LORIS MARZOCCHI, DA “HURRÀ JUVENTUS” DELL’APRILE 1998
Tre minuti nella vita di un ragazzo di vent’anni sono un soffio, lo spazio di un respiro. Ma se questi tre minuti vengono vissuti all’interno di uno stadio e con la maglia della Juventus, allora hanno il peso dell’eternità. Salvatore Aronica, da Palermo, ha vissuto il suo esordio contro la Sampdoria come un evento memorabile, da vivere e rivivere a lungo. Quando Lippi lo ha fatto alzare dalla panchina per sostituire il dolorante Torricelli, il mondo gli è girato tutto intorno e lui, il giovane picciotto, lo ha fermato serrandolo in un pugno. «Preparati, togliti tutto che ti faccio esordire». La tuta è volata via ancor prima che il tecnico finisse la frase e l’occhio si è fissato sul tabellone del Delle Alpi. Era il 42’ della ripresa, la Juventus vinceva 3-0 e c’era la Pay-Tv. Impossibile trovare un palcoscenico migliore per esordire in Serie A.
È questo il momento più fortunato dell’avventura di Aronica alla Juventus. «Sono arrivato a Torino due anni fa, dopo che un osservatore della Juve mi aveva segnalato. Un paio di provini con la Primavera di Cuccureddu e poi la conferma che sarei diventato bianconero. Subito in ritiro con la prima squadra e poi il campionato Primavera agli ordini di Jacolino. All’inizio ho avuto qualche difficoltà tattica, poi, piano, piano sono riuscito a conquistare la fiducia del tecnico».
In una stagione il ragazzo di Via Calatafimi ha fatto passi da gigante, tanto da essere spesso tra i convocati della prima squadra. «Una grande soddisfazione. Finora sono stato chiamato una quindicina di volte, tra campionato e coppe. Tutte vigilie intense, passate a respirare l’aria del grande calcio». Quando si dice il destino allora si pensa all’imponderabile, a qualcosa che trascende il volere umano. A volte invece il destino ha ragioni più terra terra, come per esempio un’epidemia influenzale. Il mese di febbraio, con il Torneo di Viareggio in pieno svolgimento. Lippi ha più attenzioni per il termometro che per il fattore tecnico. Di qui una continua transumanza attraverso il Piemonte, la Liguria e la Toscana e viceversa.
Il rinforzo dalla Primavera è stato una costante che Aronica ha sfruttato con il suo D-Day: «Avevamo appena battuto il Cagliari e ci eravamo qualificati agli ottavi. Era un sabato pomeriggio, con Pellegrin e De Sanctis siamo partiti per Torino. Allenamento alla domenica mattina e poi in panchina contro la Sampdoria. Dopo il terzo goal e quando ho visto zoppicare Torricelli, mi sono allertato. Al cambio lo stesso Moreno mi ha incoraggiato e una volta dentro ci ha pensato Montero a tenermi ben sveglio contro Montella, “Accorcia, stringi e chiudi” sono stati i verbi più frequentati in quegli interminabili tre minuti. Ma, esordio a parte, Aronica ricorda con altrettanta passione la qualificazione ai quarti di Coppa Campioni contro il Manchester United: «Anche lì ero in panchina. Non ho mai visto una tensione così alta. Dopo il goal di Inzaghi abbiamo passato minuti interi con gli occhi al tabellone per sapere gli altri risultati, specie quello tra Olympiakos e Rosenborg. Al pareggio dei greci siamo schizzati tutti come dei pazzi e quello che è successo negli spogliatoi è inimmaginabile».
Belle esperienze, tutte da sommare in positivo agli studi di Lettere Moderne a cui il neo ragionier Aronica si è iscritto nello scorso ottobre. Fra un paio di mesi il primo esame di letteratura medioevale: «Mi sto preparando, anche se non ho molto tempo per frequentare. Comunque, spero di farcela. La materia mi interessa parecchio, perciò sono facilitato». Studio e calcio. Un binomio che il siciliano porta avanti con uguale intensità. Da una parte il desiderio giovanile di acculturarsi, dall’altra il calcolo ragionato intorno ad una passione che potrebbe facilitargli la vita futura.
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Salvatore non avrà più nessuna occasione per calcare il campo di calcio con la maglia juventina e, al termine di quella stagione, sarà ceduto alla Reggina.
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