domenica 26 maggio 2013

25.5.1958: SCUDETTO

DA “LA STORIA DELLA JUVENTUS” DI PERUCCA, ROMEO E COLOMBERO:
Dopo tre anni di sofferenze, la stella! La Juventus è la prima squadra italiana, in sessant’anni di storia, a conquistare dieci scudetti e la Federcalcio le concede il diritto di fregiarsi per sempre sulle maglie di una stella d’oro. La Juve entra ufficialmente nella leggenda, ed in quel momento nessuno immagina che i venticinque anni successivi saranno ancora più gloriosi. Quali titubanze però in principio, quali timori di fallire.


Umberto Agnelli aveva deciso di fare le cose in grande e fin dalla primavera, quando la squadra dei “puppanti” si dibatteva tra mille difficoltà, aveva fatto acquistare a Leeds un gigante buono a tutto, ma soprattutto centravanti, John Charles. Il tramite dell’operazione era stato Gigi Peronace, calabrese d’Inghilterra immaturamente scomparso pochi anni fa quando dava il suo contributo alla Nazionale di Bearzot. Ed aveva dato ascolto, il presidente, al mai dimenticato Cesarini, che aveva suggerito dall’Argentina il nome di un estroso giovanotto, Omar Sivori. I due acquisti comportavano il sacrificio di Hamrin che andava al Padova e di Conti che prendeva la via di Bergamo, in quanto il regolamento ammetteva in quegli anni la presenza in squadra di uno straniero ed un oriundo. Com’era, appunto, Sivori.
Fine estate del 1957 dunque: questa nuova Juventus, guidata dall’allenatore jugoslavo Ljubiša Broćić, all’ombra del quale da il suo contributo sempre prezioso Baldo Depetrini, cerca di conoscersi e collaudarsi. Il 28 agosto gioca un’amichevole in notturna a Bologna contro un’altra squadra ambiziosa, il Bologna di Maschio, mezzala della Nazionale argentina insieme a Sivori, dell’estroso Vukas, di Pascutti. È un disastro, la Juve se ne esce quella sera ingobbita da sei reti al passivo ed una sola all’attivo! Di fronte ad una folla strabocchevole, con i dirigenti locali costretti ad aprire i cancelli ed ammettere gratis migliaia di persone in tribuna, perché erano andati esauriti i biglietti dei popolari e si temevano incidenti, i petroniani segnano due reti nel primo tempo, subiscono un gran goal di Charles che rimette in piedi l’incontro, poi dilagano nella ripresa.
La Juve non aveva mai perso prima, in precampionato. Scriveva Vittorio Pozzo, quel giorno: «Fino al riposo di metà tempo si poteva parlare di buona o di cattiva sorte, per quanto la superiorità tecnica del Bologna già apparisse lampante. Si pensava che gli juventini avrebbero avuto una reazione del tipo forte nella ripresa. Invece è venuto il crollo». E conclude, l’articolista: «Le grandi sconfitte hanno sempre in sé motivi speciali. Quella che ha visto i bianconeri scornati a tal punto non era la squadra che conosciamo. Ma se quella fatta vedere in quest’occasione è la vera forma del Bologna, sarà interessante vedere chi lo potrà fermare in campionato».
Pozzo concedeva dunque attenuanti alla Juve, ma era stato impressionato dai rossoblu. La gente era perplessa, incredula. Arriva dunque il campionato con questi dubbi da risolvere, dubbi che la Juve spazza ben presto con cinque successi ed un pareggio nelle prime sei partite, la conquista di un primato che i bianconeri non molleranno più fino alla fine. La macchina da goal composta da Charles e Sivori si mette in moto, sono genio (il gallese) e sregolatezza (l’argentino) che si completano bene, con la maestria di Boniperti che, per dirigerli, rinuncia ai goal in prima persona. Segneranno 50 reti in due, nella stagione, un’enormità, con Charles capolista a quota 28. A proposito del gallese: era stato contattato un paio d’anni prima dall’Inter che poi gli aveva preferito lo svizzero Vonlanthen; la storia si ripeterà vent’anni più tardi con un certo Platini.
La prima sconfitta, che giunge a Vicenza all’ottava giornata (segna anche un certo Campana, che sta studiando da avvocato) non turba nessuno. Il giovane Mattrel rientrato dal prestito di Ancona sta prendendo fiducia, Rinon” Ferrario è tornato da Trieste ed insieme a Garzena costruisce dighe, davanti si distingue un ragazzino arrivato da Padova, Nicolé, al quale si pronostica un futuro da campionissimo. Ma succede anche che Stacchini, partito per far da riserva alle due ali, finisce di giocare con profitto più di Nicolé e Stivanello.
Alla decima giornata la Juve va a Bologna, dove aveva creduto due mesi prima di dover dare addio a certi sogni. Ma la musica è ben diversa, questa volta: uno, due, tre, quattro goal, dopo un’ora di gioco la Juve conduce per 4-1 e l’ultima rete, di Boniperti, è stata magistrale.
Sentiamo da Vittorio Pozzo: «Il capitano dei bianconeri servito in profondità si proietta in avanti sulla destra, evita con un tocco magistrale il portiere che gli si è gettato nei piedi e da posizione difficilissima, quasi dalla linea di fondo del campo, spara. Colpita di taglio, la palla sta per entrare in rete, quando interviene di testa il centromediano Mialich con un tocco ultimo, ma la palla sarebbe entrata egualmente».
Poi la Juve si appaga e subisce due reti, ma esce comunque trionfante dal campo che in estate l’aveva vista umiliata. Alla fine dell’andata i bianconeri hanno 25 punti, due più del Napoli e del miracoloso Padova “catenacciaro” che Nereo Rocco guida con saggezza e dove Hamrin segna reti preziose. Giungeranno ottimi terzi i patavini a fine stagione, un punto appena dietro alla grande Fiorentina. La quale sarà si seconda, ma staccata di otto lunghezze dalla macchina bianconera che nel ritorno colleziona 26 punti. Le reti fioccano, anche se la difesa qualche volta si distrae ed incassa qualche goal di troppo. Ma ci pensano Charles e Sivori, a rimediare. L’uno o l’altro, o tutti e due insieme, nessuna porta è proibita. Solo otto volte, su un totale di 34 partite, la coppia resta all’asciutto. Il campionato diventa un autentico trionfo, si chiude fra gli evviva.
Un passo indietro: durante una tournée in Scandinavia la Juve ottiene un successo clamoroso, 10-1, contro I’AIK di Stoccolma, l’ex squadra di Hamrin. Scrivono i giornali locali: «Non si era più vista una squadra così grande da quando si è sciolta la famosa compagine ungherese. Non dimenticheremo mai ciò che la Juventus ci ha mostrato».
Detto da neutrali come gli svedesi, è un complimento da serbare prezioso, che la dice lunga su questa eccezionale Juve.

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