sabato 27 marzo 2021

Nicola ZANONE

 


ALBERTO REFRIGERI, “HURRÀ JUVENTUS” DEL MARZO 1975
Ed eccomi alla terza puntata delle interviste con i giovani che fanno parte della squadra della «Primavera». Oggi sono di turno Sergio Brio, nato a Lecce il 19 agosto 1956, Nicola Zanone, biellese, nato il 22 giugno 1956, e Paolino Rossi, toscano dl Prato, dove è nato, sempre nel ‘56, il 23 settembre.
Il primo, da poco acquistato dalla Società pugliese, gioca nel ruolo di stopper, mentre Zanone e Rossi sono attaccanti. Il primo centravanti-goleador, il secondo guizzante ala destra.
Prima di addentrarmi nel labirinto delle domande-risposte, ecco un breve profilo della triade. Cominciamo da Zenone, che mi sembra senza dubbio il più timido dei tre, molto riservato, da classico piemontese di antico stampo, cioè dl poche parole ma di intelligenza acutissima: Nicola tiene tutto, o almeno gran parte di ciò che pensa, dentro di se, difficilmente esterna per intero il proprio pensiero, le proprie idee: senza dubbio una buona componente è dovuta a una certa timidezza di carattere, e un’altra fetta, sia pure più piccola, va attribuita, almeno secondo me, a una velata diffidenza, che si sgela soltanto dopo le prime domande. Le repliche, comunque, sono sempre brevissima, lapidarie, se pure sempre assai precise e intelligenti.
Sergio Brio, uno stangone simpaticissimo, appena arrivato da Lecce e subito inserito nei ranghi bianconeri: avesse avuto il passaporto sarebbe stato aggregato alla comitiva juventina che, pur perdendo, passò il turno ad Amsterdam contro l’Aiax. Mi sembra che si diverta un mondo a questa intervista, sollecita la domanda e risponde a modo, sviscerando quasi sempre il suo pensiero: dimostra di avere idee chiarissime, pur nella sua giovane età, per cui è assai piacevole conversare con lui: è inoltre assai schietto, e lo dimostra un paio di volte, allorché si dichiara «non d’accordo» con l’intervistatore: ragazzo cioè di forte carattere, che ci ricorda un po’ il Causio prima maniera, quando, sentendosi in un determinato caso intimidito, reagisce quasi con furore, ribaltando così la situazione.
Paolino Rossi, dalla facile parlata toscana, mi sta davanti con un sorriso buono ma con due occhi un po’ tristi: poverino, da un anno e mezzo la fortuna gli ha girato le spalle, direi anzi addirittura che lo ha abbandonato completamente: pensate, in questo breve lasso di tempo ha subito l’asportazione di ben tre menischi; che, nonostante il carattere e la determinazione, ne hanno logicamente affievolito (ma per poco crediamo), la gioia dei diciott’anni. Gli ricordo la teoria, mi sembra degli orientali, i quali sono contenti anche quando tutto sta andando male, sicuri che la ruota riprenderà presto a girare dalla giusta parte, secondo le leggi della vita. «Speriamo abbiano ragione» mi risponde Paolino, «perché una mala sorte così un po’ durare». In bocca al lupo, ragazzo.
Dal veloce quadretto schizzato in queste poche righe, avrete già capito che si tratta di tre giovani con la testa sul collo, e potrete rendervene conto di persona dalle risposte che verranno: tre ragazzi insomma molto forti sul campo di gioco, ma altrettanto ferrati nella battaglia della vita, dove dimostrano di avere idee chiare e ben precise e dove, facciamo gli scongiuri, si troveranno ugualmente a sfondare qualora trovassero difficoltà insormontabili nel calcio.
Ma eccoci all’intervista... cumulativa:
– Anzitutto ditemi quali sono i sacrifici maggiori per dei ragazzi di diciott’anni che hanno scelto il calcio come professione.
ZANONE: Non parlerei di sacrifici, o almeno sono così minimi che quasi non me ne accorgo voglio dire cioè che, anche se non avessi intrapreso questa attività, la mia vita trascorrerebbe sugli stessi binari.
BRIO: Logicamente appartenere al calcio vuole automaticamente dire vita moderata, applicazione continua, volontà ferrea negli allenamenti: tutte cose per le quali occorre qualche sacrificio, ma non direi che bisogna essere un santo per fare il calciatore, voglio dire cioè che qualunque mestiere si scelga comporta dei sacrifici; l’importante è avere ben definito davanti uno scopo: una volta individuata questa meta tutto diventa facile, e ogni sacrificio si trasforma non dico in un diletto, ma nemmeno in un calvario.
ROSSI: Il sacrificio maggiore e per me la lontananza da casa; poi il fatto di non avere molto tempo libero: sono iscritto alla terza ragioneria, e fra le ore scolastiche e trascorse alla scuola, quelle destinale allo svago (considerato che devo anche studiare), si riducono al lumicino.
– C’è un giocatore al quale vi siete ispirati, e ai quale vorreste somigliare?
BRIO: Nessuno: seguo tutti, negli exploits come negli errori, e cerco di imparare, prendendo, come si dice, un po’ di buon polline da ogni fiore.
ROSSI: Beh, un calciatore esiste, per il quale da giovanissimo ho fatto pazzie, e del quale, sia pure in sedicesimo, mi sembra di avere qualche caratteristica, e cioè il grande Garrincha; certo che per arrivare soltanto alla sua cintola ne devo ancora mangiare di pagnotte!
ZANONE: Anche per me, come per Brio, non c’è nessuno in particolare al quale mi stia ispirando; per fare un nome, un grosso nome, diciamo Altafini, che fa delle cose stupende con una facilità straordinaria, quella cioè che si chiama classe.
– I vostri genitori, all’inizio della carriera, erano d’accordo con le vostre aspirazioni?
ROSSI: Mia madre non era molto favorevole, soprattutto al pensiero di avermi lontano per tanto tempo, poi si è piegata alla mia volontà, ma la battaglia è stata dura. Devo dire però una cosa, che se ne avesse fatto una questione di vita o di morte, anche se a malincuore avrei rinunciato al calcio.
ZANONE: Mio padre è stato subito contentissimo, anche se un pochino preoccupato per via che, logicamente, avrei dovuto trascurare gli studi.
BRIO: I miei hanno accettato volentieri, anche di più ora che sono in una grossa squadra come la Juve; io però amo così tanto il calcio, che avrei fatto la mia strada anche a costo di litigare. Ma è stato meglio così: d`amore e d’accordo si vive meglio.
– Dovreste elencarmi i vostri pregi calcistici, e poi i difetti che vi riconoscete.
BRIO: Sono ancora esageratamente irruento, faccio cioè troppi falli quando debbo affrontare l’uomo col pallone, ma tutto questo migliorerà senza dubbio con l’esperienza; fra i pregi, in primis la statura, che mi consente una buona elevazione anche da fermo, poi i contrasti e i colpi di testa; comunque bisognerebbe chiederli ai miei istruttori.
ZANONE: Il mio difetto maggiore è la grinta; non sempre la butto nella battaglia come dovrei, fra i pregi diciamo il fiuto del gol, un discreto dribbling e una certa tecnica.
ROSSI: Forse sono un po’ carente nel fisico; per il resto mi difendo bene, ho un buon scatto in velocità e in progressione; sono un buon goleador e anche abbastanza altruista.
– Al momento attuale siete tutti e tre titolari della «Primavera», che è il serbatoio naturale della prima squadra; quali sono oggi le vostre aspirazioni?
BRIO: Per il momento sono contentissimo così, anche perché sono della «rosa» di prima squadra e ho addirittura debuttato, sia pure in incontro amichevole, con la maglia juventina sulle spalle. L’importante per ora è di mantenere le posizioni e avere la completa fiducia del mio allenatore; logico che per l’avvenire abbia traguardi più ampi, ma per adesso, ripeto, sono già soddisfatto.
ROSSI: Ora sono appena guarito dal mio ultimo menisco, e perciò già contento di avere ripreso a giocare; per il prossimo anno si vedrà; a me farebbe enorme piacere essere riconfermato, come pure non mi dispiacerebbe essere prestato a qualche squadra e potere giocare in continuità.
ZANONE: Anch’io per il momento non ho problemi; cerco di dare il meglio di me stesso, in attesa di migliorare.
– Affinché si possa trarre dal vostro gioco una maggiore resa, per voi occorre un allenatore che vi tratti con i guanti, oppure con gli scapaccioni?
ZANONE: Farei una distinzione: in allenamento preferisco un trainer duro, quello che, con le buone oppure con le cattive, spreme da me tutto quanto c`è di buono; ma nello stesso tempo, fuori del campo, che sia un buon padre, che spieghi con le buone maniere cosa pretende da me, dove ho sbagliato, dove posso migliorarmi.
BRIO: Fin da piccolo, a Lecce, sono stato abituato dal mio allenatore Adamo al bastone; è uno che fa filare tutti come dei soldati, e infatti dal settore giovanile leccese sono nati autentici campioni, fra cui l’amico Causio; io mi sono trovato bene, e modestamente i frutti si vedono. Comunque un po’ di savoir-faire non guasta.
ROSSI: Per me l’importante è che l’allenatore abbia personalità, che cioè non stia indifferente, questo mi darebbe tremendamente fastidio; certo che trovare uno che ti carica è senza dubbio un grosso vantaggio.
– Passiamo ora ad alcune domande più... leggere. Parliamo di cine, di TV, di libri, di musica.
ROSSI: Mi piacciono molto i film drammatici, e fra gli attori che preferisco citerei Dustin Hoffman e Katrine Rose, quella del «Laureato». Vedo poco la televisione perché le ore serali le passo davanti a un libro di scuola. Come letture diciamo il mio conterraneo Pratolini.
ZANONE: Fra gli attori Franco  Nero e Marlon Brando. Attrici: Catherine Deneuve.
BRIO: Fra i miei preferiti vi sono i film polizieschi; come attore uno dei migliori è Alain Delon; l’attrice di cui non perdo un film è Laura Antonelli; leggo parecchio, specie giornali e libri che abbiano come argomento la storia.
– Ragazzi, se un giorno vi accorgeste che, malauguratamente, non siete riusciti a sfondare nel mondo del calcio, quale sarebbe la vostra reazione?
ROSSI: Perla mia grande passione non mi allontanerei mai dal calcio, anche se, logicamente, mi sceglierei un altro mestiere, magari tipo bancario o un negozio di articoli sportivi.
ZANONE: Anch’io starei nel giro calcistico, magari in qualche squadretta tanto per giocare la domenica, ma una cosa così, senza impegno.
BRIO: Logicamente cambierei lavoro; è per questo che, non si sa mai, se non dovessi sfondare riprenderei gli studi.
– Un vostro pensiero sugli anziani, in tutti i mestieri.
ZANONE: Indubbiamente bisogna sempre ascoltarli, in quanto c’è sempre qualcosa da imparare, però non è proprio detto che non sbaglino mai. Una cosa saggia, anche se è difficile da concretizzare, sarebbe di prendere da loro solo quello che c’è di buono.
ROSSI: L’esperienza conta veramente tanto, per cui spesse volte la vicinanza di queste persone non può portare che bene. Certo che il calcio moderno si differenzia molto da quello di tanti anni fa, per cui anche i cosiddetti «soloni» possono sbagliare.
BRIO: D’accordissimo: saper scegliere il meglio nel buono che c’è fra i «matusa».
– Cosa pensate di queste cosiddette «contestazioni», che adesso vanno così di moda?
BRIO: Qualche volta servono; altre, come spesso succede fra quelle studentesche, lo scopo principale è quello di... marinare la scuola.
ROSSI: Chi anima e capeggia queste contestazioni è interessato alla cosa, e forse può anche aver ragione, gli altri sono soltanto dei pecoroni.
ZANONE: Soltanto pochissimi le fanno seriamente.
– Come ho già chiesto ai vostri compagni nelle precedenti interviste, vorrei conoscere da voi quanta percentuale ha la fortuna nella carriera di un giocatore.
ZANONE: Indubbiamente la fortuna non basta, occorre avere doti ben precise e soprattutto impegnarsi, lavorare, sudare; è per questo che non assegnerei alla dea bendata più del venti per cento.
BRIO: Giusto quello che ha detto Zanone, però io aggiungerei qualcosa alla fortuna, e porterei la percentuale al 30.
ROSSI: Bisogna sfruttare il momento buono, ma logicamente se non hai le doti non c’è nulla da fare: puoi essere magari fortunato di entrare in campo al posto di un tuo compagno infortunato, ma se poi non sai farti valere, questa «mano esterna» conta poco.
– Cosa chiedete al calcio come vostro avvenire?
ROSSI: All’inizio un po’ di popolarità, poi un buon guadagno per la sicurezza economica mia e dei miei cari.
BRIO: Per ora non chiedo nessun guadagno; l’importante, come già ho detto prima, è dimostrare di saper valere, poi si vedrà; cioè chiedere dopo aver dato.
ZANONE: Per il momento tante soddisfazioni, per l’avvenire vedremo.
– Un’ultimissima cosa: cambiereste alcune regole del calcio, come il fuori-gioco, oppure le espulsioni a tempo, o le porte più larghe, e così via?
IN CORO: No, il calcio è bello così, è sempre stato così, non cambiamolo!
〰.〰.〰
Al contrario dei compagni di intervista, il buon Zanone non avrà mai l’onore di indossare la casacca bianconera della prima squadra. Ma la sua carriera sarà comunque ricca di soddisfazioni, riuscendo a giocare in piazze prestigiose come Empoli, Genova (sponda Samp), Udinese, Perugia, Pescara e, soprattutto, Vicenza, dove tornerà a giocare a fianco di Pablito.
Proprio la sua grande amicizia con Paolino, lo porta a raccontare un curioso episodio: «Ricordo un particolare legato all’82, quando divenne Campione del Mondo ed io ero alla Samp. All’epoca era sposato con Simonetta e lei si trovava qui in Versilia. Guardavamo le partite del Mondiale che per lui era iniziato in modo negativo. Ci telefonava quasi tutti i giorni e lui con la sua simpatia e sincerità disse: “Se continua così, le vacanze bisogna farle di nascosto da qualche parte”. E invece poi Paolo ebbe una trasformazione e fu protagonista assoluto. Diventò difficile trovare un posto tranquillo per lui che era riconosciuto ovunque, era famosissimo dappertutto. Io, come dicevo, giocavo nella Samp e il Presidente Mantovani un giorno mi chiamò invitandomi con Paolo a Cap d’Antibes dove aveva una sua residenza, mi disse che lì avremmo potuto fare una vacanza serena e tranquilla. Andammo in Costa Azzurra e fu un periodo molto bello. Paolo continuava a essere sempre disponibile, speciale e semplice. Ricordo anche che un giorno uscimmo dalla villa per fare un giro nel centro: passeggiando, Paolo trovava persone che lo riconoscevamo ma ci fu anche un episodio davvero curioso. Ci fermarono due belle ragazze che ci chiesero un’informazione. Erano straniere e dissero: “Ma voi siete italiani? Ah voi siete Campioni del Mondo, con Paolo Rossi…”. Ce lo avevano davanti, ma non lo avevano riconosciuto. E Paolo poco dopo se ne uscì con una delle sue battute: “Per una volta che avrei voluto mi riconoscessero, non mi hanno riconosciuto”, disse scherzando».

Nessun commento: