mercoledì 27 aprile 2016

Friedrich BOLLINGER


Nato a Basilea nel 1884, approdò nel 1903 nel nostro campionato giocando con la maglia della Juventus. Tornò in Svizzera per due stagioni, militò nell’ Old Boys di Basilea e nel 1905 esordì nella nazionale elvetica. L’anno seguente lo ritroviamo nuovamente in Italia e fino all’ottobre 1906 era nelle file della Juventus.
«Come tecnica di gioco è unico in Italia – si può leggere sui giornali dell’epoca – ha un gioco elegante, preciso e vigile sempre. Occupa un posto di back, è un beniamino del pubblico italiano, ché ovunque egli si porti a giocare gli è prodigo di meritati applausi. Bisogna aver visto Bollinger, quando si presentava al campo serio e rigido, col fiocco dell’immancabile fascia di capitano facente capolino su di un fianco, quando col suo piazzamento intelligente, col modo nitido di colpire la palla, coll’intesa più astuta, cercava di facilitare l’opera del compagno di linea o del portiere, quando interveniva con uno scatto nervoso nelle situazioni più intricate, uscendone vittorioso con la palla al piede; bisognava averlo visto allora per riconoscere come il lavoro suo fosse un esempio di finezza e di efficacia nello stesso tempo. Indifferentemente schierato a destra o a sinistra, Bollinger è un campione vero».
Nel dicembre dello stesso anno fu tra i fondatori del Torino, diventando una bandiera dei granata fino al 1914.
La testimonianza di Vittorio Pozzo, suo grande estimatore: «Il grande terzino di Basilea, uno dei più bei calciatori che abbiano mai militato in Italia, un galantuomo e un gentiluomo. Alto, magro, Fritz Bollinger era l’immagine della cortesia e dell’eleganza allo stesso tempo. Era raro che caricasse un avversario. Prendeva posizione, interveniva con sveltezza e la palla era ogni volta sua. Quando terminai i miei studi in Svizzera, ricordo che stavo a lungo ai bordi del campo ad ammirarlo. In un’occasione, caricato in pieno petto da un avversario, cadde all’indietro sul sedere. Non recriminò, si alzò, guardò per terra e disse: “Credevo di aver fatto un buco”».
Il buon Fritz rimase a lungo a Torino. Aiutato da amici tentò anche imprese commerciali. E quando se ne andò finì per suicidarsi per ragioni che con precisione non si conobbero mai.

Nessun commento: