Il tifoso bianconero fa la conoscenza di Alessandro il 26 settembre 2010: la Juventus di Gigi Delneri affronta il Cagliari di questo centravanti che tanto sta facendo bene nell’isola. Per la verità, gli occhi del supporter juventino sono tutti per Milos Krasić che sta incantando sotto la Mole. Ed è proprio il serbo, con una fantastica tripletta, a regalare la vittoria alla Vecchia Signora: risultato finale 4-2 e le due reti dei cagliaritani sono firmati proprio da Alessandro Matri.
Gennaio 2011: la Juventus è alla ricerca di un attaccante, avendo perso Quagliarella per un grave infortunio. La dirigenza pensa subito a questo ragazzone milanese che tanto aveva impressionato in quella partita all’Olimpico. Ale diventa così bianconero ed esordisce con la nuova casacca numero 32 a Palermo: Juve sconfitta per 1-2 e poche cose positive da segnalare. «A essere sinceri – confessa – non mi è mai piaciuta l’idea di muovermi a gennaio. Inizi la stagione con una società, in cui magari ti sei già ambientato e ti trovi a cambiare in fretta e furia… Venire alla Juve, però, è l’occasione della vita, per cui vale la pena fare un’eccezione. Un po’ di “paura”, rigorosamente tra virgolette, c’è. La notte successiva alla firma ho dormito poco, quindi ho avuto tempo per pensarci. Mi chiedevo “A cosa vado incontro?”. So di arrivare in una grande squadra, dove trovo molte più pressioni, perché ci sono aspettative su di me e sono stati fatti investimenti importanti. Però c’è anche l’entusiasmo, la voglia di mettermi in gioco».
Ma già dalla domenica successiva Mitra Matri, come presto viene soprannominato, ha motivo di esultare. Anzi, i motivi sono due come le reti che rifila al “suo” Cagliari. La terza marcatura è di Luca Toni, anche lui arrivato nel cosiddetto mercato di riparazione.
I tifosi (e anche le tifose, poiché Ale è tutt’altro che un brutto ragazzo) cominciano ad apprezzare questo centravanti che ha grandi doti fisiche ma anche una tecnica di base per niente male. In più, e questo non guasta mai, anche una certa dose di coraggio che è fondamentale per un attaccante dicasi di razza.
L’appuntamento con la gloria (anche se effimera in quel campionato che vedrà la Juventus piazzarsi settima per il secondo anno consecutivo) è fissato per domenica 13 febbraio: va in scena il Derby d’Italia ovvero Juventus-Inter. È l’Inter che ha appena conquistato il “triplete” e, anche senza il suo condottiero Mourinho, è una squadra che incute timore. Ma non a quella Juve che gioca veramente bene e che mette in difficoltà i nerazzurri. Alla mezzora del primo tempo la svolta: cross del giovane danese Sørensen (autentica rivelazione di quel campionato) e zuccata precisa di Matri a infilare Julio Cesar. È il gol della vittoria e per Ale la definitiva consacrazione. «Come racconterò ai miei nipotini questa partita? Potrei iniziare dai gol sbagliati… Quel colpo di testa in avvio di ripresa mi è “rimasto qui”, perché ho colpito bene e pensavo davvero di aver segnato».
Si prosegue: doppietta con il Cesena, altre reti con Roma, Genoa, Chievo e Napoli nell’ultima giornata del campionato 2010-11. Alla fine 16 partite e 9 gol, da aggiungere agli 11 segnati con il Cagliari e a quello realizzato in maglia azzurra contro l’Ucraina. Non male davvero!
Si parte per una nuova stagione: ovviamente Ale è titolare fisso nello schieramento disegnato da Antonio Conte, neo allenatore juventino. Il gioco dell’ex capitano bianconero prevede che gli attaccanti facciano tantissimo movimento e siano i primi a portare il pressing sui difensori avversari. Non solo, devono creare gli spazi per gli inserimenti dei centrocampisti, in particolare Vidal e Marchisio. Va da sé che Ale si trovi sempre meno vicino alla porta avversaria e che, quando capita, le energie e la lucidità non siano a livello massimo per mettere il pallone nel sacco.
Nonostante tutto ciò realizza 6 reti, l’ultima nel 3-3 del 29 novembre a Napoli. Poi, timbra nuovamente il cartellino il giorno della ripresa del campionato: 8 gennaio 2012, Lecce-Juve 0-1, sua la rete decisiva. Una doppietta contro l’Udinese, venti giorni dopo, sotto la neve e poi la partita di San Siro contro il Milan Campione d’Italia.
È il match del famoso “gol di Muntari” non visto da arbitro e guardalinee. Il Milan era passato in vantaggio grazie a una sfortuna autorete di Bonucci e il punto del giocatore ghanese avrebbe portato il punteggio sul 2-0 per il Diavolo. Niente da fare, si resta sul risultato di 1-0 e, nella ripresa, un gran tiro al volo di Matri (su splendido cross di Pepe) rimette tutto in parità. Da quel momento, la Juve prende il volo verso lo scudetto. I rossoneri, invece, piangendosi addosso su quello che avrebbe potuto essere se fosse stato convalidato quel gol, regalano punti a destra e a manca, fallendo il bis tricolore.
