31 dicembre 1967 – Stadio Comunale di Torino
JUVENTUS-INTER 3-2
Juventus: Anzolin; Coramini e Leoncini; Bercellino, Castano e Salvadore; Favalli, Sacco, Depaoli, Cinesinho e Zigoni. Allenatore: Heriberto Herrera.
Inter: Sarti; Burgnich e Facchetti; Bedin, Landini e Monaldi; Domenghini, Mazzola, Cappellini, Suárez e Corso. Allenatore: Helenio Herrera.
Arbitro: Monti di Ancona.
Marcatori: Leoncini al 14’, Domenghini al 17’, Depaoli al 60’, Bercellino su rigore al 75’, Cappellini all’89’.
“HURRÀ JUVENTUS”
Ci sono annate balorde sul piano della classifica, che pure alla fin fine si ricordano bene, magari benissimo, meglio di altre coronate da successi più sostanziosi. E pazienza se una volta tanto lo scudetto ha preso la strada per altri lidi. È ad esempio il caso del 1967-68, l’anno del dopo tredici, che con un po’ più di attenzione e di fortuna poteva diventare quattordici. Forse. Però il supporter non dimentica: terzo posto finale, un abisso di distacco dal Milan campione, ma anche prestazioni esaltanti, splendide soddisfazioni a dimostrare che lo spirito di squadra è ancora quello che ha portato lo scudetto più sofferto. Prendiamo ad esempio, 31 dicembre 1967, la battaglia bianconeroazzurra del girone di andata, al Comunale torinese: c’è di che esaltare ed esaltarsi, in quel 3-2 denso come poche altre partite di gioco e di emozioni.
Comincia bene l’Inter, con Suárez che corricchia ma sa appoggiare lunghissimo per le punte. Un paio di occasioni per i neroazzurri sfumano soltanto grazie al tempismo dei difensori bianconeri. Ed ecco, all’ottavo, la prima azione pericolosa della Juve. Contropiede rapidissimo, chi lo ha detto che Favalli deve soltanto sacrificarsi ad annullare Facchetti, è proprio l’aletta juventina a fuggire velocissimo e a imbeccare Depaoli con millimetrico servizio. Gigi controlla e spara fuori di poco. Sono avvisaglie della felice giornata del centravanti bianconero. Ma intanto Mazzola dilaga e con lui l’Inter replica colpo su colpo: i guizzi di Mazzolino sulla fascia sinistra del campo sono scampoli di classe luminosa, e Bercellino detto Berceroccia deve superarsi per limitare i danni. Splendido equilibrio iniziale, gioco ad altissimo livello, mai una pausa.
Tredicesimo, passa la Juve, fulmineamente, Burgnich arresta fallosamente Zigoni e sugli sviluppi della punizione Sacco scatta sulla sinistra e tenta il servizio per Depaoli. Il centravanti non può intervenire, pressato com’è da Landini, ma appostato nei pressi c’è pure Leoncini smarcato, che infila di prepotenza da pochi passi. Il goal, che in altre circostanze potrebbe risultare fatale alla squadra che lo ha incassato, funziona invece da stimolo inarrestabile per la riscossa interista. Passano appena quattro minuti dal vantaggio bianconero che già l’Inter coglie il pareggio: merito di Corso, che pennella a centro area un cross smorzato sul quale Domenghini anticipa tutti e approfittando di un’indecisione di Salvadore piazza di testa la palla nell’angolino sinistro di Anzolin. Equilibrio ristabilito in un amen, la partita è e rimane, tutta da giocare.
La Juve ha subito una nuova occasione per andare in goal, con Cinesinho, ma è bravo Sarti ad alzare il suo tiro sopra la traversa. A questo punto, metà del primo tempo, l’Inter produce il suo massimo sforzo per portarsi in vantaggio. È una manovra fitta, veloce, inarrestabile, quella di Mazzola e compagni: i centrocampisti bianconeri devono ripiegare spesso per fare argine alle puntate neroazzurre, ma in più di un’occasione non basta e ci vuole tutto il coraggio e il tempismo di Castano per evitare guai. Anzolin ha il suo da fare, ma si disimpegna benone, smanacciando tra l’altro un insidiosissimo tiro di Corso dal limite. La prima frazione di gioco si chiude con sporadici tentativi in contropiede dei bianconeri.
E si attacca con la ripresa: riuscirà la Juve a ribaltare il tema tattico impostato dai neroazzurri, passando dal contenimento all’offensiva? La risposta viene data subito, in termini schiettamente dinamici: Cinesinho e compagni innestano le marce alte e al ritmo già elevato del primo tempo danno un ulteriore strattone. Succede così che la superiorità di manovra dei centrocampisti neroazzurri svanisce e le redini del gioco passano ai bianconeri. Al 10’, Bercellino incorna uno splendido traversone di Cinesinho, mandando la palla a rimbalzare sopra la traversa. È il preludio all’episodio decisivo, allo show personale di Depaoli. Quindicesimo minuto: Zigoni porge indietro a Leoncini, che fa filtrare rasoterra un pallone per Depaoli. Il centravanti ha le spalle voltate alla porta di Sarti e lo stopper Landini a contatto di gomiti: pallonetto di destro, rapida giravolta, e Landini è irrimediabilmente superato. A questo punto, Facchetti e Sarti si lanciano incontro al centravanti, ma il suo immediato sinistro non consente recuperi: 2-1.
