A quella che è la commemorazione doverosa e ufficiale di Mario Ferrero su queste colonne – sono le parole di Felice Borel su “Hurrà Juventus” del maggio 1964 – desidero aggiungere una breve, accorata rievocazione personale di quello che fu un mio caro e valente compagno di squadra. Il ricordo di Lui si mescola per me in un fiume straripante di bellissimi ricordi che risalgono al periodo più indimenticabile della mia carriera di calciatore: risalgono a un’epoca in cui ottimi campioni giocavano un bellissimo calcio e facevano grande la Juventus. La simpatica figura di Ferrero io la rivedo oggi nella commozione del rimpianto come quella di un atleta forte e leale, di un giocatore intelligente e di alto, sicuro rendimento.
Ma soprattutto lo ripenso e lo ripenserò sempre con affettuosa stima per il suo temperamento serio e modesto, virtù di fondo che accaparra sempre, ai «veramente migliori», una corrente spontanea e indelebile di simpatia e di ammirazione. Egli è stato il meraviglioso «rincalzo di campioni che più di Lui restano famosi nella storia del calcio nazionale e addirittura mondiale: per chi però, come me, L’ha conosciuto e apprezzato da vicino, Egli, non meno di quelli, resta impresso nella memoria come una figura di atleta e di uomo degna di stima profonda, convinta e sempre viva.
Riassumere in breve l’attività agonistica di Mario Ferrero, il forte atleta degli anni 1924-1934, non è un’impresa facile. Del resto forse meglio così, che Ferrero giocatore sobrio, di poche parole, non avrebbe mai voluto che si spendessero per lui inutili frasi retoriche. Vera tempra di torinese, nato nel 1903, si era dedicato da giovanissimo al calcio, proprio nell’immediato primo dopoguerra, ed era riuscito in poco tempo ad affermarsi come un giocatore di valore nelle file del Pastore, la squadra torinese ormai scomparsa, che al primo campionato, dopo l’interruzione, del 1919-20, vinto dall’Internazionale, partecipò al campionato di Serie A. Ferrero passò alla Juventus, all’inizio della stagione 1925-26.
Attaccante di buon rendimento giocò alla Juventus per un buon periodo come centroattacco e interno sinistro. Lo troviamo così per la prima volta campione d’Italia con la Juventus nel 1925-26, la squadra di Combi; Rosetta, Allemandi; Barale, Meneghetti, Viola; Munerati, Vojak, Hirzer e Torriani.
Giocatore d’ordine, dal rendimento costante doveva però affermarsi come terzino ambidestro. Venne così a costituire, per sei anni, la riserva fissa di Rosetta e Caligaris, una riserva che quando fu chiamata all’opera mai fece rimpiangere i pur grandi titolari. Eccelleva nel gioco di testa, avendo una formidabile elevazione, e tecnicamente godeva dei benefici di essere stato in gioventù un attaccante: mai nessuna entrata spericolata, il suo gioco apparve sempre misurato e redditizio anche se poco appariscente e spettacolare.
In quattro campionati, nel periodo del «quinquennio», dal 1930 al 1934, Mario Ferrero, disputò 35 gare in prima squadra, conquistando quattro scudetti. Ricordiamo le presenze di Ferrero nella Juventus campione per anno: 1930-31: 6 presenze al posto di Rosetta; 1931-32: 21 presenze di cui 20 in sostituzione di Caligaris e 1 di Rosetta; 1932-33: 5 presenze per 2 assenze di Caligaris e 3 di Rosetta e ancora 3 presenze nel 1933-34. Come si vede Mario Ferrero fu la «riserva di lusso» per la coppia nazionale Rosetta-Caligaris. Se avesse voluto cambiare società avrebbe potuto affermarsi in qualsiasi complesso nazionale.
Solo al termine della carriera, cioè nell’anno 1934-35, si decise a trasferirsi alla Sampierdarenese. Da tutti i juventini Mario Ferrero sarà ricordato con affetto come atleta taciturno e sobrio. Un professionista serio che ha percorso i tempi.
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