lunedì 17 gennaio 2022

Giampaolo BONIPERTI

 

Del padre – afferma Darwin Pastorin sul “Guerin Sportivo” del 21 agosto 1979 –, per ora, ha la stessa conformazione fisica: i capelli biondi, il corpo atletico, gli occhi chiari che conferiscono allo sguardo un qualcosa di penetrante, di ironico. Giampaolo Boniperti, figlio di Giampiero, fa da quest’anno parte della «rosa» di prima squadra della Juventus, voluto a Villar Perosa (per meriti calcistici, diciamo ai maligni, e non perché «figlio del padrone») da Trapattoni; un premio per la sua passata stagione nella «Primavera», terzino tenace, forse un po’ grezzo, ma che la gamba non la tira mai indietro: «Un po’ cattivo – mormorano con malnascosto orgoglio a Torino – ma è la copia del padre. Perché il “Boni”, forse, risparmiava le entrate?».
Quando Giampaolo nasce (a Torino il 6 giugno 1961), Giampiero chiude la propria, gloriosa carriera in bianconero. Quattro giorni dopo la nascita del primogenito, Boniperti si presenta per l’ultima volta davanti al proprio pubblico: la Juventus travolge una formazione giovanile dell’Inter (schierata da Helenio Herrera per protesta) per 9-1. Un altro importante avvenimento di questo 10 giugno 1961 è rappresentato dal debutto in serie A del figlio di un grande calciatore: è il giovane e pallido Sandrino Mazzola, figlio di Valentino. In un giorno, dunque, si consumano diversi riti: Giampiero Boniperti abbandona l’attività, Giampaolo lancia i primi vagiti, esordisce Sandrino Mazzola sulla ribalta del calcio nostrano facendo rivivere i ricordi nostalgici e struggenti di Valentino.
A ben vedere c’è qualcosa di simile nella storia dei due Boniperti, una specie di presagio, di segno del destino. Giampiero dà i primi calci al collegio De Filippis di Arona, tra l’indifferenza del padre Agabio; Giampaolo sfoga la monotonia del quotidiano giocando a pallone nel cortile della scuola. Boniperti junior spiega che in questa passione non c’è la spinta del padre: «Non ho detto a mio papà: “portami alla Juve”. Ho sempre giocato per passione, perché il calcio lo sento dentro di me. Pensa: mio padre non mi ha mai visto all’opera!».
Nella storia dei Boniperti ci sono due grandi juventini del passato. Giampiero, a sedici anni, gioca nel Momo (la squadretta di un paese a pochi chilometri da Barengo, dove il presidente bianconero è nato il 4 luglio 1928) e, dietro consiglio dei medici Voglino e Perrone, si presenta al provino bianconero, Davanti agli occhi del «mister» Felice Borel, Giampiero (ottobre ‘46) realizza sette reti. Borel strabuzza gli occhi e fa immediatamente tesserare il promettente ragazzo di Barengo; Giampaolo lega il proprio destino bianconero a Sentimenti IV, che lo invita a provare nei «pulcini» e, dopo averlo visto giocare, lo inserisce subito nell’organico juventino. L’ultimo dato in comune è l’iniziale carriera: sia Giampiero che Giampaolo, infatti, prima di raggiungere la prima squadra compiono tutta la trafila di rito: dalle giovanili alla «rosa» dei titolari. Poi Giampiero prese il volo: 444 presenze nella Juventus coronate da 177 reti, con in aggiunta 38 partite e otto gol con la Nazionale. Giampaolo, invece, deve ancora dimostrare di avere la stoffa del campione, anche se sono in molti a giurare sul suo conto.
Conosciamo da vicino Giampaolo, che vive il suo sogno juventino con giovanile stupore, felice di essere al fianco dei suoi beniamini, dei suoi idoli d’adolescente.
Come mai giochi da terzino o da stopper e non hai seguito le orme del papà, grande centravanti e mezzapunta?
«Semplice: non ho mai avuto il pallino della punta, anche se segnare piace a tutti».
Quali sono i tuoi modelli calcistici?
«Ho sempre avuto un debole per Keegan, del quale ammiro la potenza e lo scatto, due doti essenziali per un calciatore. Poi stimo moltissimo il cambio di marcia di Tardelli, l’estro di Causio e l’interpretazione del ruolo da parte di Cabrini».
Sinceramente: non ti ha mai pesato, nel bene e nel male, essere il figlio di Boniperti, cioè del presidente della Juventus?
«Personalmente non ho di questi problemi, anche se molti affermano che gioco nella Juventus perché figlio di Boniperti. Se non pensassi di essere allo stesso livello dei miei compagni, non sognerei nemmeno di iniziare seriamente l’attività calcistica: non voglio far ridere, sono un ragazzo serio. Comunque, pur di essere sicuro di fare carriera per merito, non mi dispiacerebbe l’idea di andarmene».
Pensi, sinceramente, di poter sfondare nel mondo del calcio?
«Tutti i giovani dicono di voler giocare in Nazionale o da titolare in una grande squadra. Io, per ora, ho dei sogni molto modesti. Il prossimo anno, sicuramente, andrò via dalla Juventus per farmi le ossa in qualche squadra minore. Poi si vedrà. Vedi, io voglio riuscire nel football, ma non mi pongo come unico traguardo la Juventus. Mi andrebbe bene di fare carriera anche via dalla Juve, in un’altra squadra».
Tuo padre ti dà degli insegnamenti?
«Mi dice soltanto di avere costanza, di sacrificarmi sempre».
Come ti definisci da un punto di vista tecnico?
«Sono un difensore combattivo, che non “molla” mai l’avversario. Ho un buon sinistro e sto curando il destro. Di testa vado bene, anche se non ho una grande elevazione».
Insieme a te, nella «rosa» di prima squadra, ci sono altri due ex «Primavera».
«Sì, sono Roberto Antelmi e Umberto Formoso, due attaccanti del 1961. Giochiamo insieme da cinque anni: sono due ragazzi validi, destinati a una brillante carriera».
Quali sono i tuoi hobby?
«Uno solo: la buona musica».

