DA “LA STORIA DELLA JUVENTUS” DI PERUCCA, ROMEO E COLOMBERO:
Dopo tre anni di sofferenze, la stella! La Juventus è la
prima squadra italiana, in sessant’anni di storia, a conquistare dieci scudetti
e la Federcalcio le concede il diritto di fregiarsi per sempre sulle maglie di
una stella d’oro. La Juve entra ufficialmente nella leggenda, ed in quel
momento nessuno immagina che i venticinque anni successivi saranno ancora più
gloriosi. Quali titubanze però in principio, quali timori di fallire.
Umberto Agnelli aveva deciso di fare le cose in grande e fin
dalla primavera, quando la squadra dei “puppanti” si dibatteva tra mille
difficoltà, aveva fatto acquistare a Leeds un gigante buono a tutto, ma soprattutto
centravanti, John Charles. Il tramite dell’operazione era stato Gigi Peronace, calabrese d’Inghilterra immaturamente scomparso pochi anni fa quando
dava il suo contributo alla Nazionale di Bearzot. Ed aveva dato ascolto, il
presidente, al mai dimenticato Cesarini, che aveva suggerito dall’Argentina il
nome di un estroso giovanotto, Omar Sivori. I due acquisti comportavano il
sacrificio di Hamrin che andava al Padova e di Conti che prendeva la via di
Bergamo, in quanto il regolamento ammetteva in quegli anni la presenza in
squadra di uno straniero ed un oriundo. Com’era, appunto, Sivori.
Fine estate del 1957 dunque: questa nuova Juventus, guidata
dall’allenatore jugoslavo Ljubiša Broćić, all’ombra del quale da il
suo contributo sempre prezioso Baldo Depetrini, cerca di conoscersi e
collaudarsi. Il 28 agosto gioca un’amichevole in notturna a Bologna contro un’altra
squadra ambiziosa, il Bologna di Maschio, mezzala della Nazionale argentina
insieme a Sivori, dell’estroso Vukas, di Pascutti. È un disastro, la Juve se ne
esce quella sera ingobbita da sei reti al passivo ed una sola all’attivo! Di
fronte ad una folla strabocchevole, con i dirigenti locali costretti ad aprire
i cancelli ed ammettere gratis migliaia di persone in tribuna, perché erano
andati esauriti i biglietti dei popolari e si temevano incidenti, i petroniani
segnano due reti nel primo tempo, subiscono un gran goal di Charles che rimette
in piedi l’incontro, poi dilagano nella ripresa.
La Juve non aveva mai perso prima, in precampionato.
Scriveva Vittorio Pozzo, quel giorno: «Fino al riposo di metà tempo si poteva
parlare di buona o di cattiva sorte, per quanto la superiorità tecnica del Bologna
già apparisse lampante. Si pensava che gli juventini avrebbero avuto una
reazione del tipo forte nella ripresa. Invece è venuto il crollo». E conclude, l’articolista: «Le grandi sconfitte hanno sempre
in sé motivi speciali. Quella che ha visto i bianconeri scornati a tal punto
non era la squadra che conosciamo. Ma se quella fatta vedere in quest’occasione
è la vera forma del Bologna, sarà interessante vedere chi lo potrà fermare in
campionato».
Pozzo concedeva dunque attenuanti alla Juve, ma era stato
impressionato dai rossoblu. La gente era perplessa, incredula. Arriva dunque il
campionato con questi dubbi da risolvere, dubbi che la Juve spazza ben presto con
cinque successi ed un pareggio nelle prime sei partite, la conquista di un
primato che i bianconeri non molleranno più fino alla fine. La macchina da goal
composta da Charles e Sivori si mette in moto, sono genio (il gallese) e sregolatezza
(l’argentino) che si completano bene, con la maestria di Boniperti che, per
dirigerli, rinuncia ai goal in prima persona. Segneranno 50 reti in due, nella
stagione, un’enormità, con Charles capolista a quota 28. A proposito del
gallese: era stato contattato un paio d’anni prima dall’Inter che poi gli aveva
preferito lo svizzero Vonlanthen; la storia si ripeterà vent’anni più tardi con
un certo Platini.
La prima sconfitta, che giunge a Vicenza all’ottava giornata
(segna anche un certo Campana, che sta studiando da avvocato) non turba
nessuno. Il giovane Mattrel rientrato dal prestito di Ancona sta prendendo
fiducia, Rinon” Ferrario è tornato da Trieste ed insieme a Garzena costruisce
dighe, davanti si distingue un ragazzino arrivato da Padova, Nicolé, al quale
si pronostica un futuro da campionissimo. Ma succede anche che Stacchini,
partito per far da riserva alle due ali, finisce di giocare con profitto più di
Nicolé e Stivanello.
Alla decima giornata la Juve va a Bologna, dove aveva
creduto due mesi prima di dover dare addio a certi sogni. Ma la musica è ben
diversa, questa volta: uno, due, tre, quattro goal, dopo un’ora di gioco la
Juve conduce per 4-1 e l’ultima rete, di Boniperti, è stata magistrale.
Sentiamo da Vittorio Pozzo: «Il capitano dei bianconeri servito
in profondità si proietta in avanti sulla destra, evita con un tocco magistrale
il portiere che gli si è gettato nei piedi e da posizione difficilissima, quasi
dalla linea di fondo del campo, spara. Colpita di taglio, la palla sta per
entrare in rete, quando interviene di testa il centromediano Mialich con un
tocco ultimo, ma la palla sarebbe entrata egualmente».
Poi la Juve si appaga e subisce due reti, ma esce comunque
trionfante dal campo che in estate l’aveva vista umiliata. Alla fine dell’andata
i bianconeri hanno 25 punti, due più del Napoli e del miracoloso Padova “catenacciaro”
che Nereo Rocco guida con saggezza e dove Hamrin segna reti preziose.
Giungeranno ottimi terzi i patavini a fine stagione, un punto appena dietro
alla grande Fiorentina. La quale sarà si seconda, ma staccata di otto lunghezze
dalla macchina bianconera che nel ritorno colleziona 26 punti. Le reti
fioccano, anche se la difesa qualche volta si distrae ed incassa qualche goal
di troppo. Ma ci pensano Charles e Sivori, a rimediare. L’uno o l’altro, o
tutti e due insieme, nessuna porta è proibita. Solo otto volte, su un totale di
34 partite, la coppia resta all’asciutto. Il campionato diventa un autentico
trionfo, si chiude fra gli evviva.
Un passo indietro: durante una tournée in Scandinavia la
Juve ottiene un successo clamoroso, 10-1, contro I’AIK di Stoccolma, l’ex
squadra di Hamrin. Scrivono i giornali locali: «Non si era più vista una
squadra così grande da quando si è sciolta la famosa compagine ungherese. Non
dimenticheremo mai ciò che la Juventus ci ha mostrato».
Detto da neutrali come gli svedesi, è un complimento da
serbare prezioso, che la dice lunga su questa eccezionale Juve.
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