mercoledì 24 settembre 2014

JUVENTUS - CESENA


16 ottobre 1988 – Stadio Comunale di Torino
JUVENTUS–CESENA 2–2
Juventus: Tacconi; Bruno e De Agostini; Galia, Brio e Tricella; Marocchi, Rui Barros, Altobelli, Zavarov e Laudrup. In panchina: Bodini, Cabrini, Favero, Magrin e Buso. Allenatore: Zoff
Cesena: Rossi; Cuttone e Limido (dal 79’ Traini); Bordin, Calcaterra e Jozić; Agostini (dal 90’ Flamigni), Leoni, Piraccini, Domini e Holmqvist. In panchina: Aliboni, Chiti e Masolini. Allenatore: Bigon
Arbitro: Longhi di Roma.
Marcatori: Zavarov al 27’, Domini al 35’, De Agostini su rigore al 41’, Cuttone all’80’.

Estate 1988: ritorna Dino Zoff. Scaduto il contratto con Marchesi, l’ex portiere torna in casa bianconera assumendo la guida tecnica della squadra. Il suo secondo è Gaetano Scirea, che ha appena appeso gli scarpini al chiodo. Se ne vanno Bonetti, Rush (che ritorna nella sua Liverpool), Vignola e, con le liste suppletive, anche Alessio e Bonini, direzione Bologna. Arrivano Spillo Altobelli, il portoghese tascabile Rui Barros, gli affidabilissimi Galia e Marocchi, Ma il colpo a sorpresa è l’acquisto di Oleksandr Zavarov, primo calciatore sovietico a disputare il campionato italiano.
È questa una stagione ancora interlocutoria condizionata dal difficile inserimento di alcuni nuovi acquisti (il sovietico su tutti), che vede una precoce esclusione dalla Coppa Italia già nel girone eliminatorio. Tutto il corso del campionato è caratterizzato da brillanti prove (come la vittoria al San Paolo di Napoli per 4–2) intramezzate da scialbe prestazioni e inaspettate sconfitte, una su tutte quella di San Siro contro il Milan per 0–4. Le soddisfazioni arrivano da Rui Barros: il portoghese, grazie alla sua terrificante velocità, è una vera e propria maledizione per le difese avversarie, che non riescono ad arginarlo. Anche la conferma del giovanissimo Buso restituisce il sorriso alla squadra bianconera. Il ragazzino, infatti, ben presto soffia il posto ad Altobelli, che si spegne lentamente dopo un buon girone di andata.
Il cammino in Coppa Uefa, iniziato e proseguito sotto buoni auspici determinati dagli ottimi risultati ottenuti, è bruscamente interrotto nella gara di ritorno dei quarti di finale, che vede i bianconeri sconfitti a Napoli in un confronto che pone di fronte due squadre italiane. La stagione si conclude con il quarto posto in campionato che consente alla Juventus di misurarsi ancora il successivo anno, a livello europeo, nella Coppa Uefa.


“LA GAZZETTA DELLO SPORT”
La Juventus del primo tempo, fresca e arzilla, ricca di fermenti e sollecitata a dare subito il meglio, ha sbrigliato la fantasia incantando sovente. Le sue mezze punte hanno offerto saggi di destrezza arrivando in fase di conclusione con facilità irrisoria. Dopo lo splendido goal di Zavarov si sarebbe sottoscritta una passeggiata o meglio una vendemmiata, data la stagione opportuna.


“CORRIERE DELLA SERA”
Zoff, accusato spesso di essere un cultore del tanto vituperato gioco all’italiana, ha schierato, l’uno accanto all’altro, Zavarov, Rui Barros, Laudrup e Altobelli, optando quindi per una potentissima trazione anteriore che però non ha garantito i frutti sperati.


“GUERIN SPORTIVO”
Zavarov? Lui fa del suo meglio. Un gran goal in corsa, per aprire le danze. Un colpo di testa che dà l’ultimo brivido. Mica ne ha colpa se, dietro, la Signora si concede una domenica d’ordinaria follia.


“TUTTOSPORT”
Una Juve a due facce, magari quelle stupite di Zavarov e Tacconi, che dopo prodezze a ripetizione si ritrovano in mano un punto in meno. E non solo in media inglese.


