In Francia ha fondato una società immobiliare con i suoi fratelli Terence e Kevin – scrive Stefano Chioffi sul “Guerino Sportivo” del marzo 2025 – si chiama “RKM 98”: la sigla unisce le iniziali del suo nome e l’anno in cui è nato. Una holding di famiglia che compra, affitta, gestisce, ristruttura e vende appartamenti. Centravanti e imprenditore: la doppia vita di Randal Kolo Muani. Nel 2024 ha trasferito gli uffici da Rue Claude Nicolas Ledoux, la strada principale di Villepinte, periferia di Parigi, al numero 76 di via Théodore Blanc, a Bruges, comune bomboniera della Gironda, in provincia di Bordeaux. Pallone e case, ballon et maisons. Dagli ottantanove gol in carriera agli affari nell’edilizia: la sua piramide. Cinque trofei con il Paris Saint Germain e uno con il Nantes, che ha scoperto Randal nel Torcy e l’ha fatto crescere nel college di José-Arribas à La Chapelle-sur-Erdre, sulla route de la Jonelière. Due provini in Italia per la Cremonese (nel centro sportivo Arvedi, con il direttore sportivo Stefano Giammarioli) e il Vicenza Primavera di Daniele Fortunato. “Réaliser des rèves”, trasformare un’idea fa parte della sua storia. Non ha mai cercato una comfort zone.
Intelligenza vivace, apertura ai cambiamenti. I genitori sono congolesi, suo padre Louis è originario di Likasi, due ore di volo da Kinshasa. Quattro figli. Kolo ha anche una sorella: Norah. E il più piccolo. Costante l’impegno nel sociale. Maratone e aste benefiche nel dipartimento della Senna-Saint Denis. Organizza campus estivi a Mitry e distribuisce maglie a Espérance d’Aulnay.
Con un aereo privato è arrivato a Caselle alle 19.30 del 15 gennaio. Cappello di lana, giacca a vento, cuffie alla moda, selfie e autografi in attesa di salire su un SUV bianco e di entrare nel regno della Juve. La notte trascorsa al “J-Hotel”, le visite mediche alla Continassa, palestra e video su Instagram. Prestito fino a giugno: un milione al PSG, 3,5 di ingaggio a Kolo Muani e 2,5 di commissioni. Nell’accordo non è stato inserito il diritto di riscatto. Ha svuotato l’armadietto a Poissy, nella struttura all’avanguardia realizzata dallo sceicco, evitando strappi con Luis Enrique, che in questo campionato l’ha utilizzato solo due volte da titolare. Dieci presenze, 350 minuti totali, due gol (contro Le Havre e Lille), un assist per Vitinha nella gara con il Tolosa. Ha scelto nella Juve la maglia numero venti, ha debuttato il 25 gennaio al Maradona contro il Napoli: subito titolare, preferito a Vlahovic. A segno dopo quarantatré minuti. Risultato rovesciato da Anguissa e Lukaku. Il 2 febbraio, all’ora di pranzo, “le magnifique dimanche” con la doppietta all’Empoli. È il venticinquesimo francese: il primo era stato Nestor Combin nel 1964, arrivò dall’Olympique Lione. Il secondo? Michel Platini, 104 gol dal 1982 al 1987 e sette trofei. Kolo Muani era costato al PSG 95 milioni nel 2023: la plusvalenza più ricca nella storia dell’Eintracht, che lo aveva preso da svincolato dieci mesi prima, dopo averlo ammirato nel Nantes del presidente Waldemar Kita, industriale nel settore chimico e farmaceutico. In Germania ha vissuto una stagione da panna e fragole. Il tecnico era l’austriaco Oliver Glasner, che adesso lavora al Crystal Palace. Ventitré gol e venti assist tra Bundesliga e coppe. Kolo Muani poteva contare sui passaggi filtranti e sulla fantasia di Mario Götze e Jesper Lindstrom, che nel Napoli si è smarrito e ora è in prestito all’Everton.
