«Sono arrivato che ero un ragazzino con un sogno dentro un borsone più grosso di me. Oggi lascio Torino fra mille emozioni, ma senza alcun rammarico. Quello che provo è semmai gratitudine per aver realizzato quel sogno che da domani continuerò a vivere, anche se lontano da qui».
Le strade della Juventus e di Daniele Rugani – si legge sul sito ufficiale della Juventus – si separano. Il difensore, bianconero dalla stagione 2015/16, dal prossimo anno militerà infatti in prestito per un anno nel Rennes. Si chiude così una storia, quella fra Daniele e la Signora fatta di vittorie, di crescita, di soddisfazioni reciproche. Con noi Rugani ha vinto tanto, 5 Scudetti, 3 Coppe Italia e 2 Supercoppe. E senza mai far mancare impegno, educazione, serietà e amore per la maglia.
Sono 101 le sue presenze totali in maglia bianconera, in tutte le competizioni, per 8033 minuti in campo in questi cinque anni, con sette gol messi a segno (curiosità: le reti in campionato, sei, sono arrivate tutte da calcio piazzato, tre da corner e tre da punizione).
Si chiude quindi un lungo cammino insieme, che parte da lontano, lontanissimo: Rugani è infatti bianconero per la prima volta nel 2012/2013, quando milita nella Primavera, e a fine stagione alzerà la Coppa Italia di categoria.
E nel momento in cui una bella storia si conclude, non possiamo che ringraziarti, Daniele, e augurarti tutto il bene per il prosieguo della tua carriera!
FABIO ELLENA, “HURRÀ JUVENTUS” DEL SETTEMBRE 2012
Un’estate come quella 2012, Daniele Rugani la rivivrà a lungo nella sua memoria. In poche settimane, le emozioni per il giovanissimo ragazzo toscano nato a Sesto di Mollano (Lucca) si sono succedute una dietro l’altra. L’approdo alla Juventus e la convocazione per il ritiro estivo. Gli allenamenti a Châtillon e l’esordio nell’amichevole di Saint Vincent la partecipazione a tutte le amichevoli internazionali e i 18 anni celebrati (lo scorso 29 luglio) con tutti i campioni bianconeri. La sfida in famiglia di Villar Perosa disputata da titolare con la Prima Squadra e la possibilità di giocare al Meazza, contro il Milan, nel Trofeo Berlusconi. Ma soprattutto la partecipazione al viaggio in Cina e la Supercoppa vinta e festeggiata nello spogliatoio di Pechino.
Non male per un ragazzo che, solo a maggio, scendeva nelle strade della sua Toscana per gioire della conquista del 30° Scudetto. Sì, perché Daniele il bianconero ce l’ha da sempre nel sangue: «Tutta la mia famiglia è juventina e nella zona in cui sono cresciuto, in provincia di Lucca, ci sono tantissimi tifosi bianconeri. Inutile dire che per me, essere qui, è il coronamento di un sogno. Pochi mesi fa giravo per le strade della mia città urlando i nomi de campioni della Juventus e in queste ultime settimane mi sono potuto allenare quotidianamente con loro. Un’estate come questa difficilmente la dimenticherò».
Una passerella, ma non solo. Giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, Rugani si è conquistato la fiducia dello staff tecnico e l’apprezzamento dei compagni più esperti, che per lui sono stati generosi di consigli. «Fin dal primo giorno ho cercato di imparare dai grandi difensori che ci sono qui alla Juve, da ognuno ho provato a catturare i loro segreti. Per esempio ho osservato Bonucci come imposta il gioco o Lucio come marca l’uomo. Ho guardato da vicino campioni come Cáceres, Barzagli e Chiellini. Tutti mi hanno dato preziosi suggerimenti e mi hanno aiutato a crescere dal punto di vista tecnico e tattico. Senza dimenticare i consigli di Conte e di Carrera, che è stato un grande difensore».
– Un ex grande difensore, Marco Baroni, ti aspetta in Primavera.
