Parte il campionato l’11 settembre e la Juve rifila 6 reti al Foggia, quando ancora aleggia nell’aria l’impressione dei 51 punti realizzati nella stagione precedente: questa incredibile brigata di Trapattoni è già pronta a far piazza pulita? In realtà la Juve, già sola in testa dopo la seconda giornata, sembra poi accusare di colpo la stanchezza delle mille battaglie e rallenta la sua corsa. Come il Torino, provato dal durissimo braccio di ferro dell’anno precedente.
Il blocco bianconero è sostanzialmente immutato, Boniperti in estate ha dovuto fare il diavolo a quattro per convincere un giovane di talento, Pietro Paolo Virdis, a trasferirsi dalla Sardegna, ma il giovanotto fatica ad ambientarsi e serve per ora solo a dar fiato a Boninsegna. C’è anche Fanna pronto alla bisogna, c’è Verza, ma Trapattoni non azzarda cambiamenti dal risultato dubbio. Anche Cabrini preme, ma deve accontentarsi di sostituire ora l’uno ora l’altro dei terzini titolari, all’occorrenza. Giocano tutti bene in questa Juve, come si fa a soffiare il posto a qualcuno? Così andrà a finire che quasi quasi Cabrini riuscirà a conquistare più facilmente il posto in azzurro, ai Mondiali d’Argentina dell’estate successiva, che non in bianconero.
Campionato dunque, con la Juve che tanto per dimostrare di non essere immortale va a prendere tre goal dalla Lazio alla quarta giornata, si permette qualche altra mezza distrazione e all’ottava concede al Milan un vantaggio massimo di tre punti.
I rossoneri sembrano voler riportare prestigio al calcio milanese schiacciato negli ultimi tempi dal dualismo torinese. Albertosi para tutto come Zoff, Rivera ha trovato in Capello, che il Milan aveva avuto due anni prima dai bianconeri in cambio di Benetti, un partner ideale. Per tre giornate il Milan alimenta la sua illusione e mantiene quei tre punti di vantaggio, ma quando incontra un Torino che non è più furente come l’anno prima, ma è tutt’altro che in disarmo, ferma la sua corsa. Nella stessa giornata, in un doppio confronto Torino-Milano che riporta i reali valori a posto, la Juve passa a San Siro con l’Inter.
La domenica successiva ha già riagguantato i rossoneri, la seguente ancora è sola, nessuno più la raggiungerà, da quel momento. Un torneo di quasi riposo, con il campione che trotterella pronto ad allungare se intravvede il pericolo, e lo scudetto arriva quasi inevitabile. Virdis ha problemi fisici e non s’inserisce com’era nelle speranze, ma Boninsegna e Bettega garantiscono i goal necessari. Oddio, in due non ne segneranno quanti il vicentino Paolo Rossi da solo (24) ma è il blocco che conta, non il singolo.
Già, Paolo Rossi. Passato due anni prima fra le squadre giovanili della Juventus, ha lasciato troppi menischi e qualche perplessità sulla sua efficienza fisica. Ora, in comproprietà a Vicenza, sta facendo sfracelli sotto la guida di G.B. Fabbri, tanto che la provinciale biancorossa si dimostra a lungo andare, con i goal di “Pablito”, la più pericolosa antagonista dei bianconeri, insieme ai granata.
Terza a fine andata (22 Juve, 20 Torino, 19 Vicenza) la squadra biancorossa tira il gruppo senza che però la Juve minimamente si scomponga, con il Torino che un po’ sale ed un po’ scende dal secondo posto. Quattro punti di vantaggio per i bianconeri alla diciottesima, che diventano cinque e poi tornano a quattro a turno su Vicenza, Milan, Torino. I granata si avvicinano un po’ a tre giornate dalla fine (meno 3) e sarà questo il vantaggio minimo dei bianconeri nel girone di ritorno. Lo scontro Juventus-Vicenza dell’ultimo turno è del tutto platonico, la Juve ha già cucito lo scudetto numero 18 dalla domenica precedente. E ribadisce la bontà del suo successo respingendo a Torino l’assalto dei veneti. Chiude così con 22 punti all’andata e 22 al ritorno, un orologio.
Unica amarezza della stagione: un’eliminazione non del tutto meritata in Coppa dei Campioni, all’altezza delle semifinali, contro i belgi del Bruges. Boniperti a vincere solo in Italia non ci sta più, l’assalto all’Europa già portato vittoriosamente a termine in Coppa Uefa continua.
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