martedì 9 giugno 2020

Orlando URBANO

 

MAURIZIO TERNAVASO, “HURRÀ JUVENTUS” DEL MAGGIO 2004
«Ho uno stimolo in più, per arrivare il più in alto possibile nel mondo del calcio: vorrei dare ai miei genitori, in particolare a mio padre che dalla nascita convive con un problema fisico, tutte le soddisfazioni che lui avrebbe dato a noi, se solo avesse potuto».
Orlando è un ragazzo posato e sensibile, oltre che un tipo che sa il fatto suo, sicuro in campo come nella vita di tutti i giorni. «Sono nato in un paese sulle colline di Caserta nel giugno del 1984, ho una sorella e un fratellino di soli cinque anni che è la mia mascotte. Papà ha una piccola azienda, la mamma fa la casalinga e gli dà una mano in ufficio».
Gli inizi calcistici sono andati di pari passo con l’attività di allenatore dello zio. «L’ho seguito in ogni società dei dintorni nella quale di volta in volta ha prestato la sua opera, e sicuramente gli devo moltissimo».
A 14 anni, dopo diversi provini e qualche torneo disputato in prestito con la maglia bianconera, il sogno si è realizzato. »Sono arrivato a Torino grazie all’interessamento di Ceravolo, e nel capoluogo subalpino, in questi sei anni, ho vinto tantissimo».
Per comodità, riassumiamo noi il suo palmarés: fase finale del campionato Giovanissimi Professionisti all’esordio, semifinale nel campionato italiano Allievi, scudetto con la Berretti, due tornei di Viareggio consecutivi. E quest’anno la Primavera è ancora in piena lotta per lo scudetto di categoria... «Certo, gli inizi non sono stati facili: ritrovarsi da soli a mille chilometri da casa non è una cosa semplicissima: per fortuna la società e i compagni mi sono sempre stati vicini. Adesso vivo in un appartamento dalle parti dello stadio Comunale e frequento la facoltà di scienze motorie dopo aver conseguito regolarmente la maturità: lo faccio con il massimo scrupolo, è sempre meglio avere un paracadute nel caso le cose non girassero al meglio».
Al di fuori del rettangolo di gioco, Orlando è un ragazzo come molti altri. «Non voglio trascurare nulla, non penso soltanto al calcio, cerco di dare il giusto valore alle cose di tutti i giorni. Appena posso torno a casa dai miei, qualche volta la società e il mister mi concedono un giorno di permesso supplementare proprio in considerazione della distanza da Caserta. I miei hobby? Lo sport in genere, in particolare il beach volley e il nuoto da praticare, e tutti gli altri da seguire in televisione e sui giornali».
Come raccontano i compagni, la grinta e la generosità non gli mancano: Orlando è uomo da spogliatoio che sa spronare i compagni nei momenti difficili e che si fa in quattro quando qualcuno di loro gli chiede una mano. Urbano e i suoi idoli calcistici, Urbano e le sue caratteristiche migliori. «Mi piacciono, mi ispiro e sogno di emulare almeno in parte i miei conterranei Ferrara e Cannavaro e un campione come Maldini. Per quanto mi riguarda, mi sento particolarmente a mio agio al centro della difesa, ma quando si gioca a tre posso giostrare senza problemi pure come laterale. Calcio indifferentemente con entrambi i piedi, anche se sono un destro naturale, ho una buona elevazione, una discreta tecnica e non mi fa difetto la grinta. L’esperienza mi aiuterà a far mie tutte quelle malizie che servono a fare di un giovane un calciatore vero».
Orlando, che vanta diverse presenze nelle nazionali giovanili, ha già al suo attivo qualche convocazione con la prima squadra. «Ho indossato la maglia azzurra delle rappresentative under 15, under 16 e under 17. Il brutto incidente alla caviglia di due stagioni fa ha momentaneamente interrotto un rapporto con la nazionale che spero di riprendere al più presto. Con Lippi invece ho sostenuto diversi allenamenti, e in occasione della finale di coppa Italia con la Lazio sono andato in panchina».
Nella stagione in corso il difensore campano, assistito dalla Gea di Alessandro Moggi, ha messo in mostra una continuità non indifferente. «All’inizio dello scorso campionato ho fatto un po’ di panchina, mentre nelle fasi finali ho sempre bollato la cartolina; al Viareggio, invece, qualche volta ho lasciato spazio a Cassani e Piccolo, i prestiti che la Juve si era assicurata solo per il passato torneo. Quest’anno spero di aver ricambiato la fiducia che la società ha avuto in me, ma anch’io nel mio piccolo forse mi sono espresso un po’ meglio».
E i risultati si sono visti: dopo la vittoria al Viareggio, è arrivato anche il successo della coppa Italia di categoria, l’ennesimo prestigioso trofeo per una carriera che si preannuncia brillante. Gasperini e Chiarenza, due timonieri per altrettanti stagioni della Primavera: con chi dei due ti sei trovato meglio? «Una risposta sintetica, ma sincera: sono entrambi grandi uomini e ottimi allenatori, con loro non ho mai avuto problemi di alcun tipo».
Una domanda classica, a questo punto della stagione, per gli elementi i quali, per ragioni anagrafiche, l’anno prossimo abbandoneranno la categoria: Orlando, cosa c’è per te dietro l’angolo? «Il mio futuro è nelle mani della società, e la cosa mi va benissimo. Spero di percorrere le strade più brevi, ma anche le più formative, verso il professionismo. Non so se finirò in serie B o in C, in fondo poco importa: ciò che conta è fare esperienza in squadre che credano in me e che mi consentano di mettermi in luce, in modo da arrivare il più in alto possibile. Papà ci terrebbe tantissimo, io pure...».

