GIANNI GIACONE, “HURRÀ JUVENTUS” OTTOBRE 1971:
Poco più di tre anni fa, in una fredda sera primaverile, la Juventus si dimostrò pienamente meritevole del titolo di Campione d’Italia acquisito nella stagione precedente, con una grande e sofferta vittoria che le permise di accedere, per la prima volta nella sua storia, alle semifinali della Coppa dei Campioni.
La squadra juventina, che nei turni precedenti aveva incontrato ed eliminato prima i greci dell’Olimpiakos nei sedicesimi e poi i rumeni del Rapid negli ottavi, scese sul terreno dello stadio di Berna in questa formazione: Anzolin; Salvadore e Leoncini; Bercellino, Castano e Sacco; Magnusson (lo svedese acquistato appositamente per essere utilizzato nelle gare di Coppa), Del Sol, Zigoni, Cinesinho e Menichelli.
L’Eintracht oppose: Wolter; Grzyb e Moli; Schmidt, Kaak e Base; Gerwien, Eteri, Saborowski, Dulz e Maas.
Sugli spalti un pubblico immenso accolse con interminabili ovazioni le due squadre: accanto alle migliaia di connazionali residenti in Svizzera che, per ragioni di lavoro tifavano bianconero, altre migliaia di tifosi giunti con ogni mezzo dall’Italia.
Al fischio d’avvio del famoso arbitro svizzero Dienst (lo stesso che due anni prima aveva diretto la finalissima mondiale di Wembley tra Inghilterra e Germania) i tedeschi iniziarono una vertiginosa danza offensiva condotta ad un ritmo impressionante; ma la difesa bianconera, imperniata sul classico binomio centrale Castano-Bercellino, pur rivelando un certo comprensibile nervosismo, resse perfettamente il prolungato urto.
Il velocissimo Gerwien riuscì, dopo tre minuti, a liberarsi della guardia di Leoncini, ma Castano poté salvare in corner. Poco dopo Base porse all’estrema sinistre Maas un preciso pallone che questi indirizzò con violenza all’incrocio dei pali. Anzolin arrivò con perfetto tempismo sulla palla deviandola in corner e, sul successivo tiro dalla bandierina, si salvò fortunosamente su deviazione di Elfert.
La pressione tedesca stava imprimendo alla partita una piega pericolosa: ma a questo punto cominciò ad emergere il contropiede juventino.
Imbeccate dal sapiente regista Cinesinho, le punte Zigoni, Menichelli e soprattutto Magnusson, misero in allarme la difesa tedesca costringendo Wolter ad un paio di rischiose uscite. Fu tuttavia ancora I’Eintracht a rendersi minaccioso dopo la mezzora e, per alcuni lunghissimi minuti, parve che la palla non volesse allontanarsi dalla metà campo juventina. Gerwien e Sarobowski continuarono ad imperversare ed a concludere pericolosamente verso la porta del bravo Anzolin.
Alla fine dei primi 45 minuti di gioco il risultato era ancora fissato sull’iniziale 0-0, ma ciascuno degli oltre 20.000 tifosi bianconeri presenti si rendeva conto che, se l’offensiva tedesca fosse proseguita a quel ritmo anche nella ripresa, ben difficilmente la pur valorosa difesa bianconera avrebbe potuto resistere a lungo, ed una volta subito un goal sarebbe stata impresa ben ardua rimontare.
Fortunatamente, all’inizio della ripresa, qualcosa mutò nel meccanismo della squadra bianconera. I tedeschi continuarono ad operare all’attacco con un pressing sostenutissimo, ma piano piano la Juve emerse come complesso; i centrocampisti Del Sol e Cinesinho dettero prova di possedere impensate riserve di fiato e, sotto la loro spinta la squadra, pur senza abbandonare il proprio schieramento prudenziale, cominciò a cercare più concretamente. la vittoria.
Al 9° minuto Magnusson, al termine di una lunga galoppata, costrinse Base ad una azzardata deviazione in corner. Fu il preludio allo show che lo svedese concesse tre minuti più tardi, rendendosi protagonista della fantastica azione che risolse la partita.
Ricevuto nel cerchio del centrocampo un invito di Cinesinho, lo svedese fece tutto da solo: partì in un velocissimo ed essenziale slalom con cui tagliò fuori uno, due tre, quattro difensori tedeschi; poi, giunto al limite dell’area di rigore, lasciò partire un tiro fortissimo che si insaccò dopo aver sfiorato il palo alla sinistra di Wolter.
Dopo la prodezza del giovane svedese la squadra juventina parve trasformata: non solo accentuò il proprio schieramento difensivo, ma si rese minacciosa con ripetuti contropiedi ad opera di Zigoni, Menichelli ed ancora Magnusson il quale, recitando a soggetto e pur non esimendosi dal collaborare con i compagni, mandò più di una volta in estasi la platea producendosi in spunti da autentico fuoriclasse. Ad un quarto d’ora dalla fine i tedeschi tentarono il tutto per tutto e ripresero con rinnovato slancio la loro martellante pressione.
Allora si vide il valore dei difensori Anzolin, Bercellino, Castano, Leoncini e Salvadore, dei centrocampisti, che diedero un robusto contributo alla difesa del prezioso vantaggio acquisito, delle stesse punte, che si resero utilissime in fase di interdizione.
La partita pareva non dovesse finire mai: il libero Base abbandonò la sua posizione per dare man forte ai compagni dell’attacco. Al 43’ Dulz concluse malamente tirando a lato e sprecando così l’ultima occasione per pareggiare. Poi i bianconeri, per evitare spiacevoli sorprese, badarono solo a controllare il gioco nell’attesa del fischio finale.
Quando finalmente Dienst diede il segnale di chiusura, il tifo juventino esplose in tutta la sua irrefrenabile carica di entusiasmo ed accompagnò come in trionfo gli undici vincitori all’uscita del terreno di gioco. Quella fantastica vittoria portò la Juventus laddove essa, pur blasonata di coppe e trofei, non era mai pervenuta: tra le quattro squadre più forti del continente.
Poco importa se in seguito la squadra bianconera dovette segnare il passo e cedere il posto in finale al fortissimo Benfica della stella Eusebio. Il traguardo raggiunto in quella indimenticabile serata di primavera rappresentò comunque un risultato brillantissimo, vera gemma da incastonare nella corona della squadra più amata ed invidiata d’Italia.
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