sabato 13 giugno 2015

1.6.1967: SCUDETTO

DA “LA STORIA DELLA JUVENTUS” DI PERUCCA, ROMEO E COLOMBERO
Tocca a Heriberto fare 13, tocca all’uomo che non si è mai voluto arrendere di fronte alle difficoltà e va a conquistare uno scudetto meritato con la Juve certamente meno dotata di classe del dopoguerra, fra quante hanno vinto il titolo. Ma che lotta, con l’Inter! Il campionato ha inizio a metà settembre con le folle calcistiche terribilmente deluse dall’avventura ai Mondiali d’Inghilterra, dove l’Italia è stata eliminata nientemeno che dalla Corea ed Edmondo Fabbri, il commissario tecnico, al rientro in patria, è stato accolto a pomodori in faccia. Ai Mondiali erano stati utilizzati Salvadore e Leoncini, ma nessuno dei due bianconeri era poi in campo nella decisiva e disgraziata partita con i coreani.
Ha inizio dunque un campionato più aspro del solito, perché è stato deciso che dall’anno successivo il torneo sarà a sole 16 squadre e per ridurre il numero si rendono necessarie tre retrocessioni con una sola promozione. La favoritissima Inter, reduce dalla delusione in Coppa dei Campioni, dove è stata eliminata in semifinale dal Real Madrid dopo due successi consecutivi, comincia subito di gran carriera, ma la paziente formica Juve non si fa impressionare e segue passo passo.
Tre successi consecutivi per tutte e due, poi i neroazzurri guadagnano terreno ma vengono riacchiappati alla nona giornata. Alla decima, a Roma, prima sconfitta bianconera della stagione; alla dodicesima gli uomini di Heriberto sono di nuovo agganciati a quelli di Helenio, ma una serie di tre pareggi (uno dei quali però a San Siro contro gli avversari diretti) consente all’Inter di allungare ancora.
In maniera definitiva si direbbe, soppesando la classe delle due squadre, che però alla fine dell’andata sono separate da solo punto, 26 a 25, con il Napoli di Sivori (che quest’anno non raccoglierà nemmeno un punto contro l’odiato Heriberto) a quota 23. Proprio l’ultima giornata dell’andata da la stura a molte polemiche; l’Inter pareggia a San Siro col Mantova, la Juve impegnata all’Olimpico con la Lazio potrebbe approfittarne, ma l’arbitro De Marchi non vede letteralmente la palla calciata da Depaoli entrare in porta e subito uscirne ribattuta dal ferro di sostegno della rete. Foto, cinegiornali, il documento ed il furto sono chiari, ma come si sa l’arbitro è inappellabile. L’imperturbabile Heriberto ingoia e tira diritto. Ma tenete a mente Mantova e Lazio, ne riparleremo alla fine.
Girone discendente, dunque; la Juve, che ha tentato in estate di dare più peso all’attacco con l’ex bresciano Depaoli (quello del goal fantasma) e più brio con Zigoni, un ex che torna dopo aver giocato nel Genoa, ha però sempre grosse difficoltà a trovare il goal. A metà marzo, 11 giornate al termine, l’Inter ha raggiunto un vantaggio massimo di 4 punti, la formica Juve non sembra in grado di mantenere la scia.
Ci si mette il Torino con il suo gioiello Meroni a dare una mano ai cugini, violando l’imbattibilità neroazzurra di San Siro dopo cinque anni e riaprendo il discorso. La Juventus riprende quel coraggio che Heriberto Herrera non ha mai perso, continua a seguire la scia con ostinazione. Scontro diretto alla terzultima, goal di Favalli al Comunale, con 270 minuti ancora da giocare la Juve è a meno due.
Si arriva all’ultima giornata, Inter 48 e Juventus 47, ha rosicchiato un altro punto. I nerazzurri devono andare a Mantova, la Juventus ospita la Lazio. Nessuno si fa grosse illusioni, perché una squadra esperta come l’Inter difficilmente si fa ingannare al momento decisivo, ma insomma c’è suspense. I neroazzurri intanto debbono disputare a Lisbona, giovedì 25 maggio, la finalissima di Coppa dei Campioni contro gli scozzesi del Celtic; chiedono il posticipo dell’ultima di campionato (28 maggio) che viene concesso al giovedì successivo, 1° giugno, in cui anche la Juventus pretende di giocare la sua partita, per non concedere all’avversario punti di riferimento con il risultato già noto in anticipo.
C’è dunque questa coda di campionato un po’ anomala, una giornata tutta per lo scudetto, con i neroazzurri che arrivano da Lisbona provati nel fisico e nel morale. Dopo essere andati in vantaggio con Mazzola, sono stati rimontati dal Celtic, goal decisivo a 7’ dalla fine, ed hanno perso in volata quella coppa europea che li vedeva favoritissimi.
Volata per lo scudetto dunque. Che avviene? Leggiamo qualche stralcio dei giornali. Paolo Bertoldi, su “La Stampa”: «0-0 il primo tempo a Torino ed anche a Mantova, ci segnala il collega della cabina radio. Ripresa: Bercellino al 3’ porta in vantaggio i torinesi con un goal che è il simbolo della loro tenacia. Bercellino si era infortunato scontrandosi con Carosi. Era stato costretto a lasciare il posto abituale di difensore per passare all’attacco. Aveva una caviglia gonfia ma non pensava neppure a rallentare il ritmo. Giù con slancio in ogni mischia, giù con volontà caparbia a contrastare ogni pallone».
Prosegue l’articolista: «Zoppica leggermente, ma quasi non se ne accorge tanto è l’impeto suo e dei suoi compagni. Su un calcio d’angolo battuto da Cinesinho deviato da Favalli, respinto debolmente da Carosi, Bercellino balza alto per colpire il pallone di testa. La palla termina nella rete di Cei. Dopo pochi minuti dalla cabina radio un collega in contatto con il centro si sporge agitando le braccia, l’Inter perde a Mantova 1-0, i neroazzurri sono superati in classifica. La notizia vola lungo le gradinate per le misteriose vie dell’intuito e della passione: l’Inter perde, la Juve è campione d’Italia!»
In realtà saranno ancora lunghi, i minuti di passione. Sullo slancio Zigoni segna il 2-0, a 4’ dalla fine c’è un rigore per la Lazio che quasi passa inosservato, con l’attenzione di tutti rivolta alla ricerca di notizie da Mantova, perché non ci sono collegamenti radio diretti. La tensione finisce a partita ormai conclusa, lo annuncia l’altoparlante, si abbraccia la folla, avviene una grande improvvisata invasione di campo, i giocatori vengono portati in trionfo.
«Chi ha mai detto che i tifosi di Torino sono freddi?» Conclude l’articolista. Si sapranno poi particolari dell’incontro di Mantova: al 4° della ripresa, un minuto solo dopo la rete di Bercellino, un tiro non irresistibile di Di Giacomo passava letteralmente fra le mani del portiere interista Sarti, eccellente qualche giorno prima in Coppa dei Campioni. Sarti si metterà a piangere, quell’autentico infortunio costa lo scudetto.

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