1967: scudetto vinto significa Coppa dei Campioni da onorare – scrive Gianni Giacone – se possibile agganciare, comunque sognare. Sarà molto dura, con le frontiere chiuse e con un mercato che ha pochi pezzi pregiati, praticamente irraggiungibili. Il sogno è il giovane Gigi Riva, che non si muove da Cagliari. Anche il granata Meroni farebbe felice l’Avvocato, ma con il Torino non si può, i tifosi granata farebbero la rivoluzione. I rinforzi veri sono Volpi a centrocampo e Simoni a dare una mano all’attacco. In extremis, e solo per la Coppa, arriva uno svedese spilungone di nome Magnusson.
In campionato, è subito durissima. Dopo due vittorie e due pareggi, arriva il derby del dolore e della rabbia granata: Meroni, travolto da un’auto, è morto sei giorni prima; la Juventus, quella domenica, ammaina bandiera quasi senza combattere. E il riscatto arriverà solo a dicembre, con prove convincenti e vittorie che non impediscono comunque al Milan, del ragazzino terribile Pierino Prati, di andare in fuga.
La Coppa, invece, regala emozioni e soddisfazioni. L’Olympiakos Pireo è eliminato senza problemi (0-0 ad Atene e 2-0 a Torino, firmato da Zigoni e Menichelli). Poi tocca al Rapid di Bucarest e Magnusson si mette in mostra, dimostrando di essere un buon giocatore. Il suo goal a Torino decide il doppio confronto e spiana la strada verso i quarti di finale. Ci tocca l’Eintracht Braunshweig campione di Germania, un osso duro. In Germania è un’altalena di emozioni: la Juventus in vantaggio è raggiunta e sembra travolta dal gioco ripetitivo ma instancabile dei tedeschi, che si portano sul 3-1. Un goal di Sacco, nel finale, riporta la sconfitta in termini rimediabili. A Torino, nel ritorno, il 28 febbraio 1968, ci vuole comunque un rigore provocato da Del Sol e trasformato con una cannonata da Bercellino per conquistare il diritto allo spareggio. È la gara della verità, a Berna, il 20 marzo. La miglior partita della storia europea della Juventus, fino ad allora. Un grande Magnusson si mette in tasca mezza difesa tedesca e segna un goal di estasiante bellezza. La semifinale è raggiunta.
«Un favoloso goal di Roger Magnusson – commenta Giglio Panza sulle colonne di “Tuttosport” – e le autentiche prodezze di una difesa tornata invalicabile, hanno permesso ai bianconeri, per la prima volta nella loro storia, di entrare nelle semifinali della Coppa Europa dei Campioni. E di entrarvi a testa alta, con pieno diritto. È stato un combattimento che ha toccato vertici altissimi di passionalità, una grande, emozionante ma leale battaglia. Nei frangenti più delicati, tre uomini non persero la testa, strinsero i denti, si buttarono coraggiosamente nella mischia e ressero la baracca: Castano, Bercellino e Salvadore, con Anzolin bravo ed energico in ogni intervento».
E Renato Morino si lascia trascinare dall’entusiasmo nel raccontare il goal di Magnusson: «Ecco il miracolo, al dodicesimo minuto: Roger Magnusson, su invito di Cinesinho, conquista la palla a metà campo, dà inizio a qualcosa di favoloso, di irreale, quasi di surreale. Mi sembra di vedere i guizzi di Felice Borel quando in linea retta partiva deciso, slalomando i difensori come fossero pali telegrafici. Lo svedese parte dunque in dribbling, e dribblando e correndo scarta uno, due, tre, quattro avversari, entra in area, è solo, spara rasoterra rasente il palo: è goal! Un’impresa da campionissimo. Come il danese Præst. Certo anche Mumo Orsi, ma di Mumo non ho ricordi diretti. Ripeto, è la creazione di un artista».
Semifinale, dunque, ma qui, il compito si fa proibitivo. Il Benfica di Eusébio, Torres, Simoes e Coluna ci mette un’ora scarsa, nella gara di andata a Lisbona, per venire a capo di una Juventus che più che difendersi non può. Segnano Torres ed Eusébio, è un 2-0 non umiliante, ma praticamente irrecuperabile. Non basta una grande folla, con il record degli incassi di tutti i tempi, 144 milioni tondi. Non bastano gli scatti di Magnusson, che i portoghesi peraltro marcano stretto. Il Benfica è più forte, contiene la Juventus e nel finale vince anche la partita con una punizione di Eusébio. Finisce l’avventura bianconera e, con essa, anche la favola di Roger Magnusson.
Magnusson si trasferisce all’Olympique Marsiglia e non ci mette molto a impressionare il difficile pubblico dello Stade Velodrome. I suoi dribbling sono diabolici e riesce ad avere la meglio sui difensori avversari, contribuendo non poco a risolvere le situazioni più difficili. Il primo anno coincide con la vittoria della Coppa di Francia che pone fine a ventun anni di magra vissuti dal club provenzale. Magnusson è tra i protagonisti di un esaltante Rennes-Olympique Marsiglia al Parc des Princes, dove la squadra marsigliese si impone ai tempi supplementari per 3-2, proseguendo il suo cammino in Coppa, fino alla vittoria finale contro il Bordeaux.
Ma il meglio deve ancora arrivare; la splendida intesa di Magnusson con il forte attaccante Josip Skoblar, arrivato un anno dopo grazie all’attivissimo presidente Leclerc, vero uomo forte del club, dà i frutti sperati. Molti dei goal straordinari dell’Aquila Dalmata sono merito di Roger che, liberatosi dell’avversario, serve il compagno di gioco, pronto a mettere in rete il pallone. Il duo Skoblar-Magnusson è l’autentico protagonista delle vittorie marsigliesi fino al 1972, con la doppia vittoria campionato e Coppa di Francia. Non si devono dimenticare, però, le prime partecipazioni dell’Olympique Marsiglia in Coppa Campioni, con il famoso Olympique Marsiglia-Ajax giocato il 20 ottobre 1971, con lo scatenato Cruijff autentico mattatore, in uno Stade Velodrome pieno fino all’inverosimile.
Un regolamento molto rigido aveva permesso il suo arrivo all’Olympique Marsiglia, un altro regolamento duro lo costrinse a lasciare la squadra: in effetti, nel 1974, l’arrivo della stella del Saint-Étienne, Salif Keita, lo ricacciò nell’ombra, poiché il regolamento dell’epoca non permetteva la possibilità di far giocare contemporaneamente due stranieri. Comunque sia, il momento d’oro del club marsigliese era già alle spalle. Magnusson lasciava Marsiglia con ventitré goal all’attivo; il duo Skoblar-Magnusson avrebbe avuto i suoi discendenti ufficiali negli anni Novanta, con Jean-Pierre Papin e Chris Waddle.
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