Non ha tatuaggi. A Francoforte viaggiava in Lamborghini. Due consiglieri: il papà Louis e l’agente Moussa Sissoko. Ventisei anni compiuti il 5 dicembre, classe 1998, un metro e ottantasette, destro naturale, settantasette chili. Potente e dinamico. A Parigi ha pagato il confuso rinnovamento di un club che aveva salutato Messi e Neymar. Vicecampione del mondo nel 2022 con la Nazionale di Mbappé e Griezmann. Il suo incubo? Il tiro respinto con il piede sinistro da Emiliano “Dibu” Martinez al minuto 122: il risultato era di 3-3. Poi i rigori e le lacrime davanti a Leo. Attaccante moderno: sponde, colpi di testa, fraseggio e sacrificio. Cerca la profondità, riesce a cucire la manovra, si allarga sulla fascia. Agile, svelto, può coesistere con Vlahovic. Ragiona anche da seconda punta, un po’ come Thuram accanto a Lautaro. Carattere silenzioso, legge la Bibbia. La rivista “Planet Foot” ha scritto che Kolo starebbe valutando la possibilità di comprare un club congolese: il Renaissance di Kinshasa. Grande lavoratore, come sottolineava Antoine Kombouaré, il suo maestro nel Nantes, dove a notarlo per primo e a farlo salire di livello – dall’under-20 alla Ligue-1 – era stato Sergio Conceição, pronto a portarlo in panchina il 12 febbraio 2017 allo stadio della Beaujoire, in occasione del 3-2 contro l’Olympique Marsiglia. Kolo Muani è arrivato alla Juve dopo una telefonata di Thiago Motta. Ha dovuto aspettare otto giorni prima di essere tesserato. Il PSG aveva completato i sei slot previsti per i prestiti. Operazione sbloccata grazie al passaggio di Juan Bernat al Villarreal a titolo definitivo. «Qui molti miei connazionali sono riusciti a scrivere la storia – ha detto alla Continassa – penso a Zidane, a Pogba, a Trezeguet, che mi piaceva molto».
È una somma di contenuti, qualità e altruismo, come ribadisce spesso a Clairefontaine il commissario tecnico Didier Deschamps, altro ex-juventino. Al Parco dei Principi era stato portato dal direttore sportivo Luis Campos: operazione pensata e chiusa prima che Luis Enrique si presentasse al Parco dei Principi, il 5 luglio del 2023, per sostituire Christophe Galtier. Un rapporto di diciotto mesi. Complicato, in equilibrio precario: cinquattaquattro partite tra Ligue-1 e coppe, ventitré dall’inizio, 2.430 minuti, undici gol, otto assist, due cartellini gialli. Luis Enrique gli ha quasi sempre preferito Gonçalo Ramos, portoghese, ex-Benfica, oppure lo spagnolo Marco Asensio, scuola Real Madrid, un finto nove. Non giocava dal 6 dicembre, ventotto minuti contro l’Auxerre. Messo in cantina dal PSG, ma protagonista con la Francia: otto gol in totale, sei nel 2024.
Appassionato di moda, il suo profilo Instagram viene seguito da 875.000 follower. Sulla carta d’identità c’è il nome di un paese, Bondy, che unisce il suo racconto a quello di Mbappé. Venti minuti di treno da Parigi, ospedale Jean-Verdier, un palazzo bianco che si affaccia sull’Avenue du 14 Juillet. Randal Kolo Muani è nato qui, come il campione del Real Madrid e un altro giocatore della Nazionale di Deschamps: William Saliba, difensore centrale dell’Arsenal. È più grande di quindici giorni rispetto a Kylian. Ma il nuovo attaccante della Juve ha trascorso l’infanzia a Villepinte, nel quartiere “des Merisiers”, che si trova vicino allo svincolo per l’autostrada 104, dove si vedono gli aerei che decollano e atterrano sulla pista di Roissy. Questa zona è una boccata d’ossigeno per Kolo, così ha raccontato suo fratello Kevin al giornale “Ouest-France”. Da bambino aveva un idolo: Luis Suarez. Ha iniziato a giocare a sei anni nel Villepinte, allo stade Georges-Pollet et Guy-Mousset, con i suoi amici Baba e Abdoul. Maglia gialloblù. L’allenatore era Loie Ferry. Sono ancora in contatto: messaggi e affetto su whatsapp. Poi è stato tesserato dal Tremblay di Sliman Kebli e ha frequentato l’accademia del Torcy. Si era dovuto fermare per un po’ di tempo a causa della sindrome di Osgo-od-Schlatter, una malattia che si manifesta con fastidi articolari alle ginocchia. Fisioterapia e antinfiammatori. All’inizio della carriera, Thierry Henry lo aveva paragonato – per stile e fisico – al nigeriano Nwankwo Kanu, ex-punta dell’Ajax, dell’Inter e dell’Arsenal.
