Nasce a Torino, il 27 novembre 1909. Ultimo di tre figli (il padre era sarto) mosse i primi passi nell'Oratorio Michele Rua di Torino. Nel 1928 entrò nelle giovanili della Reggina, disputando sei partite nel corso della stagione 1928-29. In seguito, a causa del servizio di leva, passò alla Novellara e alla Biellese. In quel periodo esordì anche in Nazionale giovanile, in occasione di un incontro vinto per 8-1 contro la Francia.
Passato alla Juventus, ebbe in sorte di sostituire Combi in cinque giornate del campionato 1933-34 (conquistando così il suo primo titolo di Campione d'Italia), ma fu riconfermato a pieni voti nella stagione successiva, quando il grande Gianpiero, dopo la superba conclusione dei Mondiali di Roma, decise di rinunciare all'attività agonistica. Valinasso, uomo tranquillo e sicuro, atleta tecnicamente dotato, disputò tutte le trentaquattro partite del torneo 1934-35, cucendo sulla maglia il secondo scudetto della sua carriera.
Valinasso, alla sua prima stagione da portiere titolare, ebbe modo di stabilire un record di imbattibilità che sarebbe rimasto imbattuto per quarant’anni. La striscia positiva iniziò il 20 gennaio 1935 (Juventus-Milan, conclusasi con il punteggio di 1-0) e si interruppe in occasione del derby contro il Torino (vinto dalla Juventus per 3-1), in cui subì un goal a un quarto d'ora dalla fine, fermando l'imbattibilità a 681 minuti.
Nell'estate dello stesso anno fu ceduto alla Roma, dove fece da riserva a Masetti. Terminò la carriera con una stagione da titolare al Venezia. Sposato e con quattro figli, morì nel 1990, a causa di un male incurabile, all'Ospedale Martini di Torino.
RENATO TAVELLA, DA “IL ROMANZO DELLA GRANDE JUVENTUS”
Valinasso, un altro buono in quanto a riservatezza. Eppure l’erede di Combi, alto e slanciato, di nome Cesare oltretutto, avrebbe buone credenziali per essere, se non proprio spavaldo come un condottiero o un imperatore, almeno presupponente al livello di un giovanotto a cui il successo arride. Invece no. Forse non gli pare ancora vero di essere transitato, in un baleno, dalla squadra “liberi” del rione Barca di Torino alla Biellese, alla Rappresentativa Piemontese, alla Juventus. Di essere Campione d’Italia per la seconda volta. Presente, eppure sperduto, con quel po’ di giusta timidezza, nel vociare della festa.
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