“STAMPA SERA”
La Juventus deve, secondo noi, evitare con tutte le sue forze mentali di divertirsi a divertire. Perché se si mette a fare un football divertente, nessun problema, con Zavarov e con Barros e con Laudrup, e anche con Marocchi. Però facendo football divertente pareggia con il Cesena, e già esaminiamo un caso non del tutto sfavorevole. Perché può anche prendere tantissimi goal contro un Milan, una Sampdoria. La Juventus corre il fortissimo rischio di innamorarsi di un suo gioco veloce, arioso, stronca–gambe, stronca–fiato. Certe volate di Barros sono bellissime, ma poi chi ha applaudito felice deve seguire Barros per i tre minuti successivi, e notare che non solo non ripete la volata, ma che, in debito di ossigeno, non si propone per lo smarcamento. E quanto a Zavarov, il discorso è ancora più complesso, il sovietico molto semplicemente è stanco, perché finito il suo campionato ha cominciato quello italiano, e questo nell’anno del suo grosso impegno nel torneo europeo. Bisogna avere il coraggio di dichiarare Zavarov ufficialmente stanco, e quindi di non affidargli la Juventus da lanciare verso lo scudetto, ma di affidargli semplicemente l’esecuzione di alcune cose nel corso della partita. Per fare il leader Zavarov, che non ha quel che si dice un fisicone, avrebbe bisogno di non giocare per un mese, di riprendere gradualmente la preparazione, di studiare intanto i compagni e gli avversari. Poi, forse, potrebbe anche platineggiare. Ma sarà (se sarà) per un altr’anno. Adesso bisogna ottenere da Zavarov tutto quello che si può, ed è meno di quello che si vuole, ed è meno di quello che lui, teoricamente, può dare. I due stranieri, più quell’oramai italiano che si chiama Laudrup, debbono essere usati per scopi pratici, non divertenti. Il fatto che tre giocatori in effetti nati per giocare insieme godano nel fare certe azioni ad alta velocità, nel cercare certe finezze, è in sé e per sé bellissimo. Ma nove azioni su dieci finiscono in nulla, perché Barros non è un fuoriclasse, Laudrup non è un fenomeno, e Zavarov, che magari è un fenomenale fuoriclasse, è irrimediabilmente stanco. E ad Altobelli non gli si può chiedere di più. D’altronde l’errore di credere nel divertimento come in una soluzione pratica di punteggio, di classifica, è stato fatto anche da tanta stampa specializzata dopo il successo bianconero a Como. Si è deciso che i fuochi artificiali sono importanti come la luce stabile. Forse il torto grande dei calciatori juventini è stato quello di credere ai giornali: anche Zavarov, che pure dovrebbe saper leggere soltanto il cirillico. Poi è arrivato il Cesena, anzi un Cesena, nel senso che ci sono nel nostro campionato tante altre squadre così, assai pratiche, e nel secondo tempo (il caldo era eguale per tutti) Barros e Zavarov e Laudrup e Altobelli non correvano più, non si divertivano più, e anziché fare una partita di saggio contenimento, come si suol dire, sembravano disperati di non poter divertire, e cercavano di giocare come nel primo tempo. E Zoff forse rispettava troppo il loro successo di Como, il loro primo tempo contro il Cesena, nonché la loro ira per due goal annullati, e non decideva alcuni cambi. Zoff aveva il diritto–dovere di aspettare il bis di Como, sennò sarebbe stato accusato di essere troppo empirico, troppo grigio. Adesso potrà essere pratico, sommario, e pensiamo che ad Ascoli giocherà una Juventus niente divertente ma tanto soda, e peggio per l’Ascoli.
Dino Zoff ha fretta, deve andare in campo per allenare i panchinari. La Juve si concede due giorni di riposo e alla luce di quanto s’è visto in campo mai decisione è apparsa più saggia. Come mai questo crollo generale nella ripresa? Il tecnico scuote la testa: «Non parliamo di campanelli d’allarme, quando facevo il prudente c’era una ragione. Diciamo che a un certo punto non avevamo più birra in corpo». Perché allora non ha sostituito uno o due dei giocatori di partenza? «Ci ho anche pensato, ma c’erano troppe anomalie, erano calati quasi tutti, in questa situazione un uomo fresco non basta a fare la differenza. Credo che tutto sia dipeso dalla fatica, dal caldo. Così si spiegano le disattenzioni sui goal presi, entrambi da fermo, così si spiega che due volte in vantaggio ci siamo fatti raggiungere. Succede». Zoff concede solo un applauso. Lo spende per Zavarov, al debutto vero al Comunale: «Ha fatto cose pregevoli». Vediamo come i giocatori hanno commentato il pareggio senza tenere conto degli episodi contestati e contestabili di cui parliamo a parte. Tacconi: «Non è bello sentirsi dire che sono stato tra i migliori in campo. Ho compiuto tre parate, alla quarta si può anche prendere il goal. Diciamo che ne avrò altre da fare, perché abbiamo qualche difficoltà in difesa, quando ci attaccano. Ma prima o poi troveremo le soluzioni. A centrocampo il Cesena è stato più pratico di noi. Ma del resto lo dico da tempo che ci troviamo meglio fuori casa. Però, se prendiamo due goal, qualcosa che non va c’è. Rispetto a due mesi fa siamo cresciuti atleticamente ma certi problemi tattici, di equilibri, sono rimasti. Contro il Cesena la mancanza di lucidità può essere dipesa dal mercoledì di coppa, dal campo pesante». Galia: «La stanchezza ci ha costretti a chiuderci un po’ troppo. Quando vinci sei portato ad affidarti al contropiede, invece abbiamo preso il goal a dieci minuti dalla fine, perché siamo stati un po’ tutti individualisti. Si sa che questa è una squadra dai piedi buoni ma sbilanciata in avanti. Bisogna svegliarsi, sui calci piazzati è assurdo prendere goal, vuol dire che non tutti i centrocampisti arretravano. Però non parliamo di passo falso». Tricella: «Dovevamo chiudere la partita già nel primo tempo. Ma non vorrei ripetere il solito ritornello. Rischiamo molto anche perché siamo tutti propensi ad attaccare. I goal sui calci piazzati non si dovrebbero mai prendere se ognuno va sul suo uomo. Ma in occasione della seconda rete bisogna ricordare che è stato Altobelli a rinviare e a colpire lo stinco di Cuttone». Barros, uno dei meno lucidi: «Il calcio italiano è così, inutile fare pronostici, anche contro il Cesena si può pareggiare una partita che avremmo avuto modo di chiudere subito».

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