domenica 19 maggio 2024

Andrea PIRLO


Li ha conquistati subito – scrive Federica Furino su “Hurrà Juventus” del luglio 2011 – fin dalla prima amichevole contro quelli della Val Susa. «Giocate così non si vedevano dai tempi di Platini». Come se 10 anni di Milan fossero passati inosservati. Ma il tifoso è strano, non importa che Andrea Pirlo sia un fuoriclasse dall’età di 16 anni e abbia scritto alcune delle pagine più belle del calcio italiano. Alla gente piace scoprire il proprio campione quando entra in casa, come se fosse una novità assoluta, un bipede giunto da un altro pianeta. Va bene così. Intanto Pirlo è alla Juve, il libro della sua carriera si riapre, con lui il popolo bianconero spera che si ricominci anche a scrivere il capitolo delle vittorie, interrotto sul più bello.
– Andrea, la gente continua a strabuzzare gli occhi. Ma lei che cosa ha provato indossando per la prima volta la maglia bianconera? «Il contraccolpo cromatico c’è stato, ma il passaggio è stato in realtà indolore. Anche perché è stata una mia scelta lasciare il Milan e qui ho trovato vecchi amici come Buffon, Del Piero, Iaquinta. Avere già un bel rapporto con loro ha facilitato il mio inserimento nel gruppo».
– I leader non bastano mai. La Juve ha trovato un altro giocatore di carattere? «Sono all’apparenza un timido, in realtà so alzare la voce se occorre, nello spogliatoio mi faccio sentire».
– Può smentire la diceria di un Pirlo musone? «Non lo sono affatto. Sono silenzioso e poco propenso al sorriso verso chi non conosco. Ma chiedete ai compagni se non sono uno che sa stare allo scherzo: li subisco e li faccio».
– Voto in simpatia? «Quattro per chi non mi sta vicino, per il resto otto».
– Quindi quanta fatica le costa questa prima intervista per “Hurrà”? «Parecchia, ma è giusto che il tifoso mi conosca. Perché uno degli aspetti che non mi piacciono del calcio è proprio quello di apparire sui giornali o in TV. Rifiuto gli inviti ai talk show calcistici. Sono uomo di campo, non un opinionista».
– Ha ragione, ce ne sono anche troppi. Quindi la tutela della privacy è fondamentale per lei. Come evita le “paparazzate”? «Basta volerlo. Se non vuoi apparire hai mille modi per farlo. Chi va sui settimanali è perché ci tiene».
– Quindi vacanze lontano dalle spiagge dei VIP? «Ho casa a Forte dei Marmi, ma basta andare all’estero e non ti beccano più». 
– A 22 anni era già sposato. Perché? «Per fare bene il calciatore lontano da casa servono stabilità ed equilibrio. Io avevo bisogno di una persona accanto e ho anticipato i tempi. Con l’arrivo di Nicolò, che ha 8 anni e giocherà nella scuola calcio della Juve, e Angela di 4 anni e mezzo, ho la famiglia perfetta».
– Lei ha debuttato in Serie A a 16 anni nel Brescia, del calcio conosce ogni sfaccettatura. Cosa le ha permesso di diventare un campione e di restarlo a lungo? «Sono rimasto sempre con i piedi per terra, il successo non mi ha cambiato. E poi è fondamentale la cultura del lavoro. Se ti impegni i risultati arrivano».
– Fama e denaro. A che posto stanno nella hit parade dei suoi valori personali? «Molto in basso. Soprattutto la notorietà. Non posso rifiutarla, ma non mi interessa. Il denaro fa parte del nostro mondo: se sei bravo guadagni di più. Normale».
– Qualcuno sostiene che nel calcio più nulla sia normale. Condivide? «Nel mirino ci sono sempre gli ingaggi dei calciatori. Ma siamo noi che muoviamo un grande business da cui tanti traggono vantaggio. La gente negli stadi e i contratti con le TV li portiamo noi».
– Cosa detesta nel prossimo? «L’arroganza e l’abitudine di dare giudizi affrettati».
– I calciatori sono apolitici? «No, ma è meglio non parlarne. Basta una parola per scatenare un casino».
– Oltre il calcio oggi che cosa c’è per lei? «La mia famiglia. Mi piace stare a casa con i bambini».
– Ha già scelto il suo appartamento torinese? «Sì, vivrò in centro».
– Immagina già il Pirlo ex calciatore? «No. Ma al futuro ho già pensato. Produco vino nella zona del Franciacorta. Per ora se ne occupa mio padre».

«Andrea Pirlo è fantastico. Ha una superiore visione di gioco e con un colpo mette la palla dove vuole. Il calcio si gioca con la testa. Se non hai la testa, le gambe da sole non bastano». Queste parole di Johan Cruijff spiegano nel migliore dei modi, quale sia stata la grandezza di Andrea Pirlo. E il miglior giocatore del mondo della sua epoca e nel suo ruolo, poteva non vestire la casacca bianconera? Certo che no e, detto fatto, il matrimonio si celebra nell’estate del 2011.
È un regalo che la coppia Marotta-Paratici fa ad Antonio Conte, neo allenatore juventino, approfittando del fatto che Andrea è lasciato libero dal Milan. «Quando abbiamo parlato del mio contratto, mi hanno proposto il rinnovo per un anno. Io chiedevo un triennale, perché ero più giovane degli altri giocatori in scadenza. Ma il vero motivo del mio trasferimento è stato un altro: Allegri voleva piazzare davanti alla difesa Ambrosini o Van Bommel ed io avrei dovuto cambiare ruolo. Allora ho detto “no, grazie” e ho scelto la Juve, che mi offriva motivazioni importanti. Ci tengo a dire che non è stata una questione economica. Il Milan ha deciso che non servivo più. L’ho capito subito durante quel colloquio. Nel mio ruolo Allegri preferiva altri giocatori».
Conte capisce immediatamente che il suo 4-2-4 mal si adatta alle caratteristiche del fuoriclasse bresciano e compone un centrocampo di ferro, con Marchisio e Vidal scudieri di Pirlo che è così libero di dipingere traiettorie impossibili per ogni altro giocatore, che sia un passaggio illuminante o una punizione vincente. E l’esordio casalingo contro il Parma è con il botto: assist meraviglioso per Lichtsteiner (il tifoso si abituerà presto a questa combinazione vincente) e 1-0 per la Juve. Altra pennellata per Marchisio, 4-0 e tutti a casa!
La stagione prosegue in modo trionfale per la compagine juventina. Il Maestro continua a sfornare assist ai compagni, manca solamente il goal: 18 febbraio 2012, il Catania è inaspettatamente in vantaggio allo Stadium. Ma la gioia dei siciliani dura poco, perché Andrea sfrutta al meglio una punizione dal limite e il pareggio è cosa fatta. Ci penseranno poi Chiellini e Quagliarella a regalare i tre punti alla Vecchia Signora. Si ripete a Firenze, con un inserimento su assist di Marchisio, e su punizione contro la Roma. Arriva lo scudetto e Pirlo è eletto miglior giocatore del campionato juventino. Una bella rivincita per chi lo considerava “bollito”!
«Ho avvertito da subito un’aria particolare. A giugno, al matrimonio di Buffon, alcuni suoi amici mi chiedevano se fossi pazzo per aver lasciato il Milan, risposi che quando mi sposto lo faccio per vincere. E dissi che avremmo conquistato lo scudetto. Adesso mi ringraziano, perché andarono a scommettere sul nostro trionfo. Conte è un grandissimo allenatore. Io ne ho avuti tanti, ma nessuno così meticoloso nel lavoro e bravo a spiegare le cose. Dal punto di vista tattico e didattico è perfino più bravo di Ancelotti e Lippi, che pure hanno tante qualità. Prepara benissimo le partite, studiamo i video degli avversari 3 o 4 volte alla settimana e quando scendiamo in campo è difficile che qualcosa ci sorprenda. Conte è un talento della panchina. Il 4-2-4 iniziale mi divertiva, poi Conte ha scelto altre strade: è segno di grandezza saper modificare le proprie idee. Il modulo con tre centrocampisti centrali è il più adatto alla squadra, ci ha reso più aggressivi. Conte parla molto con noi, si confronta».
Si riparte per una nuova avventura: c’è da ripetersi in campionato e da affrontare la Coppa dei Campioni. Pirlo si presenta con tanto di barba, deciso a ripetere le meravigliose prestazioni dell’anno precedente. Se è possibile, Andrea fa ancora meglio: segna 5 reti, tutte su punizione, una più bella dell’altra! Arrivano un nuovo scudetto e la Supercoppa Italiana. Il sogno europeo si infrange contro il fortissimo Bayern, che andrà poi a vincere la coppa.
Stagione 2013-14: il numero 21 bianconero («Non potevo cambiare numero. Mio padre Luigi è nato il 21, io mi sono sposato il 21, quello era il numero del campanello a Milano e perfino del civico a Torino», dice) compie 34 anni ma l’entusiasmo è ancora quello degli inizi di carriera. Si parte con la vittoria nella Supercoppa Italiana, grazie a un perentorio 4-0 contro la Lazio. E si prosegue trionfalmente in campionato, dove Pirlo continua a mostrare magie, che siano assist o calci di punizione poco importa.
L’apice lo raggiunge il 16 marzo, quando la Juve scende a Genova, sponda rossoblu. Come capita sempre, la squadra avversaria sfodera la “partita della vita” ma la compagine bianconera è abituata a queste “battaglie” e non si lascia certo intimidire. Buffon para un rigore a Calaiò, lo 0-0 sembra scritto, quando l’arbitro concede una punizione dal limite per la Juventus. Mancano pochi minuti alla fine della partita e Pirlo disegna una traiettoria impossibile per il portiere genoano Perin: 1-0 e tutta l’Italia che si stropiccia gli occhi per l’ennesima prodezza del fuoriclasse bresciano.
«Goal scudetto? Speriamo sia di aiuto – commenta – sapevamo che era una partita difficile, ma era troppo importante per noi portare a casa i tre punti. Anche se abbiamo fatto molta fatica, lo spirito è stato sempre buono».
Purtroppo, in Coppa Campioni le cose vanno male. La Vecchia Signora non supera il girone eliminatorio, sconfitta all’ultima giornata dal Galatasaray, nella palude di Istanbul. Ma per Andrea c’è la grandissima soddisfazione di ricevere la standing ovation del Santiago Bernabéu, così com’era capitato a Del Piero qualche anno prima. Nonostante la sconfitta contro le Merengues, la Juve gioca un’ottima partita e il pubblico madrilista, famoso per il suo palato fine, non risparmia la sua ammirazione per Pirlo, nel momento della sua sostituzione.
C’è giusto il tempo per festeggiare il terzo scudetto consecutivo (il quinto per Pirlo) e si riparte. Conte abbandona la nave bianconera il secondo giorno di ritiro e al suo posto arriva quel Massimiliano Allegri che aveva relegato Andrea in panchina, non ritenendolo più adatto al proprio modo di giocare. Purtroppo, la Carta di Identità comincia a farsi pesante: 35 anni non sono uno scherzo. Un infortunio lo tiene fuori nella prima parte della stagione e rientra solamente il 5 ottobre nel big-match contro la Roma. Allegri lo gestisce al meglio, regalandogli spesso turni di riposo, e il Maestro ricomincia a dipingere le sue meravigliose traiettorie che tanto fanno felici i compagni e i tifosi.
Segna contro l’Empoli e contro l’Olympiakos su punizione e poi arriva il derby. È il 30 novembre 2014, a Torino piove a dirotto. Come tutti i derby, la partita è molto combattuta. Segna Vidal su rigore, pareggia Bruno Peres dopo essersi fatto tutto il campo palla al piede. Il Torino ha qualche occasione per passare in vantaggio, soprattutto dopo il secondo cartellino giallo rimediato da Lichtsteiner. Juve in 10, quindi, e in difficoltà, ma costantemente proiettata in attacco, alla ricerca della vittoria. Mancano una manciata di secondi alla fine della partita, quando Bonucci recupera un pallone nella trequarti granata e serve Morata. Lo spagnolo passa il pallone a Vidal il quale lo cede a Pirlo. Il Maestro, nonostante la distanza di più di 30 metri dalla porta, non ci pensa su due volte e calcia di prima intenzione. Il pallone rimane a pochi centimetri sollevato dall’erba e si va a infilare nell’angolino alla sinistra del portiere granata.
Lo Stadium impazzisce, non c’è cosa più bella, per un tifoso, che vincere un derby all’ultimo respiro. «Era l’ultimo tiro, quello della disperazione ed è andata bene. È bellissimo vincere un derby in 10 all’ultimo secondo, non mi era mai capitato di segnare a pochi istanti dalla fine. Non abbiamo mai mollato e se succedono cose come stasera meglio ancora».
È, in pratica, l’ultimo assolo di Von Karajan. Va a segno contro l’Atalanta e poi si infortuna nuovamente contro il Borussia Dortmund. Rientra in tempo per realizzare ancora nel derby, con un precisissimo calcio di punizione. La Juve va alla grande anche senza di lui, vince il quarto scudetto consecutivo, la decima Coppa Italia e vola in finale di Coppa dei Campioni. Proprio contro il Barcellona di Messi, chiude la carriera in bianconero. Le sue lacrime alla fine della partita di Berlino, sono quelle di tutti i tifosi che perdono due volte: l’ennesima finale di coppa e uno dei più grandi giocatori che abbiano mai vestito la casacca juventina.
Pochi giorni dopo, infatti, Andrea annuncia la volontà trasferire negli Stati Uniti, per terminare la carriera. «Può essere difficile trasformare le emozioni in parole, soprattutto se coinvolgono quattro anni così importanti della mia vita. Posso solo dire un enorme grazie a tutti coloro che mi hanno accompagnato e sostenuto in questa avventura: la società Juventus a partire dal nostro presidente, senza dimenticare ogni singola persona che ci lavora; i miei compagni di tante battaglie, di molte risate e di qualche lacrima; i tifosi e tutti coloro che mi hanno sempre seguito con affetto anche nei momenti meno belli. Grazie di cuore a tutti voi. Non è stato semplice decidere, ma è arrivato il momento di iniziare una nuova avventura, che però non mi farà mai dimenticare il legame che ho con questi colori. Fino alla fine Forza Juventus».
Ritorna nell’estate del 2020 nelle vesti di allenatore dell’Under 23. Ma dopo poche settimane, a sorpresa, Andrea Agnelli gli affida la prima squadra. È una mossa molto azzardata, perché Pirlo non ha mai allenato in vita sua, ma il presidente bianconero è convinto della sua scelta. Sarà una stagione molto complicata per la Vecchia Signora: mai in lotta per lo scudetto, riuscirà a portare a casa la Coppa Italia e la Supercoppa italiana. Ma Pirlo non verrà confermato.
«Si è conclusa la mia prima stagione da allenatore. È stato un anno intenso, complicato ma in ogni caso meraviglioso. Quando sono stato chiamato dalla Juventus non ho mai pensato al rischio che correvo, sebbene fosse abbastanza evidente. Ha prevalso il rispetto per i colori di questa maglia e la volontà di mettermi in gioco ad altissimi livelli per il progetto che mi era stato prospettato. Se dovessi tornare indietro rifarei esattamente la stessa scelta, pur consapevole di tutti gli ostacoli che ho incontrato legati ad un periodo così difficile per tutti, che mi ha impedito di pianificare al meglio le mie intenzioni e il mio stile di gioco, ma durante il quale ho comunque raggiunto gli obbiettivi che mi erano stati chiesti. Quest’avventura, nonostante un finale che non mi aspettavo, ha reso ancora più chiaro quale vorrei fosse il mio futuro, che spero sia altrettanto completo e pieno di soddisfazioni come quello che ho vissuto da calciatore. È tempo di rimettersi in gioco e affrontare nuove sfide. Voglio comunque ringraziare la famiglia Juventus e tutti quelli che mi sono stati vicini in questa stagione».

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