MARCO MONTANARI, DAL “GUERIN SPORTIVO” DEL 29 APRILE 1981
Più di una volta aveva fatto intendere che sarebbe stato meglio emigrare, provare la grande avventura lontano dal padre e, soprattutto, dal suo cognome. «Ma se vado in una qualsiasi squadra di B o C – diceva – la gente dirà che gioco perché mi chiamo Boniperti». Così Giampaolo, figlio maggiore del gande Giampiero, ha deciso che per tentare l’avventura, per potersi rendere conto dei suoi mezzi, era meglio andare lontano, il più lontano possibile. E ha scelto il Canada. Là nessuno potrà rinfacciargli niente, il Toronto Blizzard non fa beneficienza, non ha rapporti con la Juve. Se riuscirà a conquistarsi un posto da titolare il merito sarà suo. Solo suo.
Quando te lo trovi di fronte capisci due cose: che è un ragazzo d’oro e che è cresciuto in un ambiente perfetto. Biondo come il padre, riservato, mai una smargiassata. Giampaolo riassume alla perfezione lo stile-Juventus, che è poi anche lo stile-Boniperti (o viceversa?). I compagni della Primavera lo stimavano sinceramente, dicevano che era uno come loro, che nessuno pensava a lui come al figlio del presidente. Agli allenamenti non mancava mai, molte volte era il primo a scendere in campo e l’ultimo ad andare via. L’anno scorso aveva conseguito il diploma al Liceo Scientifico, e successivamente si era iscritto a Economia e Commercio. Insomma, il classico ragazzo modello, uno di quelli che vorrebbero vantare tutte le famiglie.
A volte qualcuno gli chiedeva perché volesse fare il calciatore, visto che non digeriva ii paragoni col padre e in fin dei conti non aveva problemi, per il futuro. «Ecco – raccontava poco tempo fa – queste cose mi fanno andare in bestia: è mai possibile che uno non possa fare ciò che gli piace? Dovrei forse dipendere per tutta la vita da mio padre, accontentarmi di sentire i racconti delle sue meravigliose avventure? E poi il calcio mi affascina, non riuscirei a vivere senza gli allenamenti, senza l’emozione della partita. Perché dovrei rinunciare a tutto questo?».
La sua voglia di calcio è autentica, non forzata. Grosso, allenatore della Primavera bianconera, ha sempre avuto parole di elogio nei confronti di Giampaolo, lo ha sempre portato ad esempio per la scrupolosità con la quale affrontava gli allena menti prima e le partite poi. «È eccezionale sotto il profilo della grinta, e i numeri tecnici non gli mancano. Sono pronto a scommettere sul suo futuro».
Roberto Bruno, stopper dal sicuro avvenire e grande amico di Boniperti, lo definiva «uno stimolo per fare sempre meglio, perché lui non si distrae mai, non molla l’avversario neanche negli spogliatoi, così se per caso non giochi al massimo, dopo i paragoni li fanno fra lui e noi».
Giampaolo ha anche un fratello, più giovane di due anni: Alessandro. Anche se non lo ammetteva era il suo grande cruccio. «Ha tutto per sfondare, solo che sente ancor più di me il peso del cognome, e così in partita non si esprime al meglio. Se solo riuscisse a superare questo handicap ne farebbe vedere delle belle...».
Già, il fratello. Scrupoloso, attento, sempre inappuntabile Giampaolo, Compagnone, estroso Alessandro. Pur così diversi, i due fratelli formano una bellissima coppia, che adesso il Canada allontanerà.
C’è tempo per Alessandro, che deve ancora completare gli studi. Intanto è Giampaolo a lasciare Torino. Lo fa con l’appoggio morale di tutti i compagni, convinti che lontano dalla Juventus riuscirà a soddisfare la sua voglia di calcio. A proposito Gentile non ha dubbi: «È un ragazzo eccezionale, sono sicuro che in Canada troverà modo di dimostrare a tutti che è nato per giocare a calcio, e che l’inserimento nella rosa dei titolari non era un regalo».
E lui? Come al solito non si sbilancia: «Vado a Toronto per cercare di dimostrare che valgo qualcosa, d’accordo, ma anche per perfezionare la mia conoscenza dell’inglese. Al giorno d’oggi se non conosci alla perfezione almeno due lingue non sfondi in nessun campo».
Adesso Giampaolo è partito, lontano dal padre riuscirà a trovare quella serenità calcistica che finora gli era mancata. E quest’estate farà il suo ingresso trionfale a Villar Perosa per continuare a lottare per una maglia bianconera da titolare. Ma questa volta avrà un vantaggio: sarà sicuro di se stesso...

Nonostante le premesse e le speranze, la carriera calcistica di Boniperti Junior avrà breve durata. Dopo l’esperienza canadese, infatti, torna alla Juventus dove ricoprirà compiti dirigenziali. Più fortuna avrà il figlio Filippo che riuscirà a raggranellare qualche presenza con la casacca della Vecchia Signora.
 

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