È possibile che un giocatore possa entrare, in pochi mesi, nel cuore dei tifosi? Ovvio che sì, se il calciatore in questione risponde al nome di Juan Cuadrado e se segna il goal vittoria in un derby, in piena Zona Cesarini! Ma andiamo con ordine: Juan arriva nell’estate del 2015, in prestito secco dal Chelsea, vale a dire senza nessuna possibilità di riscatto da parte della società bianconera.
Personaggio simpaticissimo come pochi, Cuadrado giunge a Torino accompagnato da scetticismo: sulle sue qualità non si discute, ma è la difficile collocazione tattica e il suo modo egoistico e confusionario di giocare che lasciano qualche dubbio ai supporter juventini. Per fortuna della Vecchia Signora, Allegri ha le idee chiarissime e impiega Juan come esterno destro di difesa, sia che si schieri a tre oppure a quattro. I risultati sono devastanti: Cuadrado è imprendibile per i difensori avversari che, spesso e volentieri, devono adottare le maniere rudi per fermarlo. Segna poco, dicono di lui. Sarà anche vero, ma le reti che realizza sono sempre pesanti. Come quella nel derby: è la sera del 31 ottobre, la notte di Halloween. E, in effetti, è dall’inizio della stagione che i tifosi juventini vedono le streghe. La squadra, infatti, viaggia appena sopra la linea di galleggiamento della zona retrocessione e il derby è già una specie di ultima spiaggia. Pogba, con uno dei suoi tiri irresistibili, mette subito in chiaro l’atteggiamento della Juventus ma Bovo, in modo molto fortunoso, infila Buffon per il pareggio granata. Mancano pochi secondi alla fine del recupero, Pogba serve Alex Sandro il quale, senza pensarci due volte, scaraventa in area di rigore un cross rasoterra che buca la difesa granata. Arriva Cuadrado e colpisce la palla, non si sa bene come, che si infila lemme lemme nella porta torinista. Si ripetono le scene di esultanza viste l’anno prima, quando fu Andrea Pirlo a segnare il goal del 2-1 negli ultimi istanti di gioco. La Juve prende la spinta decisiva e andrà a conquistare uno scudetto tanto insperato quanto meritato.
«In una partita così importante per noi, penso sia il goal più bello della mia carriera – confessa alle telecamere – segnare così, all’ultimo minuto è una gioia bellissima».
Va a segno anche contro la Fiorentina con un colpo di testa, non certo la specialità della casa («Volevo servire Mandzukic o Khedira sul secondo palo, per fortuna è andata dentro», ammette il colombiano), propizia l’autorete decisiva contro il Genoa, sblocca il risultato nella difficile trasferta di Frosinone e timbra uno dei quattro goal con i quali la Juve seppellisce il Palermo. C’è gioia per lui anche in Coppa dei Campioni: infatti, realizza l’illusoria rete del 2-0 all’Allianz Arena di Monaco. Dopo lo scudetto, alza anche la Coppa Italia e molto merito del goal decisivo di Morata è anche suo, grazie a un millimetrico cross che sorprende la difesa milanista.
Conte, neo allenatore del Chelsea e grande estimatore del colombiano, lo rivuole assolutamente a Londra e per Juan non resta nient’altro che fare le valige.
«Io alla Juve mi sono sentito fin da subito a casa mia – ammette – e non mi vergogno a dire che in occasione della mia ultima partita in bianconero mi sono messo a piangere e ho chiesto conforto a Buffon. Sapete che cosa mi ha detto? “Persone che onorano la maglia come te, devono restare qui”».
Non fa nemmeno in tempo a svuotare l’armadietto che è già di ritorno. Il Chelsea, infatti, lo rispedisce a Torino in prestito per tre anni. Panita è al settimo cielo e ripaga la fiducia dell’ambiente bianconero con un altro anno di altissimo rendimento. Sensazionale il gol impossibile che segna a Lione contro l’Olympique e decisivo quello realizzato contro l’Inter il febbraio. Scudetto e Coppa Italia arricchiscono la sua bacheca.
La Vecchia Signora decide di prolungare il matrimonio con Cuadrado e lo riscatta nell’estate del 2017. Ancora vittorie e ancora reti fondamentali, come quella contro Genoa, Milan e Benevento, partita quest’ultima rivelatasi inopportunamente complicata.
Più travagliata si rivela l’annata 2018-19: dopo essere andato a segno in contro il Cagliari, incappa in un infortunio al ginocchio sinistro nella trasferta dicembrina di Coppa Campioni contro lo Young Boys, che lo costringe all’operazione e a saltare gran parte della seconda parte della stagione; rientra in campo solo in aprile, giusto in tempo per vincere il suo quarto scudetto consecutivo.
SILVIA SANMORY, DA JUVENTIBUS DEL 21 SETTEMBRE 2019
«Io ero come loro, un bimbo di strada».
È il maggio dello scorso anno, la location un relais in un ex monastero tra i vigneti di Santo Stefano Belbo, paese natale di Cesare Pavese.
A parlare è l’ex menino de rua Juan Guillermo Cuadrado Bello, l’occasione una cena di gala con asta di beneficienza per sostenere la Fundacion che porta il suo nome. Ci sono le maglie e le scarpe di Buffon e di Dybala pronte per essere battute, chi se le assicura contribuisce tra le altre cose alla creazione di scuole e contenitori ricreativi per i bimbi colombiani.
Mi aspetto il Cuadrado del campo, il ricciolone che inventa coreografie a ogni gol. Invece è più posato, a tratti si interrompe, è commosso. Saranno le immagini che scorrono, istantanee crude di vita vissuta che stridono con la sontuosità delle portate.
«Sono cresciuto su un campo di terra battuta, a Necoclì, imitando Ronaldo e sognando il futuro come tanti altri bambini poveri che riescono a sorridere correndo dietro a un pallone. Non posso scordare i sacrifici di mia mamma in un posto dove c’è il narcotraffico».
Gli scontri tra narcotrafficanti e gruppi paramilitari sono all’ordine del giorno: «Ogni volta che ascolti un colpo di pistola devi nasconderti sotto il letto, mi dicevano i miei genitori».
Anche il papà, autista di camion addetto al trasporto di bibite gassate, perde la vita crivellato dai colpi: «Da quel momento mia madre fu la mia guida e la mia protettrice».
Il piccolo Juan la segue ogni tanto nelle piantagioni di banane di Apartadò, dove lavora, calciando tutto quello che incontra; la accompagna ai corsi serali, addormentandosi in fondo alla classe. È un bimbo iperattivo ma la mamma si adopera per fare in modo che non smarrisca la via e continui ad andare a scuola.
«Un giorno mi sono fatto male per disattenzione giocando a pallone – racconta un aneddoto – e la mamma per un mese mi ha tolto le scarpe da calcio. Forse la punizione peggiore che ho ricevuto. Ma ho imparato il rispetto delle regole, il rispetto dei compagni e il senso del sacrificio».
Nel 2008 esordisce con l’Indipendente di Medellin, due anni dopo con la Nazionale colombiana; la firma con la Fiorentina arriva nel 2012 dopo essere passato per il Lecce e l’Udinese, infine il Chelsea.
Poi, finalmente, la Juve, ceduto in prestito dal club inglese nell’agosto del 2015, quella Juve che giorni fa ha ribadito essere «casa mia» con buona pace di Paratici che presto potrebbe firmare il suo rinnovo.
Il suo primo gol in bianconero arriva a breve, il 31 ottobre; una rete decisiva, al minuto 93’ di un derby che ristagna sulla parità. Alex Sandro crossa da fondo, Juan si catapulta sul pallone proveniente da sinistra entrando in scivolata, anticipando Glik e decidendo le sorti della sfida contro il Toro: «Cuadrado con quel gol scrive un’altra paginetta di goduria bianconera e sofferenza granata» annota il giorno seguente “Tuttosport”. Indimenticabile. Anche perché poi da lì inizia il filotto di ventiquattro vittorie su venticinque partite che consacra alla storia la più incredibile rimonta della storia della serie A.