Partita decisiva anche per Ale, in negativo però. Infatti, dopo quel 25 febbraio non è più capace di ritrovare la via della rete. Logico che Conte cominci a trovare alternative nel reparto offensivo: prima Quagliarella (perfettamente ripresosi dall’infortunio della stagione precedente), poi Borriello (arrivato a gennaio) occupano il posto in attacco accanto all’inamovibile Vucinić. Alla fine del campionato, Ale può festeggiare il primo scudetto in carriera e le 10 marcature totali.
Ma il lungo digiuno ha spezzato qualcosa in lui. La fiducia in se stesso comincia a scemare e anche i tifosi cominciano a dare segni di insofferenza. E non andrà meglio nella stagione 2012-13, nonostante un nuovo scudetto. Realizza la prima segnatura stagionale nel 4-1 contro la Roma di Zeman (il 29 settembre) e poi una lunghissima pausa, fino alla doppietta contro il Cagliari (21 dicembre) che, a quanto pare, continua a portargli fortuna. Partita giocata a Parma, non essendo agibile il campo degli isolani. Juve in svantaggio, dopo aver fallito anche un calcio di rigore con Vidal. Ci pensa il nostro a riportare la partita sui binari giusti, prima della rete della sicurezza di Vucinić.
In gol anche contro l’Udinese e 3 reti consecutive: Chievo, Fiorentina e a Glasgow contro il Celtic, in Champions League. Ale si sblocca, finalmente: realizza ancora contro il Celtic nel retour match e, soprattutto, nell’importantissima sfida di San Siro contro i nerazzurri. È il pomeriggio del 30 marzo: Quagliarella segna dopo pochi minuti ma a inizio ripresa Palacio, dopo uno splendido scambio con Cassano, buca Buffon. Tutto da rifare. Quarto d’ora della ripresa: lancio in profondità di Vidal per Quagliarella, che sembra troppo lungo. Invece, l’attaccante campano arriva eccome su quel pallone e lo mette teso sul primo palo. Come un falco, irrompe Mitra Matri e Handanovic non ha scampo. Inter-Juventus 1-2, lo scudetto numero 31 si avvicina.
L’ultima rete stagione è nuovamente decisiva per il risultato, ma non per la classifica. La Juventus che scende in campo a Bergamo l’8 maggio, è già Campione d’Italia. Ancora 10 reti in totale, ma le partite osservate dalla panchina o dalla tribuna sono tante.
La stagione 2013-14 non comincia nemmeno. Ale non può fare altro che guardare i compagni vincere la seconda Supercoppa consecutiva prima di passare al Milan, dove aveva già giocato nei primi anni della sua carriera. Rimane solo da salutare i compagni e Matri, curiosamente, lo fa attraverso un biglietto attaccato alla porta degli spogliatoi: «Due anni di sacrifici, battaglie e vittorie. Due anni indimenticabili, che ricorderò per tutta la vita. Grazie a tutti voi amici miei. Un’altra sfida mi aspetta, ma anche come avversari avrete sempre il mio massimo rispetto. Grazie ancora a tutti, un abbraccio. Ale 32».
Il 2 febbraio 2015 ritorna alla Juventus. A Torino ritrova Sturaro, con il quale ha giocato a Genova nei sei mesi precedenti, e Massimiliano Allegri, che lo ha già allenato sia al Cagliari sia al Milan e nutre grande stima nei suoi confronti. «Mi ero molto affezionato a questo gruppo: in campo eravamo tutti leoni, fuori tutti amici, – le prime dichiarazioni rilasciate al sito internet juventino – essere di nuovo qui è una gran bella emozione. Sono contento di poter aiutare la Juve».
Il 7 aprile, in occasione della semifinale di ritorno di Coppa Italia tra Fiorentina e Juventus, segna la rete del vantaggio bianconero (poi diventato 3-0), che porta la Juventus in finale di Coppa Italia. «La mia esultanza? Ho passato tanto tempo l’anno scorso senza poter esprimere la mia gioia e senza segnare. Non penso che esultare sia una mancanza di rispetto verso i tifosi viola. Per un attaccante fare gol è fondamentale».
Il 20 maggio risolve la finale di Coppa Italia all’Olimpico contro la Lazio. Il gol decisivo del 2-1 ottenuto nei tempi supplementari consegna la decima Coppa Italia alla Juventus. «Il doppio palo di Djordjevic? Sono segnali che ti arrivano ma siamo stati bravi a crederci. È stata una grande vittoria e c’è la soddisfazione per aver portato a casa la decima coppa. E poi c’è la gioia personale per il gol. La caratteristica di questa squadra è farsi trovare tutti pronti, anche se c’è da giocare 5-10 minuti. È il premio di un lavoro durato più di un anno che penso tutta la squadra abbia meritato».
Alla fine di questa trionfale stagione vissuta da protagonista, come da accordi, Alessandro ritorna al Milan.
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