infortuni, ma se si pensa che la società lo ha scambiato con Pellegrini…
Col ritorno di Allegri, poi, la situazione precipita. Il tecnico livornese stravede per lui e lo «inventa» difensore centrale pur di farlo giocare. Se Alex era in difficoltà come esterno – non avendo più lo scatto e la progressione dei bei tempi – lo è ancora di più come centrale. Con lui in campo la Juve subisce gol spesso e volentieri, proprio a causa degli errori del brasiliano. Uno su tutti la clamorosa topica che permette all’interista Alexis Sanchez di realizzare il gol vittoria nella finale di Supercoppa del 2022.
TIMOTHY ORMEZZANO, DAL “CORRIERE DELLA SERA” DEL 14 GENNAIO 2022
Una stecca alla Scala del calcio. E deflagra definitivamente il caso-Alex Sandro. Non è un fulmine a ciel sereno, no: il brasiliano era già alle prese con la stagione più difficile e deludente delle sei annate e mezza trascorse alla Juventus. Semmai è pioggia sul bagnato. Se serve un capro espiatorio per lo scivolone dei bianconeri in Supercoppa è sicuramente lui, il quasi trentunenne di Catanduva. Al minuto 120, mentre dai supplementari Inter e Juve stanno scivolando verso i calci di rigore, un suo maldestro se non folle stop (a inseguire) sul cross di Dimarco si trasforma in un succulento assist per il 2-1 decisivo di Alexis Sanchez. In quell’immenso tribunale dell’inquisizione che sono i social il colpevole viene presto ribattezzato in #AlexisSandro. «Via dalla Juve», le parole più gettonate tra i tifosi bianconeri. «Uno di noi», gongolano i carissimi nemici nerazzurri.
È il momento di gran lunga peggiore per Alex Sandro, arrivato a Torino dal Porto nell’estate del 2015 per ventisei milioni di euro. Allora la Juve piazzò un vero colpaccio, assicurandosi uno dei migliori terzini del mondo. Alex Sandro Lobo Silva contendeva inizialmente il posto a Patrice Evra, altro esterno bianconero diventato suo malgrado famoso per non aver spazzato in tribuna un pallone, costato a Madama l’uscita dagli ottavi di Champions 2015-16 contro il Bayern Monaco. Le tre stagioni successive sono state le migliori del brasiliano, poi protagonista di un lento e inesorabile calo fino al crollo totale di questa stagione.
Alex Sandro è diventato l’anello debole di una squadra che nel passato più o meno recente ha avuto molti esterni sinistri contestati dai tifosi: Molinaro, Traorè, De Ceglie, Peluso, De Sciglio, Frabotta e via dicendo. La sua flessione di rendimento – di più: la sua incredibile involuzione – quest’anno gli è costata più volte il sorpasso a sinistra nell’undici iniziale di due giocatori tecnicamente più modesti come appunto De Sciglio e Pellegrini. Decisivi – da ricordare – gli errori commessi ben prima di mercoledì sera da Alex Sandro, soprattutto nel pesante KO per 4-0 subito in casa del Chelsea ma anche nelle brucianti sconfitte contro le non irresistibili Empoli, Sassuolo e Verona.
Il futuro di Alex Sandro, l’unico «italiano» convocato dalla Nazionale brasiliana per i prossimi impegni contro Ecuador e Paraguay, sembra ormai segnato: il contratto in scadenza nel 2023 spinge la Juventus a cederlo nell’estate che verrà. La separazione dalla Signora pare davvero inevitabile, la corsia sinistra bianconera sarà un segmento da ricostruire attentamente. Il problema è rappresentato dall’ingaggio molto pesante di Alex Sandro, da sei milioni di euro annui. E la mancanza al momento di pretendenti: quello del Meazza interista non è stato certamente un bello spot.
