Titolare di una qualificata impresa edile – scrive Renato Tavella – aderisce giovanissimo al club Juventus che a lungo sostiene in ambito dirigenziale. A lui si deve la perfetta realizzazione del campo di Corso Marsiglia, primo impianto calcistico italiano costruito con strutture portanti e di sostegno in cemento armato, progettato dell’ingegner Lavini.
MARIO PENNACCHIA, DA “GLI AGNELLI E LA JUVENTUS”
Mercoledì 1° ottobre 1952 se ne va Pierino Monateri. La Juventus non perde soltanto un dirigente di antica devozione, ma perde un profondo affetto, un benemerito patrocinatore di tutte le più lodevoli iniziative, un esempio di piemontese capace di ingentilire l’austerità con il sorriso ed il buonsenso, un uomo nato per portare l’arcobaleno nelle ore del temporale.
L’uomo che ha costruito il leggendario campo di corso Marsiglia. L’uomo che ha percorso cinquant’anni di Juventus: da Bruna a Bigatto, da Giriodi a Combi, da Rosetta a Hirzer, da Caligaris a Orsi, da Cesarini a Monti, da Varglien a Munerati, da Ferrari a Bertolini, da Farfallino Borel a Foni, da Depetrini a Rava, da Parola a Boniperti, da Martino ai tre danesi.
Pierino Monateri, che tutte le aveva perdonate a quel furbacchione ma gran campione che era stato Cesarini, toccava l’apice della sua beatitudine juventina con un rituale che i giocatori avevano ormai appreso ad assecondare con indulgente complicità. Il rituale era questo: un attimo prima che la squadra lasciasse gli spogliatoi (quand’era sicuro d’essere visto senza però che nessuno potesse più intervenire) l’amabile geometra scriveva dietro la lavagna il suo pronostico per la partita che stava per cominciare. Più tardi, credendosi inosservato (ma questa poteva anche essere una galeotta supposizione dei suoi prediletti campioni) scivolava furtivamente negli spogliatoi e pochi attimi prima della conclusione dell’incontro, se necessario, rettificava la sua previsione in modo da farla corrispondere al risultato reale e trionfalmente la mostrava ai suoi ragazzi appena rientravano dal campo per riceverne puntualmente il più fragoroso plauso.
Mai nella sua vita popolata di partite juventine come di stelle il firmamento, Pierino Monateri aveva scritto un pronostico che fosse diverso dal successo e per questa ragione le sconfitte della Juventus erano anche più tristi: perché erano rare e perché solo in quelle occasioni Pierino Monateri non aveva la forza di cambiare il suo sempre ottimistico pronostico; e quindi veniva a mancare la cerimonia dell’allegro rovesciamento della lavagna, fra battimani e rallegramenti.
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