Suo padre si trovava in Congo per motivi di lavoro, quando Kolo Muani ha firmato il contratto con il Nantes. Novembre del 2015, uno stage di sette giorni. Era stata una relazione di Odilio Gomis, osservatore dell’Île de France, a spalancargli le porte del centro sportivo José-Arribas. Samuel Fenillat era il direttore dell’accademia: Kolo Muani ricorda spesso, nelle interviste, la prima partita contro il Saint-Pryvé. Realizzò una doppietta. In panchina cera Charles Devineau. Giocava con Mady Abonckelet, Taylor Luvambo e Akram Tsagué. Nelle giovanili del Nantes veniva seguito anche dal tecnico Philippe Mao. A farlo esordire in Ligue-1 è stato invece Vahid Halilhodzic, bosniaco, ex-centravanti del Velez Mostar: 30 novembre 2018, 0-3 sul campo del Saint-Etienne, ventidue minuti al posto del ghanese Majeed Waris. Preziosa anche l’esperienza in terza divisione al Boulogne, guidato da Laurent Guyot e dal direttore sportivo Aurélien Capoue. Un lungo viaggio, fino alla Juve. Con una doppia idea: piantare le tende alla Continassa e fare “l’histoire” come altri francesi della famiglia bianconera.
STEFANO SILVESTRI, DA GOAL.COM DEL 3 SETTEMBRE 2025
Certi amori non finiscono, ma certi altri sì. O meglio: fanno giri immensi e poi niente, amici come prima, ognuno se ne va in una direzione diversa.
Randal Kolo Muani e la Juventus hanno costruito un’amicizia che a un certo punto è diventata amore: merito dell’ottimo impatto dell’attaccante francese nei suoi sei mesi a Torino, decisivo per la qualificazione in Champions League della squadra di Igor Tudor.
Solo che Kolo Muani era in prestito secco. E l’amore è svanito come un soffio di vento. Il PSG se l’è ripreso, a un certo punto sembrava praticamente certo che l’avrebbe rispedito in Italia, ma così non è stato. All’ultimo giorno l’ex-Eintracht ha effettivamente cambiato squadra, ma per andare al Tottenham, in Premier League. Con la Juve che, in fretta e furia, è riuscita a costruire e concludere una trattativa col Lipsia per Lois Openda.
Ma perché il francese non è tornato a Torino? Perché quella trattativa infinita si è conclusa con il classico – e imprevisto –- nulla di fatto? Il retroscena di uno dei più clamorosi affari sfumati dell’estate 2025.
Secondo “Tuttosport”, il mancato ritorno di Kolo Muani alla Juventus ha a che fare con la permanenza nella rosa di Tudor di Dusan Vlahovic. Colui che sembrava destinato ad andarsene, ma che alla fine nessuno si è preso. E che ha iniziato il campionato con due reti nelle prime due giornate.
A un certo punto sembrava che una convivenza tra attaccanti sarebbe stata possibile. Ma ciò è rimasto confinato nelle fantasie dei tifosi. Un’ipotesi evidentemente impossibile da realizzare, non tanto per una questione tecnica e di sovraffollamento offensivo, quanto dal punto di vista prettamente economico.
Scrive infatti “Tuttosport” che «la Juve, che non voleva avere obblighi di riscatto per ragioni di bilancio, nel corso dell’estate ha maturato un altro dubbio, legato all’ingaggio di Kolo: nove milioni netti a stagione. Il fatto di non riuscire a liberarsi di Vlahovic rendeva quello stipendio particolarmente pesante per le casse del club e, anche per questo, Comolli non ha fatto nessuno sforzo per andare incontro alle richieste del PSG».
Decisivo per abbandonare la strada che avrebbe portato a Kolo Muani, in questo senso, è stato proprio Damien Comolli. Ovvero il dirigente che dall’inizio di giugno ricopre il ruolo di direttore generale della Juventus.
Rivela ancora “Tuttosport” che l’ex-dirigente di Tottenham e Tolosa «ne ha fatto una questione di principio», non venendo incontro alle richieste del PSG di inserire l’obbligo di riscatto. E così l’operazione è sfumata completamente.
Quanto a Openda, curiosamente, il suo acquisto si è svolto secondo le medesime modalità che non hanno messo d’accordo Juventus e PSG: con un prestito iniziale e un successivo obbligo di riscatto «al verificarsi di determinate condizioni».
La differenza sta proprio nelle cifre: Openda verrà riscattato tra un anno a poco più di 40 milioni di euro dopo i 3,3 per il prestito oneroso, mentre il PSG per Kolo Muani avrebbe richiesto 60-70 milioni, come raccontato martedì da “La Gazzetta dello Sport”. Non solo: il belga guadagna meno rispetto al collega, ovvero tre milioni netti l’anno.
Non solo: il retroscena, svelato ancora dalla “Gazzetta”, è stato doppio. Perché il PSG alla fine avrebbe pure aperto a un prestito secco con la Juventus, proprio come col Tottenham. Ma i bianconeri avevano già cambiato obiettivo, ponendo fine al tira e molla e puntando tutto su Openda.

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