ROBERTO BORDI, PALLONINFUGA.WORDPRESS.COM DEL 25 AGOSTO 2015
Estate 2006. Marcello Lippi si carica sulle spalle la Nazionale e la trascina alla vittoria del Mondiale tedesco. Negli stessi giorni, la “sua” Juventus viene condannata alla serie B dalla giustizia sportiva: è lo scandalo di Calciopoli, con protagonista indiscusso Luciano Moggi. Tutti i tifosi italiani sono ebbri di gioia. Anzi, non proprio tutti. Il cielo sopra Torino non è azzurro, ma grigio. Lo scandalo di Calciopoli ha sconvolto i tifosi della Juventus. I bianconeri, per la prima volta nella loro storia, subiscono l’onta della retrocessione in serie B.
In corso Galileo Ferraris si opta per una rivoluzione tecnica. La ghigliottina fa vittime eccellenti: Cannavaro, Zambrotta, Vieira. Ibrahimovic e Fabio Capello. Tanti rimangono: Buffon, Camoranesi, Nedved. Alessandro Del Piero e Trezeguet.
La discesa nella serie cadetta è un (mezzo) disastro. Ma al tempo stesso un’occasione d’oro per incoraggiare il passaggio in prima squadra dei migliori ragazzi del vivaio. I nomi sono tanti. Paro, De Ceglie, Bianco, Marchisio, Giovinco… Guardando nella rosa juventina di quella stagione, tutti hanno la propria voce su Wikipedia. Tutti.
Tutti tranne uno: Orlando Urbano. Ruolo: difensore centrale.
Nel 2006, quando viene aggregato alla prima squadra della Juventus, Urbano ha alle spalle già due stagioni e quattro squadre tra i professionisti: tre in serie C e una in B (con la maglia del Catanzaro), per una trentina di presenze complessive. Il ragazzo, nativo della provincia di Caserta, rispetto ai suoi coetanei ha questo vantaggio non indifferente. Ma non basta. Nelle gerarchie stilate da mister Deschamps, prima di lui trovano posto difensori più o meno esperti. Non solo gli scafati Birindelli, Kovac, Boumsong, Zebina e Legrottaglie, ma persino Felice Piccolo, oltre al già citato Chiellini.
Il 27 agosto Urbano segue dalla panchina la sfida di Coppa Italia contro il Napoli. 2-2 nei tempi regolamentari, 3-3 nell’extra-time. Ai rigori Balzaretti commette l’errore decisivo. La Juventus, che con la Coppa nazionale non ha mai avuto un bel rapporto, la saluta senza rimorsi. La testa va al campionato, dove anche Orlando Urbano vorrebbe giocarsi le sue carte. Ma non c’è niente da fare. Per lui nella Juventus non c’è spazio e a fine stagione le loro strade si separano.
La “Fidanzata d’Italia” torna in A, mentre Urbano rescinde e firma per il Potenza.

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