«In fondo Sarri è un Maifredi che ce l’ha fatta...». Questa frase dell’amico Alessandro Bassi mette a confronto la storia di due allenatori passati come meteore nella storia bianconera ma capaci di lasciare un segno… anche se non di certo positivo.
Tante le analogie fra i due… nessuna esperienza da calciatore, chiamati a sostituire un allenatore vincente (Zoff e Max Allegri), portatori di bel gioco (“il calcio champagne” e il “sarrismo”), abbandonati presto dalla dirigenza e ancor prima dalla squadra («Per lui esiste solo Baggino», ebbe a dire Tacconi di Maifredi).
Certo, la differenza è che Sarri ha vinto uno scudetto (e scusate se è poco) ma, obiettivamente, il compito non era poi così arduo. La Juventus è da un decennio la squadra più forte in Italia per distacco. Quella di Gigi da Lograto partiva in quinta posizione, dopo le milanesi, il Napoli e la Samp di Vialli e Mancini. Nonostante Baggio, nonostante Schillaci.
Dopo un anno si riparte. Coi ritorni di Boniperti e il Trap (dopo la nefasta gestione della triade Montezemolo-Bendoni-Governato) allora. Con l’arrivo a sorpresa di Pirlo adesso.
Cosa ci hanno lasciato il toscano/napoletano e il bresciano? Poco e niente… solo discussioni da bar (o da social) e la palma di allenatori fra i più scarsi che abbiano mai seduto sulla panchina della Vecchia Signora.
VALERIO VITALI, 8 AGOSTO 2020
Il progetto Sarri alla Juve è fallito ed è fallito miseramente. Certo, dirlo dopo uno scudetto vinto fa specie, ma è negli appuntamenti di coppa che si è palesata un’insufficienza palese, nel gioco e nello spirito. Le finali perse con Lazio e Napoli e il doppio confronto con il Lione hanno fatto emergere quei limiti alla mentalità “sarriana” che erano visibili anche a Napoli. Contro squadre chiuse, tatticamente ben disposte dietro, Sarri ha sempre faticato e soprattutto, non ha mai posto rimedio a gara in corso.
La gara contro i francesi ieri sera ha segnato una linea di non ritorno. Una linea che è stata tracciata in primis da Andrea Agnelli, fortunatamente “Deus ex machina” di questo organismo complesso chiamato Juventus. Un organismo che necessità di valori che non sono facilmente riscontrabili in altri club e che, la storia ci insegna, sono sempre stati sposati dagli allenatori che quelle squadre le hanno guidate. Quante volte avete sentito dire da Torricelli, Di Livio, lo stesso Conte frasi come “mi sarei buttato da un palazzo se Lippi me lo avesse chiesto”. E quante volte lo avete sentito dire a Bonucci, Lichtsteiner o Vidal nei confronti dello stesso Conte. Parole che a loro volta hanno pronunciato negli anni ‘80 con Trapattoni. Alla Juventus, prima di tutto, serve questo, serve un “rinnovato spirito”, come descritto amabilmente da Andrea Agnelli ieri dopo Juve-Lione.
Il progetto Sarri è fallito dalla culla. Un matrimonio mal combinato che Manzoni avrebbe narrato con un eloquente “non s’ha da fare”. Per molteplici ragioni tattiche ma anche di uomini a disposizione, sebbene la Juve nella mente di Paratici non fosse costruita così “dilettantisticamente”, come va di moda dire in questi giorni.
Per intenderci: un Ramsey alla Hamsik (incursore mezz’ala), con Bentancur suo alter ego tutto fare (come Allan) e un playmaker basso come Pjanic (dove sono finiti i 150 palloni da far toccare al bosniaco?).
