giovedì 4 novembre 2021

Franco CARRERA


Solamente due presenze nella stagione 1961-62 per il torinese Franco Carrera: in campionato contro il Bologna e in Coppa Italia contro i toscani del Prato. Poi, il trasferimento a Potenza (dove giocherà accanto a Boninsegna e a Silvino Bercellino) e il ritorno in bianconero nel luglio 1965. Ma sarà solamente un breve saluto alla Mole Antonelliana, perché nella stessa estate sarà ceduto alla Spal del presidente Paolo Mazza e degli ex juventini Crippa, Fochesato e Bozzao.

“HURRÀ JUVENTUS” DELL’AGOSTO 1965
I giovani di una generazione fa l’avrebbero chiamato “L’ultimo dei Mohicani”. Carrera Franco, infatti, con il suo rientro alla Juventus è subentrato a Carlo Mattrel, trasferito, quale unico torinese vero nella compagnia illustre dei bianconeri. “Noblesse oblige”! Carrera, quanto prima, sarà chiamato al “redde rationem”, a proseguire sulla strada percorsa tanto tempo fa dai Rava, Garzena, Emoli, Vavassori, tutti torinesi della Mole all’insegna della bandiera juventina. E suvvia! Un po’ di campanilismo somministrato per via spicciola a questa nuova generazione di calciatori non fa mai male! Carrera ciò lo capisce, anche se appartiene alla “nouvelle vague” dei calciatori.
Nato a Torino l’8 novembre del 1943, Carrera ha iniziato la carriera fra i giovani juventini di Ercole Rabitti come interno destro. E guarda il caso: lui, interno destro, in tandem con Giovanni Sacco, provinciale di San Damiano, come ala destra. Il successo ai due non poteva mancare anche se come sempre la sorte tira colpi mancini, tant’è che Sacco ha sfondato poi come interno centrocampista e Carrera ha dovuto spostarsi all’estrema per far valere le sue doti di eclettico giocatore d’attacco.
Paul Amaral però nella stagione 1962-63 lo ha voluto persino in prima squadra come mediano d’appoggio nella gara vittoriosa sostenuta dalla Juventus a Bologna (2-1). L’esordio, dunque, in prima squadra per Carrera c’è già stato (10 febbraio 1963) e quanto mai propizio per i colori juventini. Se tanto mi dà tanto...
Lo scorso anno, tanto per abituarsi alle vecchie abitudini, non ha mai mancato alla prima occasione, tra una sosta e l’altra del Potenza nel Nord Italia, di fare una capatina al Combi, che l’ha visto muovere i primi passi. Sulle prime, con una pettinatura tutta particolare, molti ex-compagni non lo hanno più riconosciuto. Anche nel fisico non sembrava più quel nevrotico attaccante, sempre alle prese con se stesso e con gli avversari, di due anni prima. E che legnata! Corti ne sa qualcosa. Un giorno ci disse di lui: «Se tira anche così in partita, il portiere avversario non avrà freddo nemmeno se fosse al Polo Nord!»
Ma per Carrera il tiro non è la dote migliore. Come vuole il gioco di un’estrema moderna, il torinese trova proprio nel ritmo, nel continuo movimento l’arma migliore per esaltare il gioco collettivo della squadra. Ritmo esaltante per il disinvolto Carrera, dall’aria spericolata, ma anche tremendamente timido. Nipote di un formidabile giocatore di bocce, Carrera è dipinto come un tipo estroso, data la moda corrente. Per intanto Franco è pittore (non diciamo che ha l’hobby della pittura, per carità), che sa il fatto suo in fatto di pennelli, di disegno e di colori. Due anni fa prima di trasferirsi a Potenza ebbe la sua prima personale, la sua galleria a Torino.
Franco Carrera, come juventino, parte fra i rincalzi. Un ruolo, quello di riserva, che si addice poco al suo temperamento. Alla prima occasione, se verrà, dimostrerà di essere con il pallone fra i piedi, un precursore del positivismo.

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