giovedì 5 novembre 2020

Blaise MATUIDI

 


«Essere stato un membro della famiglia Juventus è un sogno che si avvera, un onore. Ho scoperto un’istituzione incredibile, compagni di squadra che sono diventati molto di più. Rimarrò sempre il tuo fan numero 1, o meglio il numero 14. Grazie Juventus, grazie davvero».

LA MAGLIA DELLA JUVE – PAGINA FACEBOOK DEL 14 AGOSTO 2020
Sembra ieri: correva l’estate del 2017 e salutavamo l’arrivo sotto la Mole bianconera di Blaise Matuidi, trentenne, reduce da una lunga teoria di successi colti nelle fila del PSG. Ma il tempo corre veloce, come lui e anche di più, ed è giunta l’ora di salutare il “Charo”, che dopo tre stagioni con la maglia della Juve si trasferirà negli States. Giocherà nell’Inter di Miami, club militante nella MLS e del quale è comproprietario David Beckham.
Il centrocampista transalpino non è stato troppo amato dai fan della Vecchia, che non gli hanno mai perdonato un tocco di palla non eccessivamente raffinato, ma ne hanno apprezzato la generosità, la professionalità, la duttilità, la disponibilità a sbattersi per tutto e tutti. Durante la prima annata con noi, l’apporto di Blaise è risultato estremamente importante per la conquista del primato nazionale, e a un certo punto poteva rivelarsi a dir poco bagnato dall’immortalità sportiva.
La compagine di Allegri cominciò la stagione 2017-18 a buon ritmo, trascinata da un Dybala in stato di grazia: i gol della “Joya” mascherarono i problemi strutturali che minavano l’equilibrio della squadra. Il 4-2-3-1 che tante soddisfazioni ci aveva regalato fino a pochi mesi prima appariva come un abito un po’ sgualcito, financo logoro. Il sistema di gioco non era più interpretato con la stessa intensità dai suoi protagonisti. Nonostante l’irrobustimento del reparto offensivo, potenziato sugli esterni dall’ingaggio di Bernardeschi e Douglas Costa, i nostri eroi stavano manifestandosi incapaci, per un motivo o per l’altro, di garantire la congrua dose di atletismo e spirito di sacrificio necessari alla bisogna. La difesa si ritrovava sovente scoperta, schermata saltuariamente centralmente e poco sostenuta sugli esterni.
Il 19 novembre Madama subì un 3-2 a Genova, sponda blucerchiata, che sciolse definitivamente i dubbi che pervadevano Max Allegri. Il tecnico livornese non era da un bel po’ di tempo, soddisfatto della fase incontristica del complesso, ma mettere da parte un congegno che egli stesso aveva concepito e tanto bene si era espresso in passato non era una scelta semplice neanche per un tipo pragmatico come lui. Del resto, non si poteva proseguire su quella linea, e Max decise di potenziare stabilmente la Juventus sul piano dinamico e agonistico: cominciò a inserire senza soluzione di continuità Matuidi nell’undici titolare, che aveva ormai terminato il periodo di rodaggio mentale e tecnico che il mister riservava generalmente ai nuovi arrivati, più o meno giovani, più o meno esperti.
Il francese, che fino a quel punto aveva comunque disputato gare di estrema sostanza e utilità, divenne un cardine del 4-3-3 verso il quale la Zebra virò progressivamente, e che divenne il modulo di riferimento del settimo scudetto consecutivo. Non vogliamo (e non ci piace) ridurre il calcio a formulette matematiche intrise di magie: ma l’ex parigino si rivelò un eccellente propellente per la Juve. “Octopus” non si risparmiava mai: talvolta appariva strategicamente disordinato, ma rallentava le iniziative avversarie sul nascere senza esimersi dal contribuire a sporcarle nella loro fase terminale. Macinava chilometri, arretrava e si riproponeva con lodevole costanza, non si tirava mai indietro da un contrasto, una sovrapposizione, un raddoppio di marcatura. Si appropriò della fascia sinistra con impegno e dedizione. Non riuscì a farsi trovare sempre preciso in fase di costruzione, ma alla resa dei conti si fece apprezzare e non poco.
Naturalmente, va sottolineato come la sconfitta contro i blucerchiati non depresse i piemontesi, ma li stimolò a tornare più forti di prima: la Juve, per tradizione, non si deprime di fronte a uno schiaffo, lo incassa, lo analizza, si ricarica e lo sfrutta per ripresentarsi ancor più granitica. E lo scriviamo per amor di verità, senza nulla togliere a quanto di buono appena vergato sui meriti dell’ “avvoltoio”. Matuidi fu uno dei protagonisti del nuovo corso varato dall’allenatore toscano, senza se e senza ma, anche se è opportuno ricordare l’importanza del formidabile gruppo in cui si ritrovò a operare. E, l’11 aprile del 2018, in occasione del match del Bernabéu fra Real Madrid e Juventus, sfiorò l’immortalità nella saga del club sabaudo.
Sul risultato di 2-0 per noi, al 16’ della ripresa, il nostro sfruttò un’incertezza di Navas e andò a rete, portandoci momentaneamente a un triplo vantaggio che avrebbe significato una qualificazione alle semifinali di Champions League dai contorni leggendari. Purtroppo, allo scadere, un rigore di Cristiano regalò il passaggio del turno ai suoi, rendendo vana una rimonta comunque epocale; sminuendo, seppur ingiustamente ma fatalmente, il gol del mediano con la maglia numero 14.
Le prove offerte dal calciatore dai mille soprannomi sono calate di tono lungo l’arco del triennio trascorso a difendere i nostri colori. Un calo fisiologico: a una certa età, accade che un anno in più gravi enormemente su un atleta, accorciandogli drasticamente il minutaggio qualitativamente utile. Nel caso di Matuidi, che in carriera ha sempre dato tutto, un calo totalmente comprensibile. Blaise se ne va negli USA con un ruolino di 133 gare, 8 reti e 5 titoli messi insieme con la nostra maglia: non male.
Il Campione del Mondo ha chiosato con affetto sulla sua avventura torinese, ricambiato dalla società, che ne ha lodato quanto offerto alla causa e il complesso dei risalti ottenuti nel corso della lunga e proficua carriera.
Al termine della notte di Madrid ci trovammo orgogliosi, tristi, arrabbiati: in ognuno di noi i sentimenti si mischiavano e per ognuno di noi ce n’era uno che prevaleva sugli altri. Malgrado la delusione finale che inevitabilmente ci attanagliò, non potremo comunque dimenticare l’attimo in cui i cavalieri si erano palesati a compiere interamente l’impresa. L’attimo in cui segnò Matuidi. Lo vogliamo ricordare così.

MILENA TRECARICHI, JUVENTIBUS.COM DEL 10 AGOSTO 2020
Et voilà, la rivoluzione 2.0 di Andrea Pirlo inizia col botto: Blaise Matuidi saluta la Juventus dopo tre anni di militanza. Il campione del mondo è stato uno dei punti fermi di Allegri prima, e di Sarri poi, grazie alle sue abilità di movimento senza palla, nonostante la tecnica sopraffina non sia mai stata il suo punto di forza.
Impegno, corsa, mai una parola fuori posto, un professionista dentro e fuori dal campo. Blaise ha rappresentato i polmoni della squadra in questi tre anni, adesso da professionista qual è, ha capito che era giunto il momento di dirsi addio e senza batter ciglio, senza fare alcun tipo di ostruzionismo si è fatto da parte.
Arrivato nell’estate del 2017, il numero 14 lascia la Juventus dopo 132 presenze e 8 gol. Uno di questi, l’illusorio 0-3 di Madrid nel 2018, quando la Juve stava per riuscire nella titanica impresa di ribaltare lo 0-3 dell’andata contro il Real. Sempre a Madrid, nella Champions League di quest’anno, ha siglato il momentaneo 0-2 contro l’Atletico al Wanda Metropolitano.
Ora la Charo dance, il simpatico balletto con cui Blaise ha sempre festeggiato i suoi gol, farà scalo a Miami, dove è pronto ad accoglierlo David Beckham.
La rivoluzione 2.0 di Pirlo è appena iniziata, nel frattempo Mercì Blaise et Adieu!

DAL SITO UFFICIALE
Grazie di tutto, Blaise! Con i nostri colori ha lottato in ogni singola partita, in pressione costante sugli avversari, strappando una marea di palloni e rilanciando l’azione.
Ora, dopo tre stagioni, cinque titoli vinti (3 Scudetti, 1 Coppa Italia e 1 Supercoppa Italiana), Blaise Matuidi e la Juventus si salutano in seguito alla risoluzione consensuale del contratto.
Campione del Mondo con la Francia a Russia 2018, il transalpino ha sempre avuto un DNA vincente: lo dimostra la sua carriera, fin da quando indossava la casacca del Paris Saint-Germain, l’ultima squadra nella quale ha militato prima del suo arrivo a Torino, avvenuto nell’estate del 2017, a 30 anni.
“Charo”, diminutivo di “charognard”, avvoltoio in francese, dalla stagione del suo approdo alla Juventus (2017-18), nessun giocatore bianconero ha collezionato più presenze in Serie A di lui (98). Non solo: considerando tutte le competizioni, a partire dal 2017-18, solo Paulo Dybala (134) ha disputato più partite di Blaise (133) con la nostra maglia. Tutto questo, segnando 8 reti, fornendo 5 assist, intercettando 114 palloni e vincendo 210 contrasti, con una precisione nel passaggio dell’89%.
La prima delle 133 gare disputate in bianconero risale al 19 agosto 2017, nel 3-0 interno inflitto al Cagliari. La prima rete arriva invece quattro mesi dopo, a Bologna, con un tiro tanto preciso quanto angolato che supera Mirante. È stata soprattutto la sua sostanza nella linea mediana a fare la differenza, e a renderlo un giocatore molto amato al pubblico bianconero: per la sua grinta, per la sua caparbietà e per la capacità di non mollare mai.
Ed è per tutte queste sue caratteristiche e per il grandissimo impegno che ha sempre messo in campo con noi, che lo ringraziamo di cuore.
E gli auguriamo buona fortuna per il futuro.
Merci, Blaise!

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