sabato 25 ottobre 2025

Luigi DANOVA

 

Luigi Danova farà domenica il suo debutto nel derby della Mole – scrive Guido Magni su “La Gazzetta dello Sport” del 4 dicembre 1976 – e il Torino per assicurarselo ha dovuto sborsare al Cesena l’equivalente di un miliardo di lire: 600 milioni in contanti con l’aggiunta della cessione definitiva di Lombardo. Il difensore sarà in campo anche nei panni dell’ex bianconero. La sua carriera ha come punto di partenza e di arrivo la città di Torino. La Juventus, infatti, lo ingaggiò nell’estate del 1970, proprio nel periodo del radicale rinnovamento dei quadri che coincise con l’inizio del ciclo che tuttora dura. A quel tempo Danova era diciottenne. Una promessa di Allodi riuscì a strappare alla concorrenza per la modesta cifra di 23 milioni. In sei anni la valutazione del terzino ha avuto un’impennata stratosferica.
«In bianconero – ricorda Danova – ho vissuto per una sola stagione. Poi passai in prestito al Como, dove rimasi ancora un anno a titolo di comproprietà. Due campionati in B poi nell’estate del 1973 la Juventus mi riscattò. Pei trasferirmi subito in prestito al Cesena che nella stagione successiva mi acquistò a metà per farmi poi interamente suo al mercato estivo del 1975».
In bianconero si è definitivamente affermato in terra di Romagna, coi colori, però della squadra di Manuzzi. Nato il 3 giugno 1952 a Sant’Angelo Lodigiano cominciò a farsi notare nella squadra locale. Due campionati in serie D, quindi il trasferimento alla Juventus.
«Da ragazzino ho sempre tifato per il Milan. Il mio idolo era Rivera, il modello a cui mi ispiravo, dato che ero un difensore, Roberto Rosato, Sapevo di avere gli occhi di molti osservatori addosso. Il Como insisteva per avermi. Però, a quanto mi risulta, si erano fatti sotto anche il Bologna e il Milan. Avrei potuto rivestire la maglia dei miei sogni infantili, quella rossonera. Ebbe la meglio la Juventus e per me il trasferimento rappresentò una pietra miliare nella mia vita. Prendeva corpo il progetto tanto accarezzato di far parte di una squadra di serie A».
Danova si inorgoglì constatando di essere stato incluso nella rosa titolare. Non che si facesse troppe illusioni. Davanti a lui stavano difensori più anziani, più affermati: Spinosi, Morini. Furino (in quel tempo utilizzato come terzino sinistro), Cuccureddu, Marchetti, Roveta. Per tutta la stagione gli toccò di sfangare con la «De Martino» e la «Primavera».
«Eppure mi si schiuse la possibilità di giocare in prima squadra. Il 4 novembre 1970 la Juventus doveva ospitare al Comunale in Coppa Uefa il Barcellona. Morini era indisponibile. Picchi mi fece capire che il mio gran giorno era arrivato. I giornali inserirono il mio nome nei tabellini alla vigilia. Poche ore prima del calcio di inizio, però, l’allenatore mi prese da parte, mi disse che era meglio non rischiare il lancio in una partita importante. In campo al mio posto giocò Roveta. Io andai in panchina, dove in campionato non mi sedetti più neppure per una volta».
A Danova in quella stagione non si presentò più l’opportunità di debuttare in prima squadra, di respirare l’aria della massima divisione. Il destino lo ha portato a essere domani avversario dei bianconeri, ma non nutre alcun risentimento contro la «Vecchia Signora».
«Acqua passata. Certo il rammarico di non aver mai figurato, neppure una volta, nella formazione titolare, è rimasto. Però sono riconoscente nei confronti della Juventus. Mi ha trattato bene, mi ha girato a squadre in cui ho avuto la possibilità di emergere. Non mi ha certo svenduto come uno scarto. Quindi non covo alcun proposito di vendetta. Tutt’al più domenica cercherò di dimostrare che hanno sbagliato nel cedermi troppo presto».
La particolare atmosfera del derby torinese non lo spaventa.
«Ne ho vissuti due nel 1970-71 da spettatore. Quindi sono preparato anche se di protagonisti di quel paio di incontri ne sono rimasti pochi: Castellini. Claudio Sala e Pulici in granata; Furino, Cuccureddu, Morini e Bettega in bianconero. Ormai non sono più un ragazzino. Affronterò la partita di domenica senza patemi di animo».
Degli attuali juventini ha marcato Boninsegna e Bettega («Tutti e due sono delle rogne. L’ex nerazzurro lavora assai di gomiti. L’altro di testa è un asso»), ma a quanto pare domenica dovrà vedersela con Causio. Che proprio in quella famosa estate 1970 era tornato all’ovile dal Palermo, che in quella storica (per Danova) partita col Barcellona gli stava seduto accanto in panchina.
«Mi è capitato contro Causio in tanti allenamenti – precisa – ma è storia vecchia di sei anni fa. Ma il bianconero, la sua classe, la sua forza non devo certo scoprirli io. Sono di regola abituato a controllare le punte, tuttavia non mi spaventa l’eventuale cambio di mansioni. Ho già marcato Caso, Bruno Conti. Rivera. Il mio duello con Causio sarà la chiave della partita? Non lo metto in dubbio. Però attenti a Boninsegna e a Bettega! La gara non dipende soltanto dalla mia marcatura».
Danova non trema. Sposato da un anno e mezzo, padre di una bimba da tre mesi, Luigi attenderà il derby secondo il solito. Ascoltando musica. «Naturalmente prediligo il liscio. Tre anni in Romagna non li ho trascorsi per nulla».






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