Nel ragionamento di una rosa più ampia e con ricambi come Matuidi, Khedira, Rabiot ed Emre Can c’era tutto per fare bene. Purtroppo i continui infortuni di Ramsey, il mancato adattamento iniziale di Rabiot e le vicissitudini di Emre Can hanno complicato il tutto. Sarebbero attenuanti in caso di vittoria convincente della Serie A e di un trofeo nazionale e di una fuoriuscita dalle Final Eight di Champions League, ma in questo caso specifico no. Contro il Lione no. La Juventus non si può appiattire, allineare, al pensiero che il nodo gordiano del discorso intorno a Sarri sia riconducibile solo ed esclusivamente al centrocampo quando vieni messo alla porta dal Lione di Crequeret-Cornet-Tousart e compagnia cantante.
Il progetto Sarri alla Juve è fallito non solo nei risultati, quanto nell’espressione di gioco ed è questa la nota maggiormente dolente. Sui risultati (che alla Juve contano da sempre primariamente) ci si può anche passare sopra, ma sul come ci si è arrivati, che è stato il reale motivo di quel cambiamento richiesto più di un anno fa, che invece si deve essere intransigenti. Oltre ai due scontri diretti contro l’Inter (che comunque sono valsi il grosso dello scudetto per carità) non si è vista una Juve propositiva dall’inizio alla fine delle gare e quei 24 punti in Serie A che la Juventus ha perso per rimonte alquanto bislacche lo evidenziano in maniera sostanziale.
Crolli psicologici, decrescita di giocatori come Pjanic e Higuain, mancato (o tardivo) inserimento di Ramsey e Rabiot, o la gestione a dir poco pessima, dei casi Mandzukic ed Emre Can. Sarri ha fallito sia nell’espressione del gioco, troppo spesso lento e macchinoso, ancor più di Allegri questo è certo, sempre troppo inalberato tra vecchio e nuovo, tra idea di progetto futuro e un passato “rassicurante”. Sarri è caduto ma non lo ha fatto con le sue idee e questo è forse il rammarico maggiore.
ANTONELLO ANGELINI, 8 AGOSTO 2020
Arrivederci Maurizio Sarri. Anche tu hai vinto lo scudetto con la Juventus e quindi resterai nella storia della Vecchia Signora. Ovviamente speravo in un differente epilogo: Maurizio Sarri che vince, vincendo e convincendo, magari anche a tratti e che nel giro di un triennio ci porta sul tetto d’Europa.
Con tutti i sui difetti Maurizio Sarri ha alcune cose che mi piacciono, compreso il fatto di dire davvero ciò che pensa seppur in maniera un po’ ingenua. Interessanti e non monotone le sue spiegazioni tecniche. La sua mano si è vista più all’inizio che alla fine. Penso alle partite con Inter, Napoli, Lecce, Brescia, Roma in coppa Italia, al primo tempo contro la Lazio a Roma e così via. Poi man mano la squadra ha perso voglia di giocare, i giocatori apparivano sempre più svogliati e demotivati. Questo è stato il vero motivo dell’esonero. Distanza giocatori/allenatore. Non potendo cambiare tutti i giocatori e non riuscendo a difendere un allenatore che ha bisogno di pieni poteri per poter esprimere il suo gioco spumeggiante (quello che ci ha fatto vedere a Napoli) ci si libera dell’allenatore.
Funziona da sempre così. Ricordiamo che la campagna acquisti non la ha fatta lui, ricordiamo l’infortunio di Chiellini e l’inserimento molto lento di De Ligt, l’infortunio di Demiral. Ed ecco i troppi gol presi, vero problema della Juventus di Sarri, sono anche figli di questi infortuni. I nuovi si sono inseriti tardi (Rabiot) o mai (Ramsey). Una rosa senza molta logica piena di vecchi giocatori spesso infortunati (Khedira, Costa, De Sciglio, Chiellini), con troppo pochi attaccanti (contro il Lione deve entrare uno della primavera).
Poi Sarri ha fatto anche lui tanti errori, dalle dichiarazioni post sconfitta a Napoli, al voler insistere in alcune scelte contro ogni logica.
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