martedì 13 agosto 2013

VIVA LA LIBERTÀ

ALEC CORDOLCINI, “GS” SETTEMBRE 2010:
Rifiutò un assegno in bianco dall’Inter e prima aveva già detto no a Fiorentina, Rot Weiß e Huddersfield. La leggenda di Abe Lenstra che non ha mai voluto lasciare l’Olanda per rimanere libero.
Oggigiorno nel mondo del calcio una biografia non la si nega a nessuno, nemmeno all’Amauri di turno. Più difficile è vedersi intitolare la tribuna di uno stadio o, addirittura, l’impianto stesso. Per non parlare di una strada cittadina, privilegio solitamente riservato a personalità nell’ambito storico, politico, scientifico o culturale di un Paese.
In Olanda esiste però un calciatore che, oltre a quanto già menzionato, si è visto dedicare anche un fumetto, una linea di abbigliamento ed un’opera teatrale. Si chiama Abe Lenstra e nel Paese dei tulipani il suo mito è paragonabile a quello di Silvio Piola in Italia. Grandi bomber la cui unica colpa è quella di aver calcato i campi da gioco nell’era pre televisiva.
Eppure l’oblio non è riuscito a inghiottirli. Questa è la storia del più grande giocatore olandese prima dell’avvento di Johan Cruijff.
Nato a Bontebok, periferia della cittadina di Heerenveen, i127 novembre del 1920, Abe Lenstra non può che essere introdotto snocciolando qualche numero: 523 reti in 550 partite con l’Heerenveen, altre 89, in 135 incontri, con l’SC Enschede, 33 in 47 con la Nazionale olandese, un totale di 850 goal segnati in una carriera durata la bellezza di ventisette anni, dal 1936 al 1963.
Non ha mai giocato all’estero, non ha mai vinto un solo trofeo, non è mai diventato un calciatore professionista. Ha sempre scelto le radici, la propria terra, quella Frisia che è l’unica provincia olandese in cui il proprio idioma, il Frisone, è riconosciuto come lingua ufficiale del territorio accanto al neerlandese.
Un uomo del popolo, Lenstra, un segretario comunale all’ufficio anagrafe con la passione del biliardo, delle sigarette, degli scacchi e delle carte. Oltre ovviamente a quella del goal. Ha scelto di giocare consecutivamente per ventuno anni nell’Heerenveen, portando una delle squadre provenienti dalla zona più povera ed arretrata dell’intero Paese a sfiorare più volte il titolo nazionale.
E quando finalmente, a trentotto anni con la maglia del SC Enschede, questo sembrò materializzarsi, una rete di Tommy Van der Linden nello spareggio a due minuti dai tempi supplementari lo ha regalato al Dos Utrecht. La vittoria è sempre stata un passo più in là. Una tipica storia olandese.
«Scrivi la cifra che vuoi», dissero a Lenstra porgendogli una penna. Ma l’assegno sul tavolo rimase bianco. Erano italiani, venivano da Milano, sponda Inter, dove già giocava un altro olandese, il mago del dribbling Faas Wilkes. Lenstra rifiuta i nerazzurri, così come poco tempo prima aveva respinto al mittente un’offerta di 125.000 Fiorini proveniente dalla Fiorentina. Segnali di interesse provenivano anche dalla Germania, dal Rot-Weiß Essen, ma anche in quel caso rimasero inascoltati.
L’Inghilterra invece, con 1’Huddersfield, lo aveva tentato già a quattordici anni, ma all’epoca fu papà Lenstra a bloccare il tutto. Il figlio non se ne è mai rammaricato. «Se uno diventa professionista», diceva Abe, «diventa una proprietà della squadra che lo paga, che di lui può fare ciò che vuole». Meglio insomma continuare a segnare per hobby.
Negli anni Cinquanta, su alcuni periodici olandesi fece la propria comparsa un fumetto che aveva come protagonista un giovane calciatore dal ciuffo a banana alla Elvis Presley. Fisico prestante, grandi qualità tecniche, giustizia e lealtà sportiva i suoi imprescindibili ideali. Si chiamava Kick Wilstra ed era un personaggio creato dal disegnatore Henk Sprenger, uno dei primi fumettisti in Olanda ad introdurre nelle vignette i balloon al posto delle didascalie.