Adesso sì che si può parlare di goal mozzafiato: l’Inter accusa il colpo e le sue repliche non fanno che facilitare il gioco di rimessa dei campioni. Mazzola è sempre lui, sgroppa a tutto campo, e sarebbe inarrestabile se sulle sue piste non ci fosse un Bercellino in crescendo di sicurezza. Domenghini, che in apertura aveva potuto divagare e persino segnare causa sbandamenti temporanei del suo marcatore Salvadore, ora si vede sbarrata la strada verso Anzolin, e lo stesso vale per Cappellini, cui il giovane ma caparbio Coramini concede pochissimo. Con una simile copertura difensiva, la Juve si concede il lusso di fiorettare a centrocampo con Sacco e Leoncini, salvo poi puntare dritto a rete con discese lungo le fasce laterali di Cinesinho. Al 29’, su un’ennesima manovra di attacco dei bianconeri, Monaldi salva in calcio d’angolo su conclusione di Depaoli. Batte Favalli a centro area, per Cinesinho, sul quale interviene fallosamente Domenghini. È rigore. Bercellino dà la sua consueta, personale interpretazione del penalty, scaricando sul destro tutto il suo vigore agonistico e per Sarti non c’è niente da fare. 3-1, partita finita? Non certo per l’Inter, che adesso aggredisce furente. Qui si vede la classe di Leoncini, capace, dopo aver giocato e lottato dal primo minuto senza tregua, di sacrificarsi in un massacrante lavoro di copertura.
La nebbia, prima tenuta a debita distanza da un pallido sole, comincia a scendere con le tenebre: mancano meno di dieci minuti al termine, ma sono minuti terribili, lunghi come ore. Leoncini, sempre lui, alleggerisce la pressione neroazzurra facendosi minaccioso in contropiede, ma subito dopo Anzolin deve superarsi per fermare in presa un tiro di Cappellini. Poi ci prova Mazzola, liberatosi di Salvadore e Bercellino ma contrato in extremis dal libero Castano. A una manciata di secondi dalla fine, il goal che dimezza le distanze. Mazzola pesca smarcato Domenghini, il cui tiro all’incrocio dei pali, viene respinto corto da Anzolin. Si precipita di testa Cappellini, che infila da due passi.
Finisce così, con i fan della Zebra che sfollano contenti, mentre la nebbia si impadronisce del campo. Fuochi di artificio, per un anno che muore ma soprattutto per una Juve più viva che mai. Non vincerà lo scudetto, non si può vincere sempre, è fatale. Ma certe prestazioni, certe vittorie, restano nella memoria e negli annali. Quasi come gli scudetti.
“STAMPA SERA”
«Ritengo che la partita abbia chiuso degnamente il 1967 – ha detto il presidente Catella – è stata bella sotto l’aspetto agonistico, interessante sotto il profilo tecnico e terminata con un’importante vittoria. Non ci sono più dubbi: la Juventus ha superato le incertezze denunciate all’inizio stagione, dovute in buona parte ai numerosi infortuni. Le nostre mete restano quelle di sempre: puntare al massimo traguardo sia nel torneo nazionale sia in Coppa del Campioni». La parola a Heriberto Herrera. «La soddisfazione maggiore – ha esordito il tecnico paraguayano – è che si è vinto lottando contro una grossa squadra che ci ha messo in difficolta». Il trainer ha definito Leoncini e Cinesinho pedine determinanti del successo, ha elogiato Depaoli, Bercellino e Coramini ed ha esaltato lo spirito agonistico e la generosità della squadra che ha incontrato sul suo cammino «La miglior Inter». Impressioni e giudizi dei protagonisti. Si discuteva, negli spogliatoi, sul rigore che alla mezzora del secondo tempo, ha permesso alla Juventus di portarsi sul 3-1. Cinesinho, che aveva subito il fallo, ha precisato: «Avevo le spalle voltate alla porta. Mentre stavo per girarmi e tirare, Domenghini mi ha spinto da tergo facendomi cadere. Era rigore». Anche l’arbitro Monti sul penalty, ha detto a un amico: «Ho semplicemente applicato il regolamento». Bercellino, che ha trasformato la massima punizione (è già la seconda volta nell’attuale campionato), interrogato su Mazzola ha affermato: «Sandrino è un grandissimo attaccante. Non ha eguali nel suo ruolo!» Del Sol, che ha visto l’incontro dalla tribuna: «La Juventus ha meritato di vincere. L’Inter è stata un avversario difficile da superare».
«L’Inter non meritava di perdere. Il pareggio avrebbe già costituito un grosso premio per la Juventus, tenuto conto che abbiamo giocato infinitamente meglio dei bianconeri, che abbiamo avuto un maggior numero di occasioni, che abbiamo dominato a lungo e che abbiamo fornito una chiara dimostrazione della nostra forza di carattere». È Helenio Herrera che parla da Madesimo dove ha trascorso il Capodanno con la famiglia «Juventus-Inter è stata una magnifica partita fra due grandi squadre che onorano il calcio italiano – ha proseguito – l’una e l’altra hanno praticato un calcio atletico che nulla ha da invidiare a quello straniero tanto decantato. Ha vinto la Juventus e accetto il risultato, anche se lo considero ingiusto, anche se sostengo che la sfortuna si accanisce contro di noi in ogni circostanza. Tutta l’Italia calcistica, seguendo sui teleschermi il secondo tempo della partita, si è resa conto che l’Inter dominava e che la Juventus era costretta alle corde. Sull’1-1, poi, una corta respinta di Anzolin ha messo sul piede di Corso una palla goal a porta sguarnita. Se Corso avesse segnato, per la Juventus non vi sarebbe stato più nulla da fare, invece la palla è uscita di poco colpendo l’esterno della rete. Quando la Juventus è andata in vantaggio per 2-1 – ha continuato Helenio Herrera – non mi sono demoralizzato, perché la nostra superiorità era tale per cui ero sicuro che avremmo nuovamente rimontato. Invece l’arbitro ha concesso un rigore inesistente perché la spinta di Domenghini a Cinesinho non era tale da giustificare la concessione del penalty».
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