«Anche dal mister avrò sicuramente tanto da imparare. Quando mi aggregherò alla Primavera cercherò di portare con me tutte le cose positive assimilate in quest’ultimo periodo, mettendoci la giusta voglia e l’umiltà e non certo la presunzione per aver potuto vivere un’esperienza così. Sono già concentrato e determinato per la stagione. Ci aspettano tante competizioni importanti, non vedo l’ora di affrontarle. In particolare la NextGen, un torneo tosto che ci darà la possibilità di affrontare squadre molto preparate e con mentalità e cultura diverse dalla nostra».
– L’anno scorso eri a Empoli ed eri avversario dei bianconeri. Cosa ricordi dei tuoi nuovi compagni?
«La Juventus aveva una delle formazioni Primavera più forti e attrezzate. Ha vinto Viareggio, ha raggiunto la finalissima dì Coppa Italia e le finali scudetto. Con alcuni dei miei nuovi compagni ho avuto modo di fare conoscenza già a Châtillon e con gli altri ci sarà tempo nelle prossime settimane».
– Per presentarti ai tuoi nuovi tifosi, puoi descriverti come giocatore?
«Gioco come difensore centrale, un ruolo che ricopro oramai da otto anni, cioè da quando sono approdato all’Empoli. Sono sempre stato piuttosto alto e questo ha spinto i miei tecnici ad arretrarmi da centrocampista, ruolo che ricoprivo una volta, a centrale difensivo. I punti di forza sono la concentrazione, il senso della posizione e il colpo di testa».
– E Daniele Rugani fuori dal campo? Hai delle passioni particolari?
«Adoro il mare e la pesca. Oltre al calcio sono appassionato di tennis e il mio giocatore preferito è Roger Federer Per il resto sono un ragazzo normale, a cui piace passare il tempo libero con gli amici. Certo da ora la mia vita avrà un bel cambiamento. Per me questa a Torino sarà la prima vera esperienza fuori casa. Non sono abituato a stare lontano dai miei familiari, ma sono tutti entusiasti e orgogliosi di questa svolta e mi staranno vicini. So che ci saranno momenti difficili, però mi aiuteranno a crescere come calciatore e uomo».
– Se il buon giorno si vede dal mattino, sarà una bella stagione.
«L’inizio è stato decisamente buono. Il mio obiettivo è fare un bel campionato, ma soprattutto di continuare a crescere e la Juventus è l’ambiente giusto per fado. Inoltre spero di poter far bene anche con la Nazionale, visto che quest’anno ci saranno gli Europei».
– Per chiudere, un piccolo quiz. Se ti dico Alessandro Birindelli?
«È toscano come me, ha giocato a Empoli ed è stato un grande calciatore della Juve. Se qui non ha vinto tutto sicuramente ci è andato vicino. Riuscire a fare una minima parte di quello che ha fatto lui, per me sarebbe già una grande cosa».
DAVIDE ROVATI, JUVENTIBUS DEL 27 GIUGNO 2018
Daniele Rugani, 24 anni da compiere a luglio, veste la casacca bianconera da un triennio: un tempo di permanenza sufficiente per abbozzare un bilancio della sua esperienza, sollecitato tra l’altro da voci di mercato sempre più insistenti.
Acquistato già nel 2012 e messosi in buona luce nella Primavera di Baroni, approda definitivamente a Torino nell’estate 2015, dopo due anni sensazionali con l’Empoli (conditi da una promozione). L’investitura è unanime: Rugani è il miglior difensore centrale italiano fra i giovani, impressionante per maturità e limpidezza negli interventi, come testimoniato anche dalla stagione d’esordio in massima serie chiusa senza una sola ammonizione in 3420’.
La prima stagione in bianconero è durissima. Rugani gioca la prima da titolare a dicembre, in Coppa Italia, e deve aspettare gennaio per inanellare due presenze di fila. A differenza di altri giovani difensori in giro per l’Europa – il riferimento è soprattutto ai quasi-coetanei Umtiti e Varane – appare subito chiaro che a Rugani non è concesso di sbagliare per imparare. Anzi, la cura Allegri prevede panchine persino dopo le poche prestazioni davvero convincenti, come il delicatissimo subentro a freddo nel big match casalingo contro il Napoli (sì, Zaza 88’).
