Un gradito ritorno in bianconero quello di Casati – scrive “Hurrà Juventus” dell’agosto 1965 – dopo due anni di permanenza nelle file del Potenza. Due anni tremendamente veritieri per il forte terzino di Treviglio, che in Serie B nel ruolo congeniale di terzino destro praticamente non ha avuto rivali. Una prova del fuoco dunque che ci voleva: la Serie B non ha mezze misure, o stronca o valorizza. Domenico Casati al momento della sua cessione al Potenza, in verità, temeva il peggio. E i motivi erano intuibili. Mettetevi nei suoi panni. Affermatosi tra i giovani di Rabitti, come mediano laterale, nella stagione 1961-62 veniva improvvisamente chiamato alla ribalta della prima squadra da Parola. In vista di Juventus-Atalanta (1-1), Parola fu visto aggirarsi come un esagitato per le vie del centro di Torino. Andava monotonamente ripetendo: «Domenica mi manca un terzino. Non ho Castano e neppure Leoncini è in grado di giocare. Dovrei tentare un giovane. Ma chi?» Parola poi si decise per Casati nel ruolo di terzino sinistro e il suo compito era quello di neutralizzare Da Costa, ora diventato compagno di squadra. Casati fece del suo meglio e superò brillantemente l’esordio. Ancora nella stessa stagione, contro il Bologna, fu in campo, questa volta come mediano, e poi fu accantonato.
Nato a Treviglio il 21 giugno 1943, Casati aveva sostenuto impavido due esordi probanti a soli diciotto anni! C’era di che ringalluzzirsi. Poi invece la sua stella levante improvvisamente si offuscò. Venne Paul Amaral e, malgrado che il tecnico brasiliano vedesse di buon occhio i giovani, Casati non ebbe più l’occasione di fare ritorno in prima squadra. Nell’annata, perciò, si limitò a lottare durante gli allenamenti infrasettimanali con il suo amico-avversario Gino Stacchini, dando vita a duelli piuttosto coloriti.
Nato a Treviglio il 21 giugno 1943, Casati aveva sostenuto impavido due esordi probanti a soli diciotto anni! C’era di che ringalluzzirsi. Poi invece la sua stella levante improvvisamente si offuscò. Venne Paul Amaral e, malgrado che il tecnico brasiliano vedesse di buon occhio i giovani, Casati non ebbe più l’occasione di fare ritorno in prima squadra. Nell’annata, perciò, si limitò a lottare durante gli allenamenti infrasettimanali con il suo amico-avversario Gino Stacchini, dando vita a duelli piuttosto coloriti.
Tutto il male non doveva venire per nuocere. Casati, oramai sciolto ogni dubbio fra il ruolo di mediano e di terzino, poté acquisire nozioni di prim’ordine, come difensore, dovendo sempre controbattere una prima linea che non scherzava. In difetto come statura e peso, riuscì anche a “allungarsi”, a farsi un atleta di vaglia malgrado che tutti i dirigenti bianconeri lo ritenessero un “piccoletto”. Più volte, per scommessa, fu posto all’esame altezza e incredibilmente risultava più alto di Sivori! L’occhio inganna. Eccome! Casati, per celia, si limitava a dire che forse anche alla Juventus, come alla Trevigliese, avevano il complesso Facchetti. Sì, perché Casati alla Trevigliese fece proprio coppia con il gigante dell’Inter!
Casati così passò al Potenza, promosso in Serie B, con parecchio scetticismo. Sul suo valore indomito ci contava, fuor discussione, ma una squadra del Sud, per di più rifatta ex novo, poteva anche naufragare di fronte alle prime difficoltà della nuova categoria. I timori dovevano poi dimostrarsi del tutto infondati: il Potenza di Rubino, nell’arco di due anni, per poco, non compiva il miracolo di passare addirittura nella massima categoria. E Domenico ci mise più di una pietra nella costruzione del bell’edificio calabrese.
Dotato di scatto, fortissimo nel tackle, Casati interpreta il ruolo di terzino in senso fluido. Nell’appoggio vengono così in evidenza i requisiti propri a un giocatore eclettico. Farà sicuramente bene.
Nonostante il buon giudizio del giornalista della testata ufficiale bianconero, l’avventura di Casati a Torino non proseguirà. Infatti, sarà ceduto nella stessa estate del 1965 all’Atalanta e non farà più ritorno.
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