venerdì 12 gennaio 2024

Giuliano MUSIELLO


Sarà forse il ritmo della vita moderna – scrive Alberto Refrigeri su “Hurrà Juventus” dell'ottobre 1973 – sempre incalzante, il più delle volte caotico e conseguentemente snervante, ma la puntualità e la precisione dei tempi della gioventù mi sembrano proprio, per restare in termini di attualità, fortemente inquinate. Per evitare di essere tagliato fuori o di essere considerato prematuramente un matusa, cosa che non permetterò mai, mi sono anch’io adeguato ai tempi, non prendendo mai per oro colato anche le affermazioni più categoriche; per cui, quando stamane allo stadio ho pregato Musiello di passare nel pomeriggio in sede per una breve intervista, avutane risposta categorica; «Sarò da lei alle diciotto», non mi passò nemmeno per l’anticamera del cervello che alle sei mi sarei seduto alla scrivania a chiacchierare con il nostro Pel di Carota. E invece proprio mentre il campanile della chiesa di San Carlo, quello che vedo dalla mia finestra a cento metri in linea d’aria, suonava sei rintocchi, un timido «Permesso!» alla porta dell’ufficio: era la testa rossa di Musiello: «Sono puntuale?» «Porca miseria, Giuliano, hai spaccato il minuto, complimenti!»
Giuliano Musiello, altezza 1,82, fisico sodo, ben fatto, proporzionato; sguardo simpatico, intelligente; educato e compito, forse un tantino diffidente; nato a Torviscosa, in provincia di Udine, il 12 gennaio 1954, ha militato due anni in Serie C nella Spal, giocando complessivamente ventiquattro partite e segnando otto goal. L’anno successivo si è poi trasferito a Bergamo giocando un campionato con la maglia neroazzurra dell’Atalanta, e ora è approdato alle rive bianconere indossando quella con scudetto e stella. Ma passiamo subito ad alcune domandine al personaggio Musiello. Anzitutto, come sei arrivato al calcio? «Beh, da ragazzo giocavo nei vari tornei dei bar della provincia, poi mi hanno notato quelli del Cervignano e mi hanno assunto, giovanissimo, nel locale NAG; poi sono stato ceduto alla Spal, indi alI’Atalanta e ora alla Juve. Tutto qui; d’altra parte ho soltanto diciannove anni e mezzo e sulla mia carriera non è che si possa scrivere un lungo romanzo».
– Qual è la tua dote migliore? «Direi il temperamento; non mi abbatto mai; anche nelle occasioni più precarie cerco sempre di lottare, non mi do mai per vinto, insomma nessuna difficoltà o contrattempo mi fa paura. Penso che solo così si possa fare carriera».
– Sei sempre sincero? «Assolutamente, non dico mai nero se voglio che si capisca bianco; cioè non mi piace fingere, se c’è qualcosa che non va preferisco togliermi subito il rospo».
– Ti arrabbi sovente? «A dire il vero non mi arrabbio mai; sono un tipo socievole, che sta allo scherzo, un amicone come si dice; Insomma, vivo e lascio vivere; e, con questi presupposti, mi sembra che sia difficile arrabbiarsi».
– Sei un tipo emozionabile? «Penso di no; logicamente pochi minuti prima che inizi la partita un po’ di tremarella affiora, specie se è un incontro di una certa importanza; il tutto però scompare appena entri in campo; tutta quella folla che applaude, urla, fischia, le trombe dei tifosi che ti assordano le orecchie, contribuiscono a stemperare quella patina di emozione, e allora l’unico pensiero si concentra sulla partita, sul tuo avversario, sui goal da segnare, sulle botte che ti ammolleranno i difensori avversari».
– Ne prendi tante di queste botte? «Il mestiere di centravanti di sfondamento comporta questi rischi; è logico che, specialmente quando entri in area, nessuno faccia complimenti; per cui, una volta che scendi sul terreno di gioco, sai già cosa ti aspetti. Comunque non è che stia lì a prenderle tranquillamente; insomma, cerco anch’io di rispondere pan per focaccia».
– C’è un centravanti al quale ti ispiri? «Modestamente penso di avere delle mie caratteristiche tutte particolari, diciamo comunque che il mio modello è un numero nove coraggioso, che sappia farsi rispettare In area di rigore, e che segni grappoli di goal».
– Durante la tua breve carriera, c’è stato un difensore che ti ha impressionato di più? «Il marcamento di una punta è sempre ossessivo, non ti lasciano nemmeno il tempo di respirare, comunque ve ne sono due che alla fine della partita mi hanno fatto restare con la lingua fuori, uno è Bellugi, l’altro l’attuale collega Morini».
– Qui alla Juve come ti sei trovato? «Divinamente bene; pochi giorni prima del raduno ero, come si può dire, preoccupato; sa, l’arrivare in una grande squadra come la Juventus, con compagni nuovi, tutti celebri, tutti Campioni d’Italia, era logica una certa circospezione. Invece devo ammettere di avere trovato, sin dai primi minuti, un’accoglienza veramente amichevole, simpatiche pacche sulle spalle e un cameratismo eccezionale, una vera famiglia insomma».
– Quando hai esordito in Serie A? «Lo scorso anno nell’Atalanta, proprio contro il Torino; segnai anche un bel goal di testa a Castellini».
– I tuoi genitori vennero a vederti? «Sì, papà, mamma, e tutti i fratelli; siamo in sei, cinque maschi e una femmina, di cui tre sposati».
– Alla sera, a Torviscosa, hanno fatto festa? «Non molto, comunque penso che ai miei concittadini abbia fatto piacere».
