27 settembre 1964 – Stadio Cibali di Catania
CATANIA-JUVENTUS 3-1
CATANIA: Vavassori; Lampredi e Rambaldelli; Fantazzi, Bicchierai e Magi ; Danova, Biagini, Calvanese, Cinesinho e Facchin.
Allenatore: Di Bella.
JUVENTUS: Anzolin; Gori e Sarti; Castano, Salvadore e Leoncini; Stacchini, Da Costa, Combin, Sacco e Menichelli.
Allenatore: Heriberto Herrera.
MARCATORI : Danova al 4’, Calvanese al 61’, Da Costa al 74’, Rambaldelli all’83’.
ARBITRO: D’Agostini di Roma.
Il risultato finale del campionato 1964/65, per la Juventus, è identico a quello della stagione precedente, ovvero quarto posto alla pari con la Fiorentina. Qualcosa è, invece, profondamente cambiato all’interno del sodalizio bianconero. Dopo anni di anarchia, di polemiche più o meno sopite, la squadra cementa serietà e compattezza attorno al nuovo allenatore, Heriberto Herrera, detto il Ginnasiarca per i suoi durissimi metodi di allenamento.Si gettano proprio le basi di quella che sarà una caratteristica determinante della Juventus e non l’abbandonerà più: serietà, disciplina e impegno. I risultati si vedono immediatamente: con il solo ritocco di Combin, franco/argentino che arriva da Lione (al posto di Nené che, acquistato come attaccante, si dimostrerà poi a Cagliari ottimo centrocampista), quindi con una squadra buona ma non eccelsa, la squadra bianconera uscirà sconfitta, con più di una rete di scarto, solamente due volte. Battere la Juventus, che applica per prima in Italia concetti nuovi, movimento totale e concezione diversa dei ruoli, per qualunque avversario è sempre un’impresa ardua.
Heriberto Herrera, detto HH2 per distinguerlo dall’Helenio Herrera dell’Inter, purtroppo deve ingaggiare, oltre a quella con gli avversari, anche una battaglia interna, perche Sivori, dopo anni di dominio sull’ambiente, mal sopporta di essere trattato alla pari di tutti gli altri.
«Sivori come Coramini», aveva detto. Ma Heriberto non ha paura: Catella e Giordanetti sono andati a scovarlo fino a Elche, in Spagna, dove il paraguaiano faceva l’allenatore dopo aver giocato da difensore nell’Atletico Madrid. I dirigenti bianconeri hanno avuto garanzie assolute sulle doti di polso e di serietà di quell’uomo magro ed alto, tutto d’un pezzo. E, dunque, va avanti per la sua strada, anche se le difficoltà non sono poche, senza farsi condizionare.
A fine stagione il Ginnasiarca vincerà la propria partita. Sivori, che non vuole adattarsi al “movimiento”, verrà ceduto al Napoli. Il geniale oriundo argentino ha dato molto alla Juventus ed è l’idolo dei tifosi, ma una società che vuole guardare avanti deve prendere anche questo tipo di decisioni così dolorose.
Dopo uno scivolone a Catania, la Juventus procede a piccoli passi, segnando poco ma incassando meno; conclude l’andata a quota 23 punti, quarta dietro un lanciatissimo Milan che ha 5 punti di vantaggio sui cugini dell’Inter. Sivori gioca e non gioca, Heriberto (come abbiamo visto) non esita a lasciarlo fuori. Alla quarta di ritorno, a metà febbraio, l’argentino si infortuna piuttosto seriamente a Mantova; nello scontro con il giovane e brillante portiere locale, un certo Dino Zoff, si rompe due costole. L’ultima stagione di Sivori in bianconero sarà incompleta, quindici partite di campionato e soltanto tre reti all’attivo.
Nel girone di ritorno la Juventus ha una leggera flessione, ma conclude comunque con 41 punti, tre in più dell’anno precedente. In testa, intanto, succede l’incredibile: l’Inter che alla diciannovesima giornata aveva sette punti di ritardo sul Milan, compie una rimonta eccezionale e va a coronare la sua grande stagione conquistando campionato, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. Vince tutto o quasi, perché questa Juventus senza paura gli sottrae, nella finale di Roma, la Coppa Italia, con una rete del prezioso Menichelli, goleador bianconero della stagione.
Ed anche in campo internazionale, dopo anni di vacche magre, i bianconeri cominciano ad alzare la testa. Infatti, raggiungono la finale di Coppa delle Fiere (che diverrà, anni più tardi, la Coppa Uefa) e di strettissima misura perdono a Torino lo scontro decisivo contro gli ungheresi del Ferencváros, senza affatto sfigurare. Purtroppo Combin detto La Foudre (la folgore), non è il cecchino tanto atteso. I goal stentano a venire e, con quelli, le soddisfazioni grosse.
