lunedì 27 aprile 2020

Medhi BENATIA


«A dicembre ero in vacanza a Dubai. Ho parlato con mia moglie e i miei figli, che mi chiedevano sempre: “Papà, perché non giochi?”. Mi bruciava dentro, non ero più felice. Ho lasciato una squadra di amici, ai quali sono molto legato. Però avrei voluto dare il mio contributo sul campo. Quando è tornato Bonucci, sono andato dal mister, che mi ha rassicurato dicendo di aver bisogno di me e che ero tra i centrali più forti al mondo. Poi le cose sono cambiate, ma non c’è nessun problema fra me e lui. Non guardo mai indietro, a quello che poteva essere e non è stato. L’ultima partita che ho fatto è stata contro il Milan a San Siro. Difficile, perché dovevo marcare Higuain. Ricordo tuttavia di aver giocato bene, ma la gara dopo sono rimasto fuori di nuovo».


Arrivato alla Juventus nel luglio del 2016 – scrive il sito ufficiale bianconero – Medhi ha fin da subito messo a disposizione del club le sue doti di prestanza fisica, classe e visione difensiva. In totale, ha giocato 40 partite di Serie A con la maglia bianconera, segnando tre gol, l’ultimo dei quali contro la Roma nel dicembre 2017 (il primo nel marzo dello stesso anno). Quattordici le presenze in Champions League, una in Supercoppa Italiana e quattro in Coppa Italia completano il quadro. A proposito di Coppa Italia, sono negli occhi di tutti i suoi due gol, decisivi nel poker con cui lo scorso maggio i bianconeri hanno battuto il Milan, conquistando il trofeo.
Due gli Scudetti, due le Coppe Italia e una Supercoppa Italiana sono i trofei vinti da Medhi in bianconero: un bottino di tutto rispetto, che porta anche la sua firma, se si pensa che la Juventus ha vinto 42 delle 59 partite in cui ha giocato (71%), considerando tutte le competizioni, mantenendo la porta inviolata nel 54% dei casi (32 gare).
Una grande capacità di rispondere sempre all’appello, di farlo con prestazioni di alto livello e segnando gol che sono valsi una Coppa. Per tutto questo ringraziamo di cuore Benatia, augurandogli il meglio per il suo futuro professionale.


ALEX CAMPANELLI, JUVENTIBUS.COM DEL 29 GENNAIO 2019
La Juventus, con la cessione di Medhi Benatia, perde molto. Non inganni la rottura recente del calciatore con l’ambiente, le pressioni sulla società per esser ceduto a gennaio e le conseguenti difficoltà in casa Juve nel sostituirlo; l’errore è stato fatto a monte, escludendolo aprioristicamente dal progetto, relegandolo velocemente a quarta scelta del reparto senza un’apparente motivazione tecnica, sminuendone il valore tecnico assoluto.
Con la cessione di Benatia, la Juventus perde il miglior marcatore della squadra dopo Chiellini, e in generale perde probabilmente il secondo miglior marcatore della Serie A. A livello squisitamente difensivo, considerando l’elevatissima capacità di mantenere la concentrazione nell’arco della gara, nessun altro difensore del campionato è all’altezza del centrale marocchino, nemmeno Skriniar (che è sulla strada giusta per diventare il più forte di tutti), né tantomeno Manolas o il tanto incensato Koulibaly. Senza Benatia, ora la Juve non dispone di un altro difensore, oltre a Chiellini, capace di far rimbalzare via gli avversari oltre il cerchio di centrocampo, di aggredire alto e di stroncare le iniziative avversarie sul nascere, anche con un fallo deciso quando serve.
Nel giro di qualche mese si è dimenticato quanto di buono l’ex Roma e Bayern Monaco ha regalato alla squadra di Allegri nella scorsa stagione, lo ha fatto la società ma anche molti tifosi: Benatia è diventato il principale responsabile dell’uscita dalla Champions League, benché il rigore su Ronaldo sia stato causato dalla catena di errori, come abbiamo dimostrato su queste pagine, ed è stato ovviamente messo all’indice per essersi perso Koulibaly in Juventus-Napoli 1-0, innalzato solo su una picca dopo una partita più che imbarazzante da parte di tutta la squadra.
Il gol decisivo contro la Roma nel girone d’andata apparteneva ormai al passato, mentre la decisiva doppietta in finale di Coppa Italia con il Milan non è stata evidentemente sufficiente a riabilitare Medhi agli occhi di addetti ai lavori e non. In estate il ritorno di Bonucci aveva fatto presagire una possibile staffetta tra i due, ma così non è stato: sin dalla prima partita il numero 19 è tornato titolare inamovibile, e gli spazi per Benatia, superato nelle gerarchie anche da Rugani, si sono ridotti all’osso.
Vero, grazie a Bonucci (ma anche a Cancelo e Ronaldo) la Juventus può praticare un altro tipo di calcio, e risolvere il cronico problema della scorsa stagione relativo all’uscita del pallone dalla difesa con più semplicità ma, come accade per centrocampisti e attaccanti, ci sono partite più adatte a determinati tipi di difensori piuttosto che ad altri. Un centrale come l’ormai ex numero 4 bianconero, per nulla malvagio con la palla tra i piedi e dalle ottime qualità difensive che abbiamo elencato subito, sarebbe stato utile in alcune partite in cui Bonucci è parso in difficoltà, avrebbe potuto sostituire Chiellini in occasioni nelle quali gli è stato invece preferito Rugani, ma soprattutto sarebbe stato FONDAMENTALE di qui in avanti, per permettere ad Allegri di far ruotare i centrali a disposizione senza incappare in cali di qualità.
Il malumore di Benatia non nasce la settimana scorsa, piuttosto è andato formandosi progressivamente dopo le tante panchine consecutive; in casa Juventus l’evolversi della situazione non è stato monitorato, oppure lo si è fatto superficialmente, o ancora non è stato reputato prioritario. Ora la Juve, che non poteva non essere consapevole dell’impossibilità di reperire un centrale del livello di Benatia sul mercato a gennaio, si trova costretta a ripiegare su Caceres e pensa addirittura a un’altra soluzione tampone per sostituire temporaneamente Bonucci.
Qui non parliamo di gratitudine, qui si parla di riconoscere a un calciatore il suo effettivo valore e di premiarlo offrendogli possibilità di dimostrarlo, con benefici che ricadono su di lui e su tutta la squadro. Benatia non è stato perso in un giorno, lo si è perso a ogni panchina, giornata dopo giornata, esclusione dopo esclusione. Ora ci troviamo a rimpiangerlo, e non potrebbe essere altrimenti: non ammetterlo, rifugiandosi dietro a scuse puerili come “tanto voleva andare via” o “tanto non giocava mai” non ci rende vicini alla società, quanto piuttosto superficiali com’è stata la gestione del difensore marocchino.
Grazie Medhi, e scusaci.

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