venerdì 6 maggio 2016

Vincenzo CHIARENZA


ALBERTO REFRIGERI, “HURRÀ JUVENTUS” DEL SETTEMBRE 1971
A ogni partita della Juventus, e, appena può liberarsi dal lavoro, anche agli allenamenti settimanali, è sempre presente, in prima fila, il signor Settimo Chiarenza, un tifoso bianconero fra i più accesi, nonché papà di Vincenzo, un giocatorino che, a detta dei tecnici, ha tutti i numeri per diventare qualcuno.
Lo portò sei anni fa, appena decenne, al signor Pedrale al Campo Combi: «Glielo affido; per quel poco che mi intendo di calcio credo proprio di non sbagliarmi: la stoffa c’è, veda lei di plasmarlo, di migliorargli i fondamentali, di tirarne fuori insomma tutto quanto c’è di buono; il ragazzo è modesto, ha una voglia matta di imparare e di riuscire, ma, se dovesse occorrere, non si faccia scrupoli e gli dia pure qualche sonora tirata d’orecchi…».
«Non ve n’è stato bisogno – ci ricorda il buon Pedrale – perché Vincenzo si è subito dimostrato un allievo modello, intelligente, che ha imparato subito, dotato com’era, tutto ciò che gli si insegnava».
E così Chiarenza, anno dopo anno, sta percorrendo le tappe di una carriera calcistica che stando alle previsioni dei tecnici che via via lo hanno avuto alle loro dipendenze, dovrebbe concludersi clamorosamente, fra non molto, in Prima Squadra. Lo scorso anno il ragazzo, schierato nella squadra Allievi, che, agli ordini di Grosso, ha conquistato il titolo di Campione d’Italia, ha segnato, in campionato, la bellezza di 40 reti.
Attualmente, insieme ad altri della sua età, si trova a Villar Perosa, dove si prepara per i prossimi cimenti di categoria, in attesa, come già è stato fatto in occasione delle amichevoli di Empoli e Padova che Vycpalek abbia bisogno di lui. Chiarenza infatti, come i tifosi ricorderanno, esordì nella cittadina toscana in una delle amichevoli precampionato, segnando addirittura un gol e lasciando un’ottima impressione a tecnici, compagni di squadra e tifosi.
Il suo ruolo è quello della punta, e precisamente ala destra di sfondamento: fisicamente perfetto, a chi lo vede giocare dà l’impressione di avere più di 17 anni: è dotato di uno scatto felino e di una progressione in velocità formidabile, nonché di un tiro che possiamo letteralmente definire al fulmicotone, una sberla di destro (ma anche il mancino non scherza), che ha fatto piegare le mani a più di un portiere: ma nel suo carniere vi sono anche parecchi gol segnati, sotto porta, di testa. Tetragono alle emozioni, corre per tutti i novanta minuti, si sacrifica anche in un oscuro gioco di spola quando occorre difendere il risultato e non è quello che si definisce un «piagnina»: come tutti gli attaccanti prende un sacco di botte, ma non si lamenta mai, anche quando il dolore è veramente forte stringe i denti e in qualche modo arriva al termine della partita senza che nessuno si accorga del suo disagio.
Un ragazzo veramente prezioso per la squadra, che ascolta i consigli tattici dell’allenatore, ubbidiente, volonteroso negli allenamenti, e con una gran voglia di sfondare nel mondo del calcio.
Anche nella vita Chiarenza è un ragazzo a posto, tranquillo, educato, senza grilli per il capo; attualmente frequenta, e con ottimi risultati, la terza Geometri, ed anche nella scuola si applica con volontà, intendendo prendere, nel giro di pochi anni, il sospirato diploma.
Ma, naturalmente il suo sogno è quello di diventare un grosso giocatore, e proprio nella sua Juventus; e siamo certi di non sbagliarci prevedendo che tra qualche anno tutto questo si trasformerà nella più rosea delle realtà.
Ho chiesto l’altro giorno a Bettega, che molto spesso si reca a vedere gli allenamenti dei giovani, un giudizio sul ragazzo: «Chiarenza l’ho visto una decina di volte e sempre mi ha impressionato per la lucidità e la concretezza del suo gioco, tutto ridotto all’essenziale, senza fronzoli, che va subito al sodo: deve naturalmente migliorare in esperienza, ma, come ripeto, il ragazzo mi è piaciuto molto, e gli auguro con tutto il cuore di averlo, fra non molto, come compagno nella nostra grande Juve».
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Palermitano di Termini Imerese, dov’è nato il 27 settembre 1954, disputa 2 partite nell’edizione della Coppa Italia 1971-72 e in quella dell’anno successivo, prima di passare alla Sampdoria con la quale esordisce in Serie A. Ritorna a Torino nelle vesti di allenatore giovanile negli anni ‘90, conquistando parecchi successi e coltivando parecchi giovinotti per la Prima Squadra, quali Marchisio, De Ceglie, Giovinco, Lanzafame, Mirante e Criscito.

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