lunedì 11 settembre 2017

Josè MAGLIO


«Dabon?» – scrive Guido Vaciago su “Tuttosport” del 22 settembre 2017 – che significa «Ma davvero?», ma con un miracolo che solo i dialetti sanno compiere riesce a metterci dentro molta più incredulità e lo scetticismo di chi teme di essere preso per i fondelli. «Dabon?», aveva detto Giampiero Boniperti poco più che maggiorenne al leggendario Giampiero Combi.
Smesso di fare il portiere, era diventato un po’ dirigente un po’ allenatore e aveva continuato a orbitare nel mondo bianconero, non smettendo mai di parlare piemontese e di raccontare, a chi conosceva la “lingua” e meritava di ascoltarle, le storie della sua Juventus, quella dei cinque scudetti di fila e di personaggi romanzeschi come Juan José Felix Maglio, delle cui avventure il giovane Boniperti non si capacitava.
«Era il figlio di un grande musicista di Buenos Aires, compositore di tango: Juan Ignacio Maglio. Pare ne avesse scritti di famosissimi, Cesarini, Monti e Orsi gli altri argentini che erano con noi a quei tempi dicevano di conoscere bene la sua musica. E pure il nostro, di Maglio, suonava. A Torino frequentava altri musicisti, spesso andava pure a esibirsi con loro, gente strana. Come lui d’altronde. Sempre vestito di nero, che qualcuno si era pure un po’ indispettito per ‘sta roba, perché dicevano che portava male, sai com’è, trovi sempre qualcuno che ci crede. Ad ogni modo, Maglio era arrivato dall’Argentina insieme a Luisito Monti. Sbarcati a Genova il primo di agosto del 1931 dal transatlantico che arrivava da Buenos Aires. Era andato il barone Mazzonis a prenderli e immaginati la sorpresa di vederne uno “grass cume un crin” (grasso come un maiale) e l’altro che “smiava un becamòrt” (sembrava un becchino). Comunque li porta a Torino e, sorpresa, il primo si allena tutta l’estate e quando inizia il campionato è tiratissimo e si rivela un centromediano portentoso. Perché va bene Viri e il Caliga, ma Monti piazzato là davanti è un muro insormontabile. E il secondo, questo Maglio, sempre misterioso, è però una mezzala magnifica, tutta fantasia, tecnica e cattiveria. Certo, è strano. Un “original”, come diciamo noi in piemontese. Un po’ eccentrico, insomma. Mai visto con una valigia. Si presentava per le trasferte con l’immancabile completo scuro e l’unico bagaglio era rappresentato da uno specchietto e un pettinino che teneva entrambi nel taschino della giacca, per tirarli fuori di tanto in tanto e darsi una sistemata ai capelli scurissimi. Parlava mai. E anche per questo lo guardavamo male, noi che eravamo un gruppo tendente alla goliardia. Lui sempre “cito”, che sembrava avesse in testa una sua orchestra che suonava un tango di suo padre, uno di quelli tristi però. Faceva le ore piccole come Cesarini, ma il Cè era un tipo allegro, spesso dietro a qualche ballerina e sempre con una bottiglia di champagne nel ghiaccio sul suo tavolino. Lui mai visto bere e raramente con una donna. Anzi era sposato e aveva portato la sua famiglia a Torino: ovviamente mai vista neppure quella. Qualche volta non si presentava agli allenamenti, altre volte arrivava ed era il migliore. In teoria veniva dal San Lorenzo come Monti, ma Monti sosteneva che in realtà lui avesse giocato in un’altra squadra. Una volta effettivamente ci aveva parlato del Gimnasia, altre volte citava altri nomi. Vabbè, per farla breve: gioca la prima partita a Busto Arsizio, contro la Pro Patria, finisce 1-1 e segna il gol del pareggio con una magia. Orsi lo lancia e lui quando si trova in area calcia in modo inusuale e la palla sembra che vada da una parte, poi cambia direzione. I giornali scrivono che il portiere è stato abbagliato dal sole, ma io poi a fine partita ci ho parlato con Agosteo della Pro e lui mi ha detto che quel tiro aveva una traiettoria “fasulla”, roba da diventare scemi ed io l’ho consolato, li conoscevo bene quei suoi tiri che giravano all’improvviso con cui mi uccellava in allenamento. Insomma, l’allenatore Carcano è contento, capisce di aver trovato un fuoriclasse o qualcosa di simile. Lo fa giocare sempre più spesso, anche se sorge il problema di dove mettere Cesarini, perché più o meno giocano nello stesso ruolo e uno prende il posto all’altro. Maglio, a dire il vero, non dava molto peso al fatto di giocare o no. Qualche volta aveva detto: “Voi non potete capire, se riesco a mettere insieme una vera orchestra di tango, lascio il calcio, che non è roba per un artista come me”. Però intanto gioca, segna e dà spettacolo. Gol all’Alessandria, doppietta alla Pro Vercelli e altra doppietta all’Inter, a gennaio: una partita sontuosa, in cui fa impazzire tutti allo stadio di Corso Marsiglia. Tutti tranne uno: Cesarini, che è in tribuna per scelta tecnica e non si è divertito affatto a vedere quel connazionale che gli ruba il posto. E i sospetti sul Cè nascono proprio da quel malumore e da qualche mezza parola intercettata in un discorso fra lui e certi ceffi in un locale, parole riferite da un amico di un amico di un amico… sai come va in questi casi. Ma io non ci credo, sono chiacchiere, roba buona per i giornalisti. Figurati se il Cè...».
«Se il Cè cosa?», chiede Boniperti. Combi fa una smorfia: «Figurati se il Cè fa sparire un giocatore».
«Sparire?». «Eh sì, sparire… Nel senso che a un certo punto Maglio è proprio sparito. Poco più di un mese dopo quella doppietta all’Inter. Aveva saltato qualche allenamento come al solito, il barone Mazzonis si era imbufalito e gli aveva appioppato una multa da mille lire, lui pare l’avesse anche pagata e aveva ripreso ad allenarsi con una certa regolarità. Poi, dopo Milan-Juventus a San Siro, puf! Sparito. Non si è più visto. Sulla Stampa uscì un trafiletto che parlava di un treno serale per Parigi preso con la moglie e il figlio, ma nessuno l’aveva veramente visto. La Juventus denunciò la cosa alla Fifa, anche perché c’era una specie di suo manager, tale Virolenghi, che sembrava aver trattato per riportarlo in Argentina, all’Huracan, che gli aveva dato una generosa commissione. Ma in realtà per un po’ non si sentì parlare di Maglio come calciatore. Cesarini diceva: “Sarà andato a suonare il tango per davvero!”. Riemergono tracce di lui alla fine del ‘32 e fa il calciatore del Gimnasia y Esgrima, poi Chacarita, poi Velez Sarsfield, poi Ferrocarril, poi più niente. Nel frattempo, Cesarini si è ripreso il suo posto e la Juventus si è ripresa lo scudetto. Di Maglio non parlava più nessuno, anche perché se qualcuno lo tirava fuori anche solo per una battuta, Cesarini faceva una faccia strana».

Nessun commento: