domenica 30 novembre 2014

Federico PELUSO

Diciotto mesi in bianconero, meteora ma non troppo. Questa è la storia di Federico Peluso, atterrato a Torino nel mercato cosiddetto di riparazione e ripartito nel luglio dell’anno successivo. In mezzo due scudetti e una trentina di partite. Esordisce il giorno della befana del 2013 nella sfortunata partita casalinga persa dalla Juventus contro la Sampdoria. Un mese dopo debutta in Champions League: questa volta è un trionfo, vittoria per 3-0 a Glasgow contro i biancoverdi del Celtic. Conte crede molto in lui, poiché è impiegabile sia come esterno di centrocampo sia come difensore. Ma le sue prestazioni non sono all’altezza della fiducia del mister juventino e i diciotto mesi in bianconero passano quasi inosservati.
Di rilevante, un goal al Sassuolo nella roboante vittoria per 4-0 del 15 dicembre 2013. E proprio alla società emiliana è ceduto al termine dello stesso campionato. «Ho trascorso a Torino un anno e mezzo fantastico, da Conte ho imparato tanto. Però volevo rimettermi in gioco e avere maggiore continuità. Sassuolo credo sia la piazza giusta per tutto questo. Ringrazio la Juve e Conte per quanto mi hanno dato». Queste le ultime parole dell’avventura juventina di Federico.


ENRICO ZAMBRUNO, “HURRA JUVENTUS” MARZO 2013
Sta vivendo un sogno, Federico Peluso. Una centrifuga di emozioni, una dopo l’altra, con una data di partenza ben precisa: primo gennaio 2013. Si stava allenando a Zingonia, campo dell’Atalanta, ma a un tratto succede qualcosa. «Viene da me Colantuono e mi dice: l’accordo è stato raggiunto, vai alla Juve. Io naturalmente sapevo di questa possibilità, però la notizia ufficiale mi è arrivata mentre stavo correndo, il primo giorno dell’anno. Che emozione. Approdare qui non è stato facile, il mio percorso è stato molto lungo, sono partito dalla Serie C2. È inevitabile guardarsi un po’ indietro, ricordare quale è stata la trafila, ricordando i vari passaggi. La Juve è il sogno di tutti i bambini. Ed io l’ho coronato».
Ventinove anni compiuti lo scorso 20 gennaio, sposato con Sara da quattro, Federico ha due bambini: Viola e Michele. E così, appena saputa la notizia del trasferimento sotto la Mole, via con i bagagli verso Torino. Ad aspettarlo uno dei club più famosi del mondo, che deve confermarsi in Italia e vuole dire la sua anche in Europa. «All’inizio ero un po’ spaventato, ma è normale. Questa è la Juve, mica una squadra qualsiasi. Ma nel momento in cui sono entrato per la prima volta dentro lo spogliatoio, ho subito capito che questo è un club speciale con un ambiente altrettanto speciale. Ho trovato un gruppo fantastico, fatto di compagni molto umili e con una voglia di vincere e migliorarsi giorno dopo giorno. A partire da Buffon e Pirlo, che in carriera hanno vinto praticamente tutto. Sono sempre i primi a tirare il gruppo».
Dalla firma all’esordio: tutto è successo in pochi giorni. Già, perché il 6 gennaio Peluso era già titolare nella sfida interna contro la Sampdoria. E il 12 febbraio era tra gli undici che sono scesi in campo al Celtic Park di Glasgow, nell’andata degli ottavi di finale di Champions League. «Ero più teso con la Sampdoria. Con i blucerchiati ero arrivato da pochi giorni, era la prima volta che indossavo questa maglia. Una giornata da ricordare per me, anche se alla fine il risultato non ci ha premiati. Con il Celtic è stato diverso, ero più tranquillo. Sentire la musichetta della Champions è stato un sogno, anche se l’ho solo percepita: c’era talmente tanto boato da parte del pubblico che l’ho sentita in lontananza».
A Bergamo, con l’Atalanta, ha giocato le quattro stagioni decisive per la sua carriera. È stata una progressione continua, un salto di qualità dietro l’altro. «Devo ringraziare società, allenatore e compagni, mi hanno dato tantissimo. Alla Juve naturalmente è diverso, cambiano gli obiettivi, si gioca per vincere lo scudetto. Dove possiamo arrivare? Vincere in Italia, prima di tutto. Non dobbiamo mai mollare: appena succede, paghiamo le conseguenze e diventiamo vulnerabili. In Champions League è giusto vivere giorno dopo giorno. Se giochiamo da Juve, come a Glasgow, possiamo arrivare lontano».
Federico si è integrato bene nella squadra anche grazie alla sua duttilità difensiva. «Centrale di difesa oppure esterno a centrocampo nel 3-5-2, per me non fa differenza. Cerco di migliorarmi in entrambi i ruoli, sono un giocatore duttile. Non ne scelgo uno in particolare. Me li tengo stretti entrambi, mi permettono di giocare di più».
Gioca tanto perché Conte nutre una grande stima per lui. L’aveva conosciuto e allenato a Bergamo, l’ha voluto fortemente a gennaio. «È uno degli allenatori più importanti della mia carriera. All’Atalanta è stato uno dei primi che ha creduto in me. E ora mi ha voluto qui. L’altro mister molto importante è stato Colantuono. Con lui sono diventato più continuo, mi ha dato fiducia».
D’altronde la storia (passata e recente) ha sempre visto transitare molti giocatori nell’autostrada Bergamo-Torino. Nel gennaio del 2012 sbarcò in Piemonte Simone Padoin, ora è toccato a Peluso. «C’erano già delle voci alla fine della scorsa stagione, ma poi non se ne fece nulla. Ricordo che nell’ultima partita dello scorso campionato, quella della festa scudetto allo Juventus Stadium, Simone mi parlò benissimo del gruppo e dell’ambiente. Lui mi ha dato una grossa mano a integrarmi, lo voglio ringraziare».
Padoin, dopo pochi mesi, ha messo in bacheca scudetto e Supercoppa Italiana. «Anch'io vorrei vincere qualcosa di importante. Nello sport se non vinci, non vieni ricordato. Io per adesso sono fermo a un campionato di Serie B. E mi piacerebbe anche rimanere nel giro della Nazionale».
Sì, perché ci sono anche gli azzurri. A Modena, lo scorso 11 settembre contro Malta, ha segnato anche il suo primo goal. «Già è un’emozione indossare quella maglia, figuriamoci fare goal. Quella serata è una bella storia da raccontare».
Ma cosa fa Federico Peluso lontano dal rettangolo verde? «Prima di tutto c’è la famiglia. Appena ho un po’ di tempo libero lo trascorro con Sara e i miei figli. Mi piace molto passeggiare in città, Torino già la conoscevo, perché qui ho amici e anche alcuni parenti di mia moglie. Abitiamo in centro, non abbiamo fatto fatica a integrarci».
Appassionato di gelato, apprezza la musica italiana e il cinema. «Ascolto Jovanotti e Vasco, ma in generale tutta la musica. Al cinema non ci vado spesso, con i bambini piccoli le abitudini cambiano. Comunque il migliore rimane AI Pacino ne “Il Padrino”, uno dei film più belli di sempre».
E poi c’è lo sport. Tanto sport, da sempre. «A sei anni ho cominciato a giocare a calcio, ma in contemporanea facevo anche nuoto. Ho giocato a basket con gli amici e, a breve, mi piacerebbe imparare a tenere in mano una racchetta».
A tre cose Federico non sa rinunciare: tecnologia, viaggi e la buona cucina di Sara. «Il viaggio più bello è stato a Cuba, eravamo in otto amici; due di loro, purtroppo, ora non ci sono più. In futuro vorrei andare a New York. La cucina? Mia moglie è bravissima, sul pesce è la numero uno. Io? Faccio un po’ di fatica, meglio lasciare i fornelli ad altri».

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