Invece, il brasiliano resta ancora per due stagioni, sempre fortemente «sponsorizzato» da Allegri. Mal sopportato dai supporter bianconeri, non è certamente aiutato dall’eguagliare Pavel Nedved quale recordman straniero di presenze nella Juventus. Un vero affronto per il tifo juventino.
GIUSEPPE NIGRO, DAL SITO GAZZETTA.IT DEL 25 MAGGIO 2024
Quel sorriso di malinconica felicità è l’immagine che resta dopo la dissolvenza del lieto fine, nel film dei nove anni alla Juventus di Alex Sandro. Finisce come vuole la sceneggiatura di un pomeriggio da ricordare contro il Monza: l’ultima fascia da capitano, il gol, il record eguagliato, la standing ovation, le lacrime, le celebrazioni. Due ore in una frase non ci stanno e partiamo dal fondo, dal brasiliano lanciato in aria dai compagni sul prato dello Stadium dopo il “pasillo” d’onore che la Juventus gli aveva riservato a fine partita, omaggiato dal presidente Ferrero della sua ultima maglia. Non la storica dodici ma la 327, il numero delle sue partite giocate in bianconero, giocatore straniero col maggior numero di presenze con la maglia della Juventus, eguagliando il primato di Pavel Nedved.
«Il trofeo più bello che porto con me è questo amore di tutti, l’affetto di tutti. Il futuro? Non c’è niente deciso, ma sarò felice della mia prossima casa», dice il brasiliano dopo le celebrazioni di fine partita. Nell’ultimo fotogramma lo avvolge l’abbraccio indistinguibile della squadra, che si scioglie poi in quelli individuali e distinguibilissimi di ciascuno dei compagni, perché al di là dei meriti del singolo se ne va un altro pezzo della Juve che vinceva tutto, e sembra quasi vogliano toccarlo come un amuleto per vedere se possono portarsi via qualcosa di quelle stagioni, per tornare a viverne ancora. «In quest’ultima stagione ho visto tutti giocatori con voglia di vincere e migliorare, eravamo tanto arrabbiati per i risultati negativi e questo fa bene, fa crescere: sono sicuro che le prossime stagioni saranno migliori. Con la Coppa Italia è iniziato un ciclo per un gruppo in cui tanti ancora non avevano vinto».
L’amico Danilo gli aveva lasciato la fascia per giocare l’ultima partita da capitano. Gliel’ha rimessa al braccio dopo il triplice fischio affidandogli la Coppa Italia da levare al cielo dello Stadium per portarla in parata per l’ultimo giro di campo, dopo quello vissuto già dopo la sostituzione a un quarto d’ora dalla fine, per asciugare con foto, autografi e abbracci le lacrime di pochi minuti prima, quando all’uscita dal campo lo ha fatto squagliare la standing ovation di quella che è stata la sua gente, l’abbraccio del suo spogliatoio e la fine di un pezzo notevole di vita: «Sono stati bellissimi i trofei, le vittorie, le finali, ma quello che mi porto davvero sono le persone, i lavoratori, dai magazzinieri alla sicurezza, gli staff e i dirigenti, tutto l’amore e il rispetto che si vive qui: quando si dice che la Juve è una grande famiglia, è questo che sento», ha detto al microfono di DAZN.
Come nei film, appunto, un pezzo notevole della sceneggiatura a lieto fine è stato anche il gol all’ultima partita, il secondo per battere il Monza e per innaffiare una serata di festa in un’annata in cui da festeggiare c’era stato poco, negli ultimi anni di Alex Sandro alla Juve le difficoltà non sono mancate anche a titolo individuale, ma è bello e giusto che il sapore che resta in bocca sia dolcissimo: «Il mio cuore sarà sempre qua, avrà sempre uno spazio per tutto il popolo bianconero. Sono stati giorni emozionanti, non avevo mai pianto tanto nella mia vita come in questa settimana. Tutto questo viaggio è stato bellissimo per me. Ringrazio i tifosi, la città, il paese meraviglioso che è l’Italia e tutti i compagni dal primo anno fino a ora. Sono orgoglioso di me e di quello che ho fatto e sono contentissimo per la storia bellissima scritta insieme a tutte queste persone».