– Cosa pensi dei tifosi in generale? «Tutto il bene possibile; sapessero quanto aiuta un loro applauso, un loro incoraggiamento; vede, purtroppo non siamo dei robot e qualche volta si sbaglia, mi sembra logico; come in tutti i mestieri di questo mondo ci sono delle giornate buone e quelle dove tutto gira storto; quella in cui ti senti bene e puoi dare il massimo e quella dove invece, magari per una piccola indisposizione, non rendi al cento per cento. Ebbene, è proprio in quei momenti, diciamo così, di bassa pressione che il calore del pubblico ti dà la forza di reagire, di superare il periodo critico, di potere esprimere tutto insieme il tuo valore. Per quanto mi riguarda personalmente, vado sempre in campo per dare fino all’ultima goccia di sudore, e se i tifosi mi danno una mano, prometto di spaccare tutto».
– Fai un pensierino alla Nazionale? «Per ora no, devo ancora farmi le ossa nella Juventus; diciamo che per il momento cerco di conquistarmi un posto in maglia bianconera, e in un secondo tempo, se avrò fortuna, mi sposterò a quella azzurra».
– Come passi il tempo libero? «Mi piace molto dormire, riposarmi; vado poco al cinema».
– Hai un po’ di nostalgia della famiglia? «Beh, i primi tempi sì; ora sono quasi cinque anni che sto lontano da casa, per cui ho fatto una certa abitudine; soltanto qualche sera, specie d’inverno quando fuori è freddo e buio, il pensiero corre spesso e volentieri al paese, alle persone amate, ai luoghi dove sono nato; ma passa subito, a vent’anni non è permesso emozionarsi».
– Sei fidanzato? «Sì, a Torviscosa, con Loredana».
– Secondo te, è meglio per un giocatore sposarsi in giovane età? «Io penso di sì; vede, la vita da scapolo ha diversi lati buoni, ma anche, e sono i più, diversi cattivi: se uno trova la ragazza giusta, invece mette su famiglia e si organizza molto meglio, specialmente nei pasti e nella regolarità di vita in genere, e tutto questo penso si ripercuota benevolmente anche nel campo di lavoro, in questo caso nel rendimento in campo».
– Sei superstizioso? «In linea generale no, diciamo che se ho fatto qualche gesto particolare prima di una partita vittoriosa, la volta dopo lo ripeto».
– Secondo il tuo parere, qual è la limitazione maggiore per un calciatore? «Limitazioni ve ne sono, naturalmente; ma essendo stato abituato sin da giovane a privarmi di tante cose, ora ci ho fatto una certa abitudine, per cui, almeno per quanto mi riguarda, andare a letto presto la sera, non mangiare determinati cibi, non fumare, è diventata una cosa normale, un regime oramai fisso di vita. Direi di più: se dovessi cambiare mi troverei in imbarazzo. Per cui, ripeto, nessun sacrificio».
– Qual è il tuo piatto preferito? «A me piace di tutto; c’è però un piatto che, specie quando fatto dalla mamma, mi fa venire l’acquolina in bocca».
– E sarebbe? «I fusilli al ragù; ne mangerei anche due chili».
– Vedi la TV? «Abbastanza, mi piacciono i film e i documentari in genere».
– Nella musica leggera, hai qualche preferenza? «Mi piace moltissimo Gabriella Ferri, come attrice e come cantante; trovo che interpreta le canzoni in maniera formidabile; un’artista completa insomma».
– Ho saputo che hai un fratello che gioca anche lui al pallone? «Sì, mio fratello maggiore; ha otto anni più di me: ha giocato nel Como, Ascoli e Modena; attualmente è nelle file del Padova».
– Cosa pensa lui del fratello minore? «Ha molta fiducia, dice che ho tutte le doti per sfondare; spero ardentemente che abbia ragione; io, per quanto posso, sto facendo di tutto per accontentarlo».
– Un’ultima cosa, Giuliano; hai qualche hobby? «Sì, la pesca; appena ho un po’ di tempo libero, specie d’estate, mi metto a sedere sulle rive di un torrente, e passo ore e ore a buttare la lenza; trovo che si respira aria buona, e soprattutto che serve a distenderti, specie sotto il profilo nervoso; è veramente uno sport, se così possiamo chiamarlo, rilassante; e per noi calciatori, che tutto l’anno siamo praticamente sotto pressione, non soltanto per quanto riguarda il fisico, questa distensione è tutta manna».
È finita l’intervista, e non mi restano che poche righe per inquadrare il personaggio: l’idea che mi sono fatta di Musiello è più che ottima: mi è sembrato un ragazzo a posto, senza grilli per il capo, con una volontà di riuscire favolosa, un carattere forgiato nel ferro, che non ha paura di nulla, né dei difensori avversari in area di rigore né delle avversità della vita. L’ho visto alcune volte in allenamento e a squarci in partite ufficiali; è un giocatore che parte da lontano, che difende bene la palla, che sa costruire l’azione oltreché concluderla, fortissimo di testa e soprattutto di gomiti; in entrambi gli aspetti cioè, quello privato e quello di giocatore, un elemento molto Interessante, che sa dove vuole arrivare, e mi sa tanto, questo vale anche come augurio, che ci arriverà quanto prima.

Nonostante l’ottimismo del giornalista della testata ufficiale bianconera, il buon Giuliano non sfonderà mai a Torino. Infatti, verrà schierato da Vycpálek solamente in Coppa Italia, durante la quale avrà, comunque, l’occasione per realizzare una rete, nell’incontro vinto contro il Cesena. Nell’estate successiva verrà ceduto e comincerà un lungo peregrinare in lungo e in largo per lo stivale, trovando spiccioli di gloria a Roma, sponda giallorossa.

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