Il nome e le caratteristiche di Kick Wilstra derivavano da tre dei più famosi calciatori olandesi dell’epoca: Kick Smit, Faas Wilkes ed Abe Lenstra. Dal primo aveva ereditato la qualità morali e l’intelligenza tattica, dal secondo il magico dribbling e la propensione alle avventure all’estero (specie in Italia), dal terzo invece le origini (la provincia della Frisia), il look e la straordinaria capacità realizzativa.
In un’Olanda alle prese con i problemi della ricostruzione postbellica, Wilstra ha rappresentato per molti giovani il simbolo di chi non era abituato ad arrendersi, tanto che il suo motto “sempre avanti” è diventato lo slogan di un’intera generazione.
Sul finire degli anni Novanta, poco meno di cinque anni dopo la morte di Lenstra, presso lo stadio dell’Heerenveen che porta il suo nome (così come la via che conduce all’impianto), viene rappresentata la piece teatrale “Abe”, uno spettacolo musicale che narra di una partita disputata il 7 maggio 1950 al “J.H. Kruisstraat” di Heerenveen tra i padroni di casa e l’Ajax.
La squadra di Amsterdam, già 7 titoli nazionali in bacheca, sbarcava in Frisia da grande favorita. Il primo tempo si conclude 5-1 per gli “ajacidi”; apre Stoffelen, raddoppia Drager, accorcia Lenstra, quindi segna Bruins ed arrotonda Rinus Michels, il bomber di quell’Ajax, con una doppietta. Nella ripresa però sale in cattedra Lenstra, che prima realizza il 2-5, quindi offre al compagno Brandma gli assist per il 3-5 e, dopo essersi procurato il rigore del momentaneo 4-5 (trasformato da Jonkman), per il pareggio.
A cinque minuti dal termine il clamoroso sorpasso: Lenstra per Ploegh, Ploegh per Jonkman, Jonkman per Brandma, che indirizza una sventola dal lato destro dell’area trafiggendo senza scampo il portiere dell’Ajax Bep Lentvaar, al quale la sconfitta costerà la carriera in maglia biancorossa. Finisce 6-5 in un boato assordante.
Con le sue 33 reti realizzate in Nazionale, Lenstra è, alla pari di Johan Cruijff, il quarto marcatore di sempre nella storia dei “Tulipani” alle spalle di Patrick Kluivert (40), Dennis Bergkamp (37) e Faas Wilkes (35). A differenza però dei primi due giocatori citati, la sua carriera in maglia “oranje” è coincisa con il periodo più buio di sempre della Nazionale, quando anche il Lussemburgo riusciva a tornare dai Paesi Bassi con il bottino pieno.
Accadeva il 31 marzo 1940 al De Kuip di Rotterdam in un Olanda-Lussemburgo 4-5, che rappresentava anche l’esordio (con goal) di Lenstra tra le fila dei tulipani. Il suo miglior incontro però l’attaccante frisone lo disputa il 14 marzo 1956, quando a Dusserdolf una sua doppietta stende i Campioni del Mondo in carica della Germania Ovest.
Lenstra giocherà la sua ultima partita in Nazionale tre anni dopo, in un 2-2 tra Olanda e Belgio, timbrando l’ennesimo cartellino sottoporta e diventando, all’età di trentotto anni e cinque mesi scarsi, il più vecchio goleador in maglia “oranje” nonché colui che ha avuto, in termini temporali, la carriera più lunga: ben diciannove anni. Tre mesi fa il portiere Sander Boschker gli ha invece tolto il primato di giocatore più vecchio di sempre ad aver giocato nell’Olanda.
Nel 2002 un sondaggio lanciato dal mensile “Voetbal Magazine” ha visto Lenstra finire al terzo posto nella classifica dei migliori calciatori olandesi di tutti i tempi, alle spalle dei soli Cruijff e Van Basten. La gente non lo ha dimenticato.


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