Di una in particolare gli viene chiesto: «È impossibile parlare della mia carriera senza parlare di Allegri, oltre che come allenatore ho imparato tantissimo da lui come persona, lo ringrazio per la fiducia che ha avuto in me, è stato una persona speciale nella mia vita». Sipario.
«C’è una parola che racchiude quello che la Juventus è per me: famiglia.
Sono sicuro che lascerò tanto… È difficile parlare solamente di calcio, ho anche due bimbe che sono cresciute qui, che sono juventine, che vogliono indossare tutti i giorni maglie bianconere e che quando le porto a scuola non vogliono ascoltare Baby Shark ma vogliono veramente sentire l’inno della Juventus.
Le emozioni sono cominciate presto, da quando mi è arrivata la proposta della Juventus: già in quel caso sono rimasto colpito nel sapere che una squadra con tanta storia, dove sono passati tanti idoli, miei idoli, voleva me.
Poi la preparazione per l’arrivo a Torino con le telefonate con le persone che avevano già giocato in questo Club e le informazioni che chiedevo: tutti mi menzionavano sempre la parola famiglia. Non si soffermavano solamente sui trofei, sulle vittorie, ma parlavano sempre di amicizia. Ed è quello che mi ha toccato di più. Ciò che ricerco, ciò che metto sempre al primo posto nella mia vita, è il concetto di famiglia.
Ricordo i primi allenamenti, i primi abbracci dei compagni. Parlavo ancora poco italiano ma c’erano i giocatori brasiliani che mi hanno aiutato tantissimo: Neto, Rubinho, Hernanes… Poi è arrivato Cuadrado che è un grande amico che porterò sempre nel cuore, Dybala… Ringrazio tutte le persone della Juventus con cui ho lavorato, Presidenti, direttori, allenatori e tutti gli staff: avete fatto parte della storia della mia vita e avrete sempre spazio nel mio cuore.
Ricordo la prima partita: contro l’Udinese in casa (23 agosto 2015 n.d.r.), ero in panchina. Lì ho capito cos’è la Juve, quanto i tifosi vogliono la vittoria. Abbiamo perso e lì ho cominciato a sentire la pressione di giocare per la Juventus. Però questa pressione è ciò che più mi piace, qui tutti, dai tifosi a chi lavora per questo Club, vogliono il meglio. E questo fa crescere come calciatore e come persona.
Io sono cresciuto tantissimo. Sono contento che l’Alex felice, allegro, con ambizione che è arrivato nove anni fa, è lo stesso che adesso va via. Sono orgoglioso di me stesso, di quello che ho fatto. Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato ad arrivare dove sono arrivato.
I ricordi dolci sono tanti: trofei, finali. Abbiamo fatto un bel viaggio fino alle finali di Champions League… Però anche i momenti complicati ci hanno insegnato tanto. L’anno della pandemia è stato difficilissimo, abbiamo provato ad aiutare gli altri a passare delle ore più leggere. Ho conosciuto tante vite e di questo sono grato.
Grazie a tutti i calciatori perché sono diventati amici, famiglia.
È difficile trovare le parole per dire tutto quello che vorrei dire alla Juventus.
Desidero ringraziare per tutti i momenti passati insieme, per me, per la mia famiglia, per i miei amici. Sono diventati tutti juventini. Nel mio cuore ci sarà sempre uno spazio grande per tutti voi che avete passato questi momenti con me.
La storia della Juventus sarà sempre importante, il “Fino alla fine” è nel cuore, nel sangue, nell’anima. Così come volere sempre il meglio.
Non so ancora dove sarò ma vorrò sempre il bene della Juventus. È stato un viaggio fantastico. Quando ricorderò e parlerò di questo percorso di vita, i miei occhi saranno sempre lucidi come lo sono ora. Vi auguro il meglio.
Alex».

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