domenica 14 luglio 2024

Giorgio MASTROPASQUA


Ventidue anni e tre stagioni di onorato servizio in terra umbra – scrive Gianni Giacone su “Hurrà Juventus” del novembre 1973 – questo il curriculum che Giorgio Mastropasqua può vantare, al suo ritorno in casa bianconera. Un ritorno per nulla sommesso, se vero è che il suo nome più volte ricorse nelle cronache del precampionato juventino, e segnatamente dei giorni duri dei primi allenamenti a Villar Perosa.
Mastropasqua appartiene alla folta schiera dei difensori «liberi», ma qui più che mai occorre fare delle distinzioni. Dire libero induce immediatamente a pensare a una specie di pilastro appostato dietro stopper e terzini, pronto a mettere pezze a eventuali situazioni difficili. Un uomo in più davanti al portiere, insomma, in omaggio ai sacri principi difensivistici del «primo non prenderle». Ebbene, Mastropasqua proprio non rientra nella categoria in questione. Facciamo un salto indietro e spieghiamo.
Lasciamo stare i ricordi del Perugia ‘70-71, sono cose di gioventù; il Mastropasqua che esemplifica alle folle la nuova concezione del ruolo di «libero» è quello dei due campionati alla Ternana, il Mastropasqua che si innesta alla perfezione nel meccanismo che Viciani esige dai suoi, nel «gioco corto» vale a dire. Il «libero» non deve soltanto fungere da difensore in seconda battuta, essendo che il calcio moderno chiede a lui molto di più. Deve sapersi sganciare per poter dare il proprio apporto illuminante alla manovra, in poche parole deve saper «costruire» il gioco, anziché limitarsi a distruggere. E Mastropasqua impara alla perfezione la lezione tattica, che pure lascia scettico più di un conoscitore del mondo pallonieristico nostro.
Che cosa ricorda l’interessato, di quel periodo cruciale della sua «formazione» tattica? «Certo, alla Ternana mi hanno aperto una strada nuova, assegnandomi un compito tattico un po’ diverso dal solito. A parte il campionato di B, in cui la squadra andava avanti benone e non c’era il tempo di sottilizzare su questo o quel particolare tattico, il mio modo di interpretare il ruolo di libero è venuto alla ribalta l’anno scorso. All’inizio del campionato, ricordo che tutti dicevano bene, o addirittura benissimo, di questo mio modo di giocare. Il “libero che costruisce”, si diceva, è una piacevole novità nel calcio italiano, e apre nuove prospettive anche quanto a spettacolo, perché è un punto contro il difensivismo più esasperato. Così mi convocarono nella Under 23, incoraggiandomi a giocare come giocavo nella Ternana. Naturalmente, nella mia squadra, il posto in cui giocavo, più avanzato e con la possibilità frequente di presentarmi in zona-gol, era anche dettato da esigenze precise, diciamo dal fatto che Viciani non disponeva di un vero uomo-gol, e dunque tutti quanti dovevamo darci da fare per sopperire a questa lacuna. Non solo il libero andava avanti, ma anche i terzini, a turno. Purtroppo, le cose continuarono in modo un po’ diverso da come erano cominciate: la squadra cominciò a scivolare verso le posizioni di coda, e questo suscitò critiche a non finire sul tipo di gioco svolto, sull’eccessiva disinvoltura con cui si interpretava il gioco difensivo, e via dicendo. Naturalmente mi ritrovai al centro delle polemiche: la mia posizione, improvvisamente, non andava più bene, e finii per cedere il posto anche nella Under 23».
Già: dopo la bella prova sostenuta a Verona contro la Svizzera (1-1), Giorgio nostro si vede sbarrata la strada proprio a causa del suo particolare modo di intendere i compiti tattici del «libero»: «Mi dissero che, per farmi giocare, avrebbero dovuto costruire l’intera squadra per me».
Così, in un modo un po’ meno brillante di come era cominciata, si chiude la parentesi umbra di Mastropasqua: all’orizzonte, nell’estate ‘73, c’è di nuovo la Juve; ed è persino superfluo dire che il ritorno è graditissimo: «Alla Juve sono praticamente nato, e molti dei miei compagni di adesso già giocavano con me nelle formazioni giovanili: vedi Viola, Piloni, Bettega e Causio. Con Bettega ho disputato un campionato “Primavera”, mentre con Piloni ricordo un anno in De Martino. Con Rabitti capii che avrei potuto combinare qualcosa di buono come calciatore: fu nel 1969-70, quando avevo appena diciotto anni, che mi chiamò per la prima volta nella rosa di prima squadra».
E siamo al dunque: vogliamo sapere qualcosa di più di questo libero tornato speranzoso alla base? Sotto con le domande.
Pensi che la concorrenza, nel tuo ruolo, ti consenta sin da quest’anno di conquistarti una posizione in squadra? «È difficile rispondere; certo, nel ruolo di libero ho davanti a me rivali terribili, ma la stagione è lunga, e potrei trovare spazio, prima o poi. Comunque, per il momento, non mi preoccupo eccessivamente, mi sta bene anche di fare anticamera. Non potrà che giovarmi sul piano dell’esperienza. Sono giovane come calciatore, addirittura giovanissimo come libero».
Tocchiamo un punto su cui molto si è parlato durante l’estate: si è scritto di Mastropasqua utilizzabile più avanti, come vice-Capello. Tu che ne dici? «È un’idea come un’altra: personalmente, mi sento più libero, anche se penso che potrei adattarmi abbastanza facilmente. Penso che questa faccenda del vice-Capello sia venuta fuori perché, nelle partitelle a Villar, giocavo sempre a tutto campo. Ma in partita ufficiale è un’altra cosa. Comunque, non dipende da me».
Tornando per un attimo alla faccenda del «libero che costruisce», a chi ti sei ispirato nella parte che ti era stata affidata? «In Italia non è che potessi cercare dei modelli: è un modo di giocare piuttosto inglese o tedesco. Per questo è lì che mi sono un po’ ispirato, in particolare a Beckenbauer, che giudico insuperabile nell’assolvere quel compito».
Terni e Torino: due ambienti diversi, no? «Sì, parecchio. Giocando nella Juve si è parte di un giro di vertice, si è sempre e comunque al centro dell’attenzione. A Terni, la mentalità è quella della squadra di provincia. Ciò non toglie che lì mi sia trovato benone, con un pubblico favoloso, specialmente nell’anno della promozione in A».
Propositi di riprenderti il posto di libero nella Under 23? «Dipende principalmente dalle mie presenze in bianconero: difficilmente viene convocato chi non gioca in campionato. Vedi Longobucco, due anni fa. Comunque, ci spero».
Che cosa pensi che farà la Juve in campionato? «Indubbiamente bene. Siamo avvantaggiati dalla maggiore esperienza, e quindi non ci sono problemi di affiatamento. Naturalmente, dipenderà molto dalle avversarie di sempre, il Milan innanzitutto, e poi l’Inter».
Abbiamo finito questa chiacchierata con Mastropasqua. L’impressione è che questo ragazzo farà strada: il talento non manca, serietà e impegno sono fuori discussione. E l’occasione potrebbe presentarsi quanto prima.

Per Giorgio sarà un campionato molto deludente; troppo grande il carisma di Salvadore, per poterlo sostituire. Al termine del campionato 1973-74, le sue presenze saranno solamente 8. Mastropasqua viene ceduto all’Atalanta, in cambio di un giovane libero che entrerà nella storia juventina e del calcio mondiale. Il suo nome è Gaetano Scirea.

3 commenti:

pank ha detto...

Se ne parlava molto bene quando militava nell'Atalanta. Mi ricordo un periodo di grande flusso di Atalantini verso la Juve. Ma lui fece il percorso contrario. Da noi arrivò con Castagner allenatore. Un po' demotivato, non lasciò il segno. Ma erano anni di caos.

Stefano ha detto...

io credo che fosse un buon giocatore ... alla Juventus fu sfortunato, in quanto sbagliò i tempi ... essere preso in mezzo fra Salvadore e Scirea avrebbe distrutto chiunque ...

Anonimo ha detto...

elegantissimo , sempre a testa alta , libero e capitano di un piacenza che, senza di lui (infortunio a un ginocchio) si arrese a carrara e poi al successivo spareggio col vicenza.
libero monumentale, forse il piu' completo visto a piacenza