Veneto di San Donato di Piave, dove nasce il 26 maggio del 1971, veste la maglia bianconera in sole due occasioni: «Ho fatto la prima esperienza da calciatore nel Conegliano Veneto, campionato Interregionale. Avevo diciassette anni quando fui acquistato, insieme a tredici compagni dì squadra, dalla Reggina, che doveva rinforzare il settore giovanile. Credo di essere stato uno dei pochi di tutta quella “covata” a proseguire la carriera nel professionismo. Fu Nevio Scala a farmi esordire in Serie B nell’ottobre del 1988, nel derby con il Cosenza. Rimasi titolare fisso, sia con Scala, sia con Bolchi nel campionato successivo. I due anni trascorsi a Reggio Calabria sono stati splendidi. Nell’estate del 1989 fui ingaggiato dalla Juventus, credo per sei miliardi, una grossa cifra almeno a quei tempi per un giocatore di Serie B. Allenatore era Maifredi. Aveva tanti campioni ai suoi ordini, non poteva perdere molto tempo con un ragazzino come me.
Titolare nel mio ruolo era Roberto Baggio. Morale: il mio posto era in tribuna o, se andava bene, in panchina. In campionato non fui mai impiegato e giocai soltanto due spezzoni di partita in Coppa Italia a Taranto e in Coppa Uefa contro i bulgari dello Sliven. Quando alla riapertura delle liste la Juventus decise di darmi in prestito alla Fiorentina feci salti di gioia. Qualcuno scrisse che non volevo accettare il trasferimento a Firenze perché lo consideravo un passo indietro: una balla grossa come una casa. Nella Fiorentina mi trovai subito bene, anche se qualche tifoso contestava la mia provenienza bianconera. A più di un “Viola Club” dovetti spiegare che a Torino non avevo neppure disfatto la valigia, tanta era l’ansia di andarmene. Fu proprio Baggio, di cui dovevo indossare la maglia col numero dieci, a dirmi che a Firenze sarei stato benissimo. Roberto fu un buon profeta. Il primo anno nella Fiorentina, forse, è stato il migliore della mia carriera: venticinque partite, otto goal, il posto nell’Under 21, persino l’interessamento di Sacchi nei miei confronti. Lazaroni mi lasciava libero di giocare dove e come volevo. La Fiesole era tutta con me: fu creato un Fans Club Orlando con 400 iscritti. Il futuro era colorato di rosa. Mario Cecchi Gori mi riscattò per una cifra vicina ai dieci miliardi».
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