Abbiamo accennato allo scivolone di Catania; avviene il 29 settembre 1964, alla terza giornata: ecco i commenti dei giornali dell’epoca:
“HURRA’ JUVENTUS”
È stata una partita nata sotto cattiva stella. Che la Juventus non sia in grado di esprimere un buon gioco è ormai accertato. Né la partita di Bruxelles ci aveva confortato, se non nel risultato. Ma al 4’ minuto, in una confusa azione sotto porta, Danova riusciva a indovinare un varco fortunoso mettendo a segno la prima rete del Catania. Un goal che doveva giocare un ruolo psicologico non indifferente per una squadra che stenta a trovare il giusto ritmo ed avrebbe bisogno quindi di un po’ di fortuna per superare il suo periodo di incertezza.
Infatti la Juventus non trovava la forza di reagire, e tuttavia dobbiamo annotare che ha avuto l’occasione per pareggiare sull’1-1 e, diminuito quindi sul 2-0 il distacco con Da Costa, ha avuto l’occasione per pareggiare ed anche per andare in vantaggio in quanto azioni favorevoli si sono presentate a Da Costa, Gori e Stacchini che le hanno fallite, senza contare un tiro di Menichelli che la base del palo ha aiutato Vavassori a respingere.
Le azioni sono state fallite proprio perché la Juventus non ha fiducia in sé stessa. Dobbiamo dire che il Catania ha manovrato meglio della Juventus, e che la Juventus, pur giocando male, si era creata altrettante occasioni per segnare. 4 azioni a rete del Catania hanno avuto il dono di tre goal, quattro azioni da rete della Juventus hanno fruttato un solo goal. La realtà è questa.
È indubbio che la Juventus vantando nelle sue file dei nomi di risonanza nazionale, sia pure lamentando l’assenza di Sivori e di Del Sol, induce i critici ad una giusta e maggiore pretesa di gioco. Questo gioco oggi non c’è, né siamo indovini per conoscere il domani. Possiamo però dedurre che la tattica voluta dall’allenatore o è incomprensibile o non è applicata dai giocatori.
Non occorreva, comunque, un’intelligenza napoleonica per capire che la chiave del gioco catanese si chiamava Cinesinho, padrone della metà campo, e che un controllo sull’uomo chiave avrebbe smantellato le azioni da rete dell’avversario. Purtroppo Cinesinho ha disposto a piacer suo del campo.
“LA GAZZETTA DELLO SPORT”
La sciagura della Juventus non si limita tuttavia all’assoluta mancanza di collegamenti, coordinazione e lampi di genio tra mediana e punte: si dilata e si aggrava coinvolgendo la difesa dove quattro gentiluomini sono costretti a ballare a loro volta, senza il setaccio davanti di autentici intenditori (non Da Costa, non Sacco) così da finire sovente ridicolizzati da avversari ringalluzziti. Sul piano tecnico, priva di ritmo e di coesione, sul piano umano, conseguentemente, priva di grinta, di mordente, di aggressività, la Juventus ha distrattamente portato in giro per il campo catanese la sua attuale pochezza.
“TUTTOSPORT”
È vero che quando una squadra subisce un goal dopo soli tre minuti, e questa squadra ha i nervi di chi sta uscendo faticosamente da un lungo esaurimento, l’incontro diventa tremendamente difficile, soprattutto sul piano psicologico. È vero che oggi al 21’ del primo tempo, sullo 0-1 (rete di Danova al 3’), Menichelli ha inchiodato con una tremenda martellata l’incrocio dei pali di Vavassori (poteva anche scapparci l’1-1 e forse il discorso sarebbe cambiato). Ma è altrettanto vero che un tal particolare (sia pure di ipotetica notevole importanza) non serve a cancellare l’impressione generale di un magro spettacolo tecnico.
“LA SICILIA”
La Juventus porta via 3 goal da Catania, e nessuno grida allo scandalo o all’indimenticabile trionfo, a seconda dei punti di vista. Questo può significare diverse cose: per esempio che il Catania è diventato qualcuno nel mondo pazzo e miliardario (a cambiali) del calcio ad alto livello, che si è abituato a dare dispiaceri a chi ha molti più soldi e infinitamente più tradizione di lui; e, per l’altra faccia della medaglia, che la squadra più seguita ed amata d’Italia, sotto tutte le latitudini dello Stivale, è scesa di molti gradini dal suo piedistallo.
“STADIO”
Il male della Juve non è questione di uomini: è mancanza di morale, di personalità, di gioco, di idee. Herrera sta lavorando sodo, sta cercando di imporsi in un ambiente infestato dagli errori e dai malvezzi della disastrosa stagione scorsa: ma si è visto oggi che la sua fatica è terribile ed il terreno sul quale cerca di seminare è ancora aridissimo. Gli elementi che egli cerca di coordinare in un modulo di gioco che non ha niente di straordinario, hanno un nome, un passato glorioso, esperienza e capacità tecniche innegabili. Parrebbe dunque azzardato questa improvvisa metamorfosi, ma forse la si spiega invece con una teoria elementare: tutto ciò che si rinnova, prima deve essere distrutto, e la Juve oggi sta proprio attraversando la flessione massima della sua decadenza prima della prevedibile resurrezione. Noi, insomma, non crediamo alla Juventus miserella che abbiamo visto in pasto al Catania nell’arena del Cibali. Un Catania, per intenderci, niente affatto eccezionale. Quella di oggi è una Juventus che non da il vino che potrebbe: è una Juventus incapace di reagire, una Juventus senza testa.
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