Così come il suo primo gol bianconero europeo, a Monaco contro il Bayern, la rete dello 0–2, un tiro precisissimo a filo di palo dopo due dribbling ubriacanti, lui steso a terra euforico con tutti i compagni di squadra altrettanto euforici a celebrare il momento. Poi è arrivata la rimonta teutonica, sono arrivati amarezza, rimpianti, rabbia, delusione ma io mi impongo di ricordare e conservare, parafrasando Pavese, più un attimo di esaltazione che un’intera giornata storta...
Se penso a Juan c’è però una giornata storta che non posso non ricordare, quella dell’ultimo turno della fase a gironi della Champions League quando schierato contro lo Young Boys Cuadrado è stato costretto a lasciare la partita in anticipo per un infortunio che ha dato il via all’odissea che conosciamo: operazione al menisco esterno del ginocchio sinistro il 28 dicembre del 2018 a Barcellona, conseguenza nefasta e inevitabile Allegri non può schierarlo nella lista dei giocatori a disposizione per la fase a eliminazione diretta della Champions.
In un’intervista rilasciata al “Corriere dello Sport” nell’aprile scorso Cuadrado commenta così i mesi di stop forzato: «Succedono queste cose nel calcio, quando vedevo le partite e pensavo che potevo essere lì ad aiutare, essere lì con i miei compagni, ero triste. Ma ho sempre guardato avanti e ho pensato a recuperare il prima possibile per tornare a disposizione. Quindi con il sorriso è stato tutto più semplice».
Eccome, mi verrebbe da dire, pensando alla sua rete contro l’Atletico di qualche giorno fa, tra l’altro con una serie di “pesi” che non deponevano a suo favore: inserito a sorpresa da Sarri, un primo tempo sottotono e criticato, la sua ultima rete il 3 novembre scorso (Juve–Cagliari). Eppure il menino Juan realizzata un gol perfetto, con un’azione perfetta per senso dell’inserimento, dribbling e soprattutto conclusione...
Rete capolavoro e maledizione spezzata: mai prima la Juventus era riuscita a segnare un gol in casa dei Colchoneros. Ci ha pensato lo Smiling Boy che ama il reggaeton dopo un gol, quello che ripete spesso il mantra di mamma Marcela: «Dio ti ha dato tanto ma tu devi meritartelo».
L’estate 2019 riserva una sorpresa (più o meno gradita) ai supporters della Zebra. Allegri non c’è, al suo posto Maurizio Sarri. È una stagione lunghissima, durata quasi un anno a causa della pandemia del Covid. Mentre in tutto il mondo si piangono milioni di morti, il calcio cerca (a fatica) di andare avanti. Anche il nuovo tecnico schiera Cuadrado con compiti più difensivi e Juan risponde come sempre “presente” mettendo insieme ben quarantacinque presenze. Ancora uno scudetto, il quinto consecutivo.
Via Sarri e dentro Andrea Pirlo. Cuadrado è ormai tra i senatori dello spogliatoio bianconero: il primo novembre 2020, nella vittoriosa trasferta di La Spezia, dopo l’uscita dal campo di Bonucci, indossa per la prima volta la fascia di capitano, una grandissima soddisfazione per un giocatore che non si è mai tirato indietro. Nonostante le difficoltà in cui incappa la Juventus in quest’annata, costretta dopo nove anni ad abdicare nella difesa dello scudetto, Juan riesce comunque ad ampliare il proprio palmarès grazie alle affermazioni nella Supercoppa italiana e nella Coppa Italia, giocate entrambe a Reggio Emilia.
Col gruppo storico dei nove scudetti consecutivi avviato al tramonto, nella stagione 2021-22 neanche il ritorno di Allegri riesce a far rivivere in casa bianconera i fasti del recente passato. Cuadrado e compagni si chiudono la stagione senza mettere trofei in bacheca. Il colombiano si fa notare per la rete meravigliosa e quasi impossibile, realizzata direttamente dalla bandierina del calcio d’angolo, che il 5 dicembre 2021 consente alla Juventus di battere il Genoa.
ANTONINO MILONE, DA TUTTOSPOT.COM DEL 29 GIUGNO 2023
Mettiamola così: alla fine il ragazzo (massì, dai, ha trentacinque anni e giocherà ancora) non poteva non farsi contagiare dal clima bizzarro di una stagione incredibile per la sua squadra. E quindi non si poteva pretendere che Juan Cuadrado si stagliasse ben al di là della soglia globalmente non irresistibile di una Juventus alle prese con una classifica del campionato 2022-23, dall’andamento sinusoidale: su, poi giù e poi ancora su, come cantavano i Vernice trent’anni fa...
Ma questo è calcio, non musica. E dunque, via il dente via il dolore: è giunta l’ora, il Panita di tutti noi, l’amicone di qualsiasi juventino esista sulla faccia della terra, saluta. E stavolta sul serio, non come quando se ne tornò al Chelsea anni fa, forse sapendo che già sarebbe tornato presto. Cuadrado e la sua splendida famiglia fanno ciao ciao con la manina a una Torino che Juan ha fatto emozionare in entrambi i sensi: quella bianconera ha goduto da impazzire per via di alcuni exploit che resteranno nella storia.
Se ne va, Cuadrado, dopo otto stagioni di Juve vissuta ad altissima intensità, 314 partite e ventisei gol, esibizioni straordinarie e altre dimenticabilissime, anche per via di nervosismi assortiti (con Samir Handanovic non risulta abbia mai preso un caffè, però hai visto mai…), assist sublimi e momenti di follia frammista a euforia del tutto positiva, come nei giorni degli scudetti bianconeri in serie.
Già, Massimiliano Allegri ormai sapeva benissimo che nel giorno in cui avesse vinto il tricolore, la sua giacca sarebbe filata dritta dritta in tintoria, prima però lo shampoo sui capelli, perché a Juan bisogna spiegare che la schiuma va messa sulla barba, non altrove. E insomma, per riassumere, Cuadrado lascerà sicuramente una sensazione di vuoto, al netto di alcuni “passaggi” un po’ così. Forse mai spiegati per bene, come quando ad esempio rinnovò per l’ultima volta con la Juventus grazie a un’opzione scattata alla quarantesima presenza stagionale, malgrado il club avesse gradito che al contempo il giocatore si asciugasse lo stipendio da cinque milioni di euro netti. Non l’ha mai fatto.
Quattordici mesi dopo quella firma, la società ha detto basta e il colombiano se ne andrà da svincolato di lusso. Soddisfatto, certamente, per aver reso felici milioni di tifosi bianconeri perché solamente grazie a lui, uno dei pochi dribblatori e conquistatori di calci piazzati in rosa, alcune partite si sbloccarono: vedi Lione-Juve nel 2016 in Champions, vedi gli altri gol segnati al Toro o perché più di una volta si è preso gioco dell’Inter, per altro l’ultima squadra a cui ha segnato - in semifinale di Coppa Italia - nella sua avventura juventina. Il suo entourage ha ricevuto sondaggi da club italiani, arabi e americani. Juan lascerà Torino e, in fondo, chi ha vissuto i suoi anni bianconeri, nell’attesa che Timothy Weah combini qualcosa da… Weah, lo rispetterà. Per sempre.
Il suo saluto: «Grazie Dio. Storia di un grande amore. È quella che oggi si chiude per me dopo otto stagioni con la maglia della Juventus. Abbiamo vinto e gioito insieme, superando uniti anche i momenti di difficoltà. Sempre e solo a difesa di questa leggendaria maglia bianconera. Per tutti questi momenti speciali voglio dire grazie ai tifosi e alla società, una grande famiglia che non mi ha fatto mai mancare affetto e stima. E ora, dopo 314 partite e undici trofei alzati al cielo glorificando e onorando Dio, è arrivato il momento di salutarsi, anche se quello ai colori bianconeri non sarà mai un addio. Grazie Juventus, è stato bello! Fino alla fine! PANITA 11».
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