Uno dei tanti cresciuti nel vivaio juventino senza mai indossare la casacca della Prima Squadra, se non in qualche amichevole o nelle foto di rito. Poi dati in prestito per “farsi le ossa” e mai più tornato alla Casa Madre. È il caso di Antonio Maggioni che compie la trafila delle varie squadre giovanili. Prestato alla Lazio, verrà dirottato a Verona e dalla città di Romeo e Giulietta comincerà un lungo girovagare per la penisola che lo vedrà vestire le maglie, tra le altre, di Atalanta, Genoa e Palermo.
ANTONIO TAVAROZZI, “HURRÀ JUVENTUS” DELL’OTTOBRE 1966
Antonio ha già una sua «fama», in particolare da quando è stato aggregato alla prima squadra dal «mister» Heriberto Herrera: inoltre vanta anche alcune presenze nella nazionale juniores. Nato nel 1946 ha stentato a trovare un molo fisso nelle «minori» juventine, passando dalla maglia numero 2 alla numero 7 o 8 e così via: ora sembra destinato a diventare stabilmente un terzino d’ala e proprio in questo ruolo lo abbiamo visto impegnato in prima squadra nell’ultimo torneo Città di Torino e nell’amichevole con la Fiumana del giugno scorso. Molto dotato tecnicamente, Antonio Maggioni ha già un fisico «fatto» dal punto di vista atletico, è insomma qualcosa di più che una speranza per la Juve.
GIUSEPPE BARLETTI, “HURRÀ JUVENTUS” DEL MARZO 1967
Si chiama Antionio Maggioni e ha appena vent’anni. Sta facendo il militare a Roma, gioca nella Lazio È juventino da sempre, di cuore e di carriera anche se è nato a Bergamo, esattamente il l8 ottobre del ‘46. Un tipo tranquillo, a vedersi. Il viso serio, il portamento naturalmente modesto, il parlare il gestire sobrio. Da qualche settimana è agli onori della cronaca sportiva. Ne aveva gustato i primi timidi sapori l’anno scorso sotto la dura regia di don Heriberto del Paraguay. Aveva frequentato i ritiri della prima squadra bianconera, aveva giocato in gare ufficiali o amichevoli. Sempre comportandosi con discrezione, anche quando sfornava pezzi di bravura suggeriti dalla sua natura limpida di atleta predestinato.
Il tecnico che regge le sorti della compagine juventina aveva visto in lui il cucciolo di razza della nidiata. Lo aveva seguito da vicino per inserirlo poi, nell’ambiente dei «titolari» nella formazione principale. Lo aveva valorizzato nelle Coppa delle Alpi.
Maturato fisicamente, Antonio Maggioni ha raggiunto, all’inizio dell’attuale torneo, Roma e, nel contempo, l’ambiente laziale. Subito benvoluto per il suo comportamento dignitosamente sincero e rispettoso, Antonio Maggioni ha quindi raggiunto la meta che egli e con lui i suoi dirigenti torinesi, si auguravano: l’esordio in prima squadra.
A questo proposito abbiamo sentito, giorni fa, il parere dell’uomo che ha insegnato a Maggioni tutto quel che l’allora bimbetto nei suoi primi, difficili contatti con il mondo del calcio, doveva sapere. Mario Pedrale, il vercellese che segue da anni, con infinita perizia e commovente passione, i timidi, incerti passi dei «pulcini» di covata bianconera.
Dice Pedrale: «Ho conosciuto Maggioni dieci anni fa. Era alto così (la mano, nel gesto, non si solleva troppo da terra), con gli occhi vispi e attenti. Andava a scuola, era timido ma non impacciato. Iniziò come mezz’ala, poi divenne mediano e infine terzino. A questo ruolo lo assegnammo per la sua innata calma e per quel senso di precisione e di vigore che imprimeva alle sue azioni. Frequentava assiduamente gli allenamenti e nel contempo studiava. Dapprima in un istituto professionale, quindi alla scuola allievi Fiat. Al periodo di studio seguì, per motivi familiari, il posto di lavoro. Ma il ragazzo non subì sbalzi negativi. Il suo carattere forgiato in modo sano nel vivo di una famiglia modesta quanto laboriosa, fece da catalizzatore all’insieme di sensazioni nuove che cadevano su di lui. Passato ai «fasti» (si fa per dire) della «De Martino», continuai a seguirlo, senza naturalmente interferire nel suo processo tecnico tattico. E nelle gare di prima squadra che ebbe a disputare, mi cercai un posto allo stadio per vederlo, per giudicarlo. Il più freddamente possibile. Ne uscì ogni volta con il massimo dei miei voti. E sono davvero sincero nel confidare che sempre, in ogni mio giudizio, cercai di tenere il mio voto il più basso possibile».
Il ragazzo potrebbe modificare il suo carattere nel periodo che sta vivendo a Roma, lontano dall’ambiente che gli è abituale? «Credo proprio di no. È un giovane modello. Non è una frase fatta, ha il cuore sereno, in campo e nella vita. Con tutto questo tengo a dire che sul terreno di battaglia il suo temperamento agonistico spicca a tutto colore. È dotato di buona forza fisica, è veloce, intelligente, tiratore non occasionale. In dieci anni – da quando lo conosco – Antonio Maggioni è andato sempre migliorando. Non ha compiuto un solo passo indietro, per nessun motivo. È una carta da visita che ha il suo valore non le pare?».
Sì amico Pedrale. Ha il suo valore. E il gusto simpatico della roba genuina, fatta in casa, alla buona. Ma con tutti gli ingredienti giusti perché l’amalgama riesca perfetto.
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