Socio fondatore e presidente – scrive Renato Tavella sul “Dizionario della grande Juventus” – firmatario della nascita dello Sport Club Juventus e avanti titolare della squadra campione d’Italia 1905. Redattore assieme a Donna del bollettino societario “Sport”, nel 1907 viene eletto alla presidenza al posto dello svizzero Dick, incarico che l’ingegner Varetti porta avanti con grande juventinità fino al 1910, anche vendendo di persona i biglietti delle partite.
“HURRÀ!” MARZO 1919
Entrò in carcere e finì... Cavaliere, mentre di solito sono i Cavalieri che finiscono in carcere.
Adesso si chiama Ing. Varetti Cav. Vittorio, prima non aveva generalità ben precisate; lo avevano battezzato con un’infinità di nomi, uno dei quali lo spinse, come un presagio, verso l’idraulica, nella quale debuttò come Ingegnere.
Sorvoliamo, questo argomento gli è sempre spiaciuto e non è prudente insistervi; una volta si rischiava un pugno, adesso potrebbe capitare di peggio: dalle mani si potrebbe passare alle manette.
Per lo Sport nutriva una passione esagerata, divorava giornali e riviste con una voracità da struzzo. Era l’annuario vivente: date, campioni, premi, venivano fuori a semplice richiesta; non gli mancava che il cartellino: « Introducete una moneta... ecc. » e la tendenza a non funzionare, per essere una perfetta macchinetta.
Con questi miraggi per il capo e con un debole per gli eroi di Dumas v’immaginate facilmente che razza di fervore sportivo bollisse in petto al futuro Cavaliere.
Per questo lo prendevano anche un pochino in giro: Gibezzi, per esempio, se ne permetteva di quelle..., finchè un bel giorno il tenace Varetti dopo tre mesi di occulto allenamento in un occulto paesello della Valle di Susa, ritornò con un bicipite rispettabile che sottopose alla sociale considerazione; da allora... trac!
Ci sono dei bicipiti che portano jettatura, per esempio l’aquila austriaca; quella di Varetti invece portò fortuna.
A palpeggio finito, fu eletto Presidente.
Ed era giusto: anzitutto aveva il più bel paio di baffi della Juventus, con buona pace di Gibezzi che si spiluccava inesorabilmente quattro peli, biondicci per giunta, e poi possedeva l’à plomb necessario.
Mancava, forse, per le solenni occasioni dell’eleganza voluta. Carattere eminentemente focoso, non s’attardava in certe piccolezze: gli saltava subito la mosca al naso, il sangue gli montava alla testa ed anche la cravatta.
Ah! La cravatta!... Era il cauchemar di Malvano. Per fortuna della « Juventus » c’era sempre lui a dargli quel tocco sapiente, quel non so che atto a mettere il nostro Presidente all’altezza della situazione.
Non dunque nelle sale rifulgeva il nostro Varetti, sibbene all’aria libera, nella semplice ed elegante divisa juventina. Veramente la linea era un po’, come dire ?... un po’ uniforme, a causa dei polpacci, ma nel complesso, dato lo sviluppo toracico e quel famoso bicipite, non c’era poi malaccio. Per rimediare a quella maledetta deficienza, praticò tutti gli Sports: nuoto, remo, pallone, pattinaggio, foot-ball, e, checchè ne dicano i maligni, poteva riuscire molto peggio.
Difettava forse di colpo d’occhio, alcuni sostenevano per debolezza di vista, ma ciò non è provato. Non c’è da ridere! Che abbia scaraventato un giorno ad un socio che lo insolentiva un proiettile attraverso un vetro della finestra, non prova affatto che non avesse visto il vetro, ma provava bensì la nettezza della nostra prima Sede sociale.
Ad ogni modo, avendo egli pagato L. 1,54 per i danni, l’affare è liquidato, e non è di buon gusto insistervi.
Da parecchi anni s’è appartato dalla vita sportiva. Sfido, direte voi, data la sua fine... Ah, già! Mi ero dimenticato di dirvi ch’egli è Ingegnere addetto, semplicemente addetto, alle carceri, Del resto, si occupa anche di manicomi, forse per la grande esperienza acquistata nella Juventus,
Eran però dei bei matti! E si ricordano con nostalgia, vero Varetti?
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