giovedì 27 agosto 2020

Alfredo BODOIRA


Nato a Mathi Canavese, il 30 agosto del 1911. Chiamato affettuosamente e scherzosamente Pinza per le dimensioni e la robustezza delle sue mani, era arrivato alla Juventus addirittura prima di Valinasso: avendo giocato una partita nel vittorioso campionato del 1930-31, si era conquistato così il diritto di fregiare la maglia del titolo di Campione d’Italia.
Di lui, come guardiano della rete bianconera, si parla con una certa continuità nel periodo che va dal campionato 1937-38 a quello 1940-41: inizialmente il buon Pinza si alterna con Amoretti e poi diventa titolare, avendo Goffi come rincalzo.
Bodoira deve essere ricordato come atleta serio e puntiglioso, un giocatore dal fisico d’acciaio, cordiale e affettuoso con tutti. Con Borel e Gabetto, il buon Alfredo passa poi al Torino all’inizio della stagione 1941-42.
In totale, riuscirà a collezionare 98 presenze.

IL RICORDO DI CAMINITI
A dir le sue virtù bastavano le mani, che lo presentavano e documentavano come portiere capace di ogni grandezza, mitico e mitologico.
Parava con le mani, qualche volta anche aiutandosi con il corpo, la gente gli gridava: Pinza Pinza! e lui girava per il campo, la risata adolescenziale, la barba di venti giorni, le palme esposte come trofei delle sue mani immense, mani incallite di manovale semplicione e credulone.
La Juventus lo mandò in prestito all’Anconetana, dove rimase dal 1° gennaio 1934 al luglio 1936 e si accreditò di virtù stregonesche, parando tutti i calci di rigore. In verità, avendo sofferto la fame da bambino non crebbe mai del tutto nella compagnia dei primi divi del calcio e senza essere preso sul serio fu serissimo, anche nel Torino, per quanto costretto all’inattività per grane fisiche ricorrenti. Era un temerario, risicando l’osso del collo nelle sue uscite con le mani avanti e giù in picchiata tra i piedi degli avversari lanciati.
Finita la carriera, riprese a sgobbare duro, in fabbrica, da gruista, con il salvacondotto della simpatia di bianconeri mancati, come il sentimentale Ortolano.
Non volendo andare in pensione a sessant’anni lavorava canticchiando, con le sue immense mani proletarie, tutte gobbe e pene e colpi, non rassegnandosi di non potersi più chinare in un campo di calcio, almeno con la mente ci rimane.

1 commento:

Massimo ha detto...

Conosciuto personalmente anche come allenatore sia mio che di Enzo Matteucci per il quale sono stati determinanti i consigli affinché quest'ultimo riuscisse ad arrivare a giocare in A con l'Inter come portiere. Pinza era un grande ,buono e generoso. Qualità rare nel calcio e nella vita di oggi. Grazie per l'accoglienza.