sabato 25 giugno 2016

Andrea MASIELLO

Arriva alla Juventus nell’estate del 2003 ed è aggregato alla Primavera allenata da Vincenzo Chiarenza, con la quale conquista, nel 2004 e nel 2005, il Torneo di Viareggio. Il 20 aprile 2005 debutta in Prima Squadra, subentrando al 56’ ad Alessandro Birindelli, nella sfida casalinga contro l’Inter persa per 0-1. A fine stagione viene totalmente riscattato dalla squadra bianconera per poi essere ceduto in prestito all’Avellino e continuare la sua carriera lontano da Torino.

MAURIZIO TERNAVASIO, “HURRÀ JUVENTUS” MARZO 2004
È figlio d’arte, come molti dei ragazzi che hanno fatto parte negli ultimi anni della Primavera: probabilmente i cromosomi sono sensibili alle capacità pedatorie dei genitori, che cercano di tramandarli alla pari dei tratti somatici o caratteriali. «Mio padre Mario, nato in provincia di Frosinone nel 1955, ha vinto il Torneo di Viareggio con la maglia del Napoli, poi ha giocato a Olbia e a Civitavecchia sempre nel ruolo di mediano. Mia madre invece è casalinga, e non ama particolarmente il football».
Andrea Masiello, classe 1986, è una delle rivelazioni della squadra di Chiarenza: acquistato dalla Lucchese come prezioso rincalzo della difesa, si è sin da subito imposto come indiscusso titolare del ruolo di difensore centrale grazie ad una serie di prestazioni autorevoli e convincenti. In campo pare ben più smaliziato di un diciassettenne. «Il calcio è per me una grande passione», dice il biondo difensore. «Ho iniziato a giocare a cinque anni nel National, una piccola società di Viareggio dove sono nato, poi a dodici sono passato alla formazione Giovanissimi della Lucchese, e con questa casacca sono arrivato sino alla Berretti».
La modestia non gli fa dire che già alla fine dello scorso campionato ha assaporato la gioia di disputare un paio di partite in Serie C proprio con la compagine toscana. Cosa che gli ha permesso di farsi notare dagli osservatori bianconeri che lo hanno portato a Torino. Così dalla scorsa estate Andrea divide una camera dell’Hotel Astor con Andrea Rossi della Berretti, frequentando con profitto il terzo anno di ragioneria in un istituto cittadino. A casa torna mediamente una volta al mese, preso com’è dagli impegni calcistici che si fanno sempre più pressanti: negli ultimi tempi ha sostenuto anche qualche allenamento con la prima squadra, e in occasione dell’incontro di andata di Coppa Italia contro il Siena, Lippi lo ha portato in panchina. «Non fosse che sono un tipo piuttosto freddo, sarebbe stata un’emozione da tagliare le gambe. Invece è stata semplicemente un’immensa gioia», racconta con un sorriso che la dice tutta sul suo approccio con il calcio professionistico che è li, alle porte, se solo saprà fare il salto di qualità che tutti si aspettano da lui. «Ho sempre e soltanto giocato come centrale difensivo. Sono un destro naturale che si sta sforzando di migliorare un sinistro per ora insufficiente, però credo di avere una discreta tecnica e una buona grinta».
Ottimo il colpo di testa, aggiungiamo noi, così come l’adattamento al gioco a uomo a zona, con difesa a 3 o a 4. Per di più, il che non guasta, ha sin qui realizzato due goal. «Le consegne prevedono che vada in avanti soltanto nei calci da fermo, per cercare di sfruttare la propensione al colpo di testa. Altrimenti me ne sto rintanato nella nostra metà campo, pronto alla marcatura e all’interdizione». Il lavoro, anche nel caldo, paga (quasi) sempre. «Do sempre il massimo di me stesso, ci tengo a confermarmi a questi livelli. La mia migliore qualità? Forse la sicurezza: non so cosa sia la paura, a questa età non credo sia giusto averne».
Non che Andrea sia un kamikaze, uno di quei giocatori un po’ sciagurati che, pur di intercettare il pallone, farebbero di tutto, compreso scalciare malamente l’avversario di turno, anzi. L’arcigno difensore viareggino è un giocatore dal fisico possente ma elegante, puntuale negli anticipi, potente, preciso, che non guarda in faccia nessuno. «L’anno prossimo per me sarà un anno ancora più decisivo: se voglio arrivare a certi traguardi, devo migliorare ulteriormente. Anche perché non sarò più una sorpresa, spero neppure una meteora, e avrò molti occhi puntati addosso. Se adesso sto muovendo i primi passi, mi aspettano delle scale ripide e insidiose. Non voglio proprio scivolare indietro». La Juve di questa stagione ha in rosa, come capita da diverso tempo a questa parte, diversi ragazzi stranieri: quale è il tuo pensiero in proposito? «Lo ritengo un fatto assolutamente positivo. La contaminazione con diverse esperienze calcistiche non può che far bene già in queste categorie, stimola al miglioramento continuo e contribuisce all’acquisizione di dinamiche che altrimenti rimarrebbero sconosciute sino all’approdo al professionismo».
Masiello e la famiglia, Masiello e mister Chiarenza. «Non smetterò mai di ringraziare i miei genitori, che mi hanno permesso di fare quello che volevo già in tenera età pur di assecondare la passione per quello che spero diventi un mestiere. L’allenatore invece è un uomo di calcio molto preparato, abile a inculcarci anche i concetti che a prima vista potrebbero sembrare semplici e banali. E poi è dotato di forte personalità, il che non guasta quando si ha che fare con dei ragazzi di diciotto-diciannove anni provenienti dai più disparati contesti». Insomma, si direbbe che stia andando tutto bene, quasi alla meraviglia. «L’ambiente è sereno, tra noi c’è molta armonia e amicizia in campo e nella vita di tutti i giorni. E non lo dico per compiacere qualcuno, ma perché lo penso davvero. L’unica cosa che mi manca è il mare, l’azzurro del mio mare. Però, devo riconoscerlo, anche il bianco e nero non è poi così male».

Nessun commento: