La prima cosa che colpisce di Alessandro Frara – scrive Maurizio Ternavasio su “Hurrà Juventus” del maggio 2001 – è la contrapposizione tra la faccia da bravo ragazzo e la grinta. Ci spieghiamo meglio: l’aspetto esteriore e il modo di presentarsi farebbero propendere per il classico giovane tutto casa e chiesa, brillante a scuola, educato e sensibile. E, infatti, è proprio così: nonostante Alessandro stia studiando con profitto per diventare calciatore professionista, riesce ugualmente a essere (e non soltanto ad apparire) uguale a chi non deve affrontare un impegno tanto gravoso. Sia ben chiaro, non che chi giochi a calcio sia sempre all’opposto; solo che di solito la scuola è difficilmente conciliabile con lo sport ad alto livello, la famiglia è giocoforza spesso lontana e i modi tendono a essere meno formali che nel suo caso.
Alessandro frequenta con successo l’ultimo anno di liceo classico senza essere mai stato rimandato; in campo è tenace, rognoso, se occorre anche cattivo e non tira mai indietro la gamba. Una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde, insomma. «Non sono diverso dagli altri, soltanto mi applico. Se i compagni di classe brillano studiando dieci ore il giorno, io me la cavo sfruttando le due-tre ore che il football mi lascia a disposizione. Tra l’altro proprio in questo periodo devo decidere il futuro: non ho ancora sciolto ogni riserva ma credo che mi iscriverò a Giurisprudenza oppure a Scienze Politiche».
Leader del centrocampo nonostante i diciotto anni compiuti da poco, il torinese Frara, alla nona stagione in Juve, ha già al suo attivo due campionati e mezzo con la formazione Primavera. Testa alta, gran tiro da fuori, Alessandro calcia quasi indifferentemente di destro e di sinistro e ha anche una buona elevazione. Abile nell’impostare (ma anche nel concludere: per lui quest’anno tre reti in campionato), si giudica più un offensivista che un incontrista, e si trova particolarmente a suo agio come centrale, ma neppure disdegna di posizionarsi a destra, sulla fascia.
Il calcio, per Alessandro, è più che una passione; anzi, è un affare di famiglia, visto che il padre Gianni è stato professionista di buon livello per dodici stagioni. «Papà, centrocampista classe 1955, è cresciuto nel settore giovanile del Torino, e poi ha girovagato in Serie C tra Cosenza, Ravenna, Modena, Ancona, Novara, Asti e Voghera. A fine carriera è stato allenatore-giocatore del Nizza Millefonti, la terza squadra di Torino, in Interregionale. Ora sta pilotando con successo la Sangiustese nella volata decisiva per la C2».
Sua sorella Francesca, tredicenne con l’hobby della pallavolo, è un po’ la mosca bianca della famiglia. «Mia madre assiste a quasi tutte le mie partite, facendo le veci di papà che invece il sabato è spesso impegnato con i suoi ragazzi. Il calcio è per lei una specie di dannazione: dopo il marito, ci mancava anche il figlio. A parte gli scherzi, forse comincio a darle qualche piccola soddisfazione: la recente convocazione in Nazionale Under 18 per la qualificazione agli Europei di categoria l’ha certamente resa felice. Io però mi sento tutt’altro che arrivato».
Ci mancherebbe altro. Anche perché per Frara junior il bello deve ancora venire. Nel calcio attuale a diciotto anni, anche se si promette bene come nel suo caso, non si è ancora né carne né pesce, sino a quando non si entra in pianta stabile a far parte della rosa di prima squadra di qualche società professionistica di buon livello. Nessuno può, infatti, negare che il gran numero di stranieri presenti in tutte le serie penalizzino più del dovuto i nuovi talenti che cercano di farsi largo nel calcio che conta. Per questo i giovani “nostrani”, per arrivare in alto, devono mettere in mostra qualità davvero fuori dal comune.
«Per carattere sono portato a puntare sempre al massimo, che nel mio caso significa alla Serie A. Visto che mi muove un’enorme passione per il calcio in quanto sport e non solo il mito della celebrità e del conto in banca, mi adeguerei anche a un’onesta carriera in Serie C, come quella di papà. Pure in questo caso, inutile dirlo, se dovessi scegliere privilegerei il football rispetto alla laurea. Però conto di portare avanti le due cose insieme. Almeno, ci provo».
Intanto la Primavera dei Guzmán, dei Gasbarroni, dei Péricard ma anche di Frara ha conquistato la qualificazione alle fasi finali del campionato italiano di categoria. Un exploit che ha dell’incredibile, se si pensa come gli esordi di stagione sono stati difficili. Nonostante il gioco non sia mai mancato, i punti stentavano ad arrivare; poco prima della fine del girone di ritorno, la squadra si ritrovava attorno all’ottava posizione, a un bel po’ di punti di distacco da quella quinta piazza che dà diritto ad andare avanti. Alessandro, qual è la molla che è scattata dentro di voi in questi ultimi mesi? «Il miglioramento c’è stato, eccome, e su tutti i fronti. Ora siamo un vero gruppo affiatato, all’inizio scontavamo l’assemblaggio tecnico e caratteriale di ragazzi di diversa provenienza, alcuni dei quali stranieri. Certo è che l’evoluzione non è avvenuta per caso. Grossa parte del merito va riconosciuta a mister Gasperini, che ci ha sempre spronato a dare il massimo, e alla società, che non ha mai smesso di credere in noi. E i risultati si sono visti».
Immaginiamo che a questo punto gli obiettivi siano una conseguenza del ritrovato entusiasmo. «Non potrebbe che essere così – continua Frara – personalmente sono molto fiducioso per il seguito della stagione. La qualificazione è acquisita. Ora si tratta di difendere il primo posto, un premio meritato per la nostra crescita, un’enorme soddisfazione per come si erano messe le cose all’inizio. Dal momento che passano il turno le prime cinque squadre di ognuno dei tre gironi più la migliore sesta, nei quarti di finale dobbiamo a tutti i costi essere all’altezza della situazione per approdare alla poule finale di Jesi. Lì ci giocheremo tutte le nostre carte: chi, come me, ambisce a un posto al sole, in un’occasione del genere non può certo fallire».
Alessandro, per terminare prova a esprimere un desiderio. Sai, noi di “Hurrà” a volte portiamo bene. «Vorrei tanto che qualcuno della rosa della Primavera riuscisse a esordire in Serie A già da quest’anno. Magari quello che nella lista depositata in Lega ha il numero trentadue. Dicono che non sia male». Inutile dire che costui risponde al nome di Alessandro Frara. Uno che ha le idee chiare e tutte le prerogative per diventare qualcuno. Nel calcio come nella vita.
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Nemo propheta in patria sua, è la famosa locuzione latina. Sarà così anche per Frara: due sole presenze in maglia bianconera, una al Celtic Park nella sconfitta per 3-4 in Champions League contro i biancoverdi scozzesi e in un’altra sconfitta (ininfluente, per il passaggio del turno) contro l’Atalanta in Coppa Italia. Avrà, comunque, la soddisfazione di esordire in Serie A, la stagione successiva, ma con la maglia del Bologna. Torino non lo rivedrà più se non come avversario.
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