Il talentino bianconero appare disorientato, insicuro, nel pieno di una involuzione tecnica e tattica il cui nadir è la disastrosa partita di San Siro in Coppa Italia (0-3 per l’Inter e qualificazione strappata ai rigori).
In primavera Rugani riesce a rialzarsi e trovare finalmente un po’ di continuità, complici anche gli infortuni a Chiellini e Caceres. Il buon finale di campionato fa ben sperare per la stagione successiva. In realtà in estate la società investe su Benatia per completare il reparto e Rugani si ritrova di nuovo in fondo alle gerarchie.
Esordisce solo a fine settembre, si infortuna subito dopo e torna titolare solo nel mese di novembre, in tempo per una grande partita in marcatura sullo scatenato Belotti e per prendere parte alla disfatta di Doha. Con la squadra che avanza fino alla finale di Champions, Rugani non gioca nemmeno un minuto nella fase a eliminazione diretta e non può dire la sua nemmeno nell’ampio turnover applicato da Allegri al reparto difensivo in campionato, perché un nuovo infortunio lo tiene fuori dai giochi fino a fine stagione.
L’ultima annata è sotto gli occhi di tutti. Rugani gioca tanto, rompe per la prima volta in bianconero la barriera dei 2000’, ma non dà mai la sensazione di aver guadagnato terreno nelle gerarchie del mister. In panchina nei 180’ contro Tottenham e Real Madrid, in panchina in entrambi i big match di campionato contro il Napoli, in panchina persino per semifinali e finali di Coppa Italia. Quando conta, Allegri sceglie sempre Benatia, o persino Barzagli.
Questa la cronistoria. E allora cosa abbiamo imparato su Daniele Rugani in questi tre anni?
Innanzitutto che non è un difensore appariscente. Non sarà mai quello che si butta a corpo morto per deviare un tiro diretto all’angolino, né quello che lascia il segno dei tacchetti sull’uomo più carismatico degli avversari. Rugani è un giocatore estremamente lineare, che si esalta nei contesti organizzati e talvolta sembra un po’ spaventato dal disordine.
Forse questa caratteristica lo ha limitato nel suo ambientamento a Torino. Alla Juve il difensore centrale è un ruolo rivestito di una patina di epica, è il ruolo di chi sa essere eroe. Ma lo straordinario non si addice a Rugani.
Scendendo nei dettagli tecnici di questa narrazione, la Juve richiede un forte contributo individuale ai propri difensori, chiamati a farsi valere nella marcatura a uomo, a seguire il proprio istinto per rompere la linea, ad aiutare il compagno che compie una sbavatura. Rugani ha dimostrato talvolta di soffrire quelle situazioni in cui difendere di sistema non è sufficiente a cavarsela, come la marcatura di giocatori forti fisicamente e bravi a usare il corpo (ricordiamo tutti le magre figure con Galabinov) oppure la gestione di ampie porzioni di campo alle proprie spalle senza il ricorso alla trappola del fuorigioco.
La linearità è propria di Rugani anche nella fase di gestione del pallone. Non parliamo certo di un Bonucci o di un Chiellini, entrambi protagonisti nella costruzione dell’azione con le rispettive peculiarità – il lancio lungo e la percussione palla al piede. Rugani è un difensore moderno, dotato di buon piede destro e con il chip del gioco di posizione installato da Sarri. Si tratta quindi di un centrale che cerca sempre il gioco corto e verticale ed è in grado di rompere le linee di pressione avversaria, anche con passaggi di prima intenzione.
Analogamente a quanto scritto per la fase difensiva, non si può purtroppo dire che questa caratteristica si sposi bene con lo sviluppo del gioco della Juventus di Allegri. Una squadra che sembra refrattaria alla costruzione centrale e verticale, che esce sempre dalle vie laterali e che richiede ai centrali una circolazione paziente e periferica.
Quando porta il pallone, tante volte ho notato nella postura di Rugani un atteggiamento di indecisione, come se ogni tocco in più aumentasse l’ansia per la scelta successiva da compiere. E così, nonostante avanzi sempre, in modo quasi didascalico, a testa alta, è difficile associare il suo incedere all’eleganza: piuttosto sembra sempre che la palla gli scotti fra i piedi.
Quanto detto finora può sembrare un giudizio negativo sul calciatore da parte mia. E devo ammettere che, in caso di riconferma, non vedo come Rugani possa rappresentare più di un buon rincalzo per la Juve dell’anno prossimo.
Credo che in questi anni sia maturato come giocatore, se non altro perché si è ritrovato a confrontarsi con palcoscenici e pressioni incredibili, ma non direi invece che sia migliorato.
Proprio come guardare da vicino Nels Cline che suona la chitarra non ti rende un grande chitarrista, non è bastato a Rugani allenarsi con alcuni dei migliori marcatori al mondo per imparare l’arte. In definitiva, lo staff non è riuscito a colmare i (pochi) difetti tecnici del 21enne arrivato alla Juve nel 2015.
E così Rugani non si è mai scrollato di dosso una vaga sensazione di insicurezza, o meglio di timidezza. Del resto il numero esiguo di grandi partite giocate in questi anni parla chiaro: a certi livelli, Rugani non è ritenuto affidabile.
Inoltre l’anno prossimo non lo aiuterà certo l’integrazione di Caldara, suo coetaneo ma con caratteristiche molto più adatte al sistema difensivo della Juve e in generale un’impostazione meno scolastica e più aperta al gioco “sporco”.
Rimango però convinto che il talento di Daniele Rugani sia indiscutibile, anche se magari non universale poiché basato più su mezzi tattici che sulla superiorità fisica e tecnica e quindi penalizzato dal contesto non ideale che ha trovato a Torino. Se dovesse rimanere in rosa, si tratterebbe comunque di un difensore classe ‘94, con una carriera lunghissima di fronte: un asset prezioso per la società, al di là di questo progetto tecnico che lo vede ai margini e che ne ha evidenziato i difetti più che i pregi.
Se invece le voci di mercato trovassero conferma, occorrerà prendere atto che un suo trasferimento potrebbe essere la soluzione ideale sia per il giocatore che per la società. A malincuore, per quel che poteva essere e non è (ancora?) stato.
MILENA TRECARICHI, JUVENTIBUS DEL 20 AGOSTO 2020
Adaline Bowman è miracolosamente rimasta una giovane di 29 anni, per quasi otto decenni. Cosa hanno in comune Adaline e Daniele Rugani? Il difensore toscano classe ‘94, è approdato alla Juve nell’estate del 2015, come uno dei migliori giovani talenti italiani in circolazione. Facendo un bilancio dei suoi cinque anni di militanza, non si può non notare come le stimmate della “giovane promessa” non siano state rispettate. O meglio, Rugani viene ancora considerato giovane, nonostante i 26 anni vengono di norma considerati come l’età della maturazione calcistica.
“È giovane, deve crescere. Chiellini e Bonucci gli faranno da “chioccia”, tutte frasi che si sono ripetute nel corso degli anni. Frasi che hanno “autoconvinto” Rugani di essere sempre il ragazzino giovane da tutelare, da tenere in panchina e far giocare quando mancano i titolari.
Questa sindrome “dell’eterna giovinezza” che attanaglia il difensore bianconero è stata un pesante limite che ha bloccato bruscamente il suo processo di crescita tecnico e mentale. Più sono passati gli anni, più le presenze in campo di Rugani sono diminuite. Persino in quest’ultimo anno, con Sarri, l’allenatore che l’aveva lanciato a Empoli e con cui si era visto il suo meglio, Rugani il campo l’ha visto veramente poche volte.
La stagione 2019/20, si è conclusa per lui con 14 presenze totali, di cui tre da subentrato, un bottino decisamente scarno. “Per avere un futuro insieme, bisogna invecchiare insieme. Senza di questo l’amore diventa solo sofferenza”. A tal proposito, viene da chiedersi se non sia veramente il caso per Rugani, di lasciare la Juve, divenuta ormai la sua confort zone, e di spiccare il volo verso altri lidi che gli permettano finalmente di crescere, assumersi maggiori responsabilità, in poche parole: diventare grande. Invecchiare non è poi così brutto, Adaline nel film l’aveva